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Spettacoli

Carlo Conti ricomincia da 4, la sfida di Sanremo 2025

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La parola d’ordine è: serenità. In mattinata una puntatina a pesca con il figlio Matteo, che ieri ha compiuto 11 anni, a pranzo una pasta al pomodoro in compagnia della moglie Francesca, dal primo pomeriggio full immersion in teatro per le prove. A 48 ore dal festival Carlo Conti non perde quella calma olimpica, quell’understatement venato di ironia toscana che ha sempre professato in queste settimane di vigilia. Anche il caso Emis Killa e il gossip avvelenato degli ultimi giorni non gli hanno tolto il sorriso: “Non è Sanremo Island”, ha scherzato un paio di giorni fa il direttore artistico.

Alla quarta esperienza all’Ariston dopo il triennio 2015-2017, Conti è ben consapevole, però, delle sfide che lo aspettano, a partire dal confronto con il quinquennio da record di Amadeus in termini di ascolti, raccolta pubblicitaria e impatto sul mercato discografico. E della responsabilità di capitanare l’evento tv per eccellenza, tradizionale banco di prova per la stabilità del vertice Rai e oggetto di attrazione fatale per la politica. Il festival 2024 ha realizzato in media il 66% di share. In particolare – stando alle elaborazioni dello Studio Frasi su dati Auditel – la prima parte delle cinque serate (quella con gli slot più cari e il pubblico più numeroso) ha raccolto una media di 14,9 milioni di spettatori. Eclatante il risultato sui giovanissimi, con un record dell’85.2% sul pubblico tra 15 e 24 anni. Dati non paragonabili a quelli dell’edizione numero 75, ha messo le mani avanti la Rai: le serate chiuderanno prima, all’1 (Conti lo ha promesso) e poi da quest’anno Auditel diffonde anche la total audience, monitorando tutti i device da cui si può fruire la programmazione tv.

Calcolata sempre dallo Studio Frasi, lo scorso anno la total audience media delle cinque serate raggiunse 11 milioni 596mila spettatori, di cui 303mila visioni da small screen (pc, smartphone, tablet). Lo spot più visto raggiunse 16,2 milioni di spettatori; 191 messaggi pubblicitari furono visti da più di 10 milioni e 17 da oltre 15 milioni. Alla luce di questo successo, e scommettendo su Conti, Rai Pubblicità ha aumentato quest’anno i listini tra il 7 e il 12%. “I conti si fanno alla fine”, ha premesso l’Ad Luca Poggi. Ma è chiaro che l’obiettivo è uguagliare o superare la raccolta record dello scorso anno, che chiuse a 60,2 milioni di euro. Quanto al mercato discografico, la scelta di un cast sempre più vicino ai trend – sono dati Fimi – ha portato lo streaming dei brani in gara a crescere del 463% negli ultimi cinque anni e ha visto il numero dei platini dei singoli in gara raggiungere quota 241 (dal 2013 al 2024), con un’impennata negli ultimi 4 anni.

Una linea con la quale Conti si pone in continuità, come dimostra la selezione dei Big, da Tony Effe (al top del 2024 con l’album Icon) ad Achille Lauro, da Rose Villain a The Kolors. Del resto Conti ha più volte rivendicato di aver lanciato cantanti come Mahmood, Irama, Francesco Gabbani, Ermal Meta, avviando la rivoluzione di un festival capace di intercettare i giovani. Su tutto pesa l’incognita del futuro, dopo la sentenza del Tar della Liguria che ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla Rai, da parte del Comune, dell’organizzazione del festival per il 2024-2025: fatta salva questa edizione, dal 2026 si dovrà andare a gara. Viale Mazzini ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, rivendicando la piena titolarità a organizzare il festival nella sua versione attuale i cui diritti spettano all’azienda “in via esclusiva”. Entro febbraio si prepara a fare ricorso anche il Comune, che dall’altra parte si è mosso per uniformarsi alla sentenza del Tar, bandendo una manifestazione di interesse. Chi vivrà vedrà, ma intanto alla finestra c’è sicuramente un colosso come Warner Bros. Discovery: l’Ad Italy & Iberia, Alessandro Araimo, ha detto qualche giorno fa a Repubblica che sarebbe pronto a partecipare al bando per ‘vincere’ Sanremo.

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Musica

Gigi D’Alessio: l’IA distruggerà i giovani autori

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“Bisogna assolutamente regolamentare l’intelligenza artificiale perché andremo incontro ad una generazione mediocre e sfaticata, passatemi il termine, perché con una macchina che lavora al posto mio non farò nulla e non imparerò nulla. Una macchina non ha mai espresso emozioni. L’intelligenza artificiale è un recipiente di contenuti che mischia le carte e tira fuori una canzone. Che fine faranno gli autori, i Mogol, i Migliacci e i Baglioni, che hanno scritto canzoni che sono nel nostro dna? La macchina non ha occhi, non ha sangue nelle vene, non sa cos’è il battito del cuore quando si scrive una canzone”. Lo ha detto Gigi D’Alessio, intervenuto in videocollegamento al seminario al Mic su musica e IA.

“Io ho dedicato la mia vita alla musica, ho studiato al conservatorio, ho fatto sacrifici”, anche se “io non parlo per me: quello che dovevo fare l’ho fatto, ma i giovani avranno grosse difficoltà con prodotti uguali ma soprattutto senza anima perché è l’amore che muove il mondo ed è generatore di sentimenti. Dobbiamo fare assolutamente qualcosa per impedire che questo accada” ha aggiunto D’Alessio ricordando di essere andato fino a Bruxelles per sollevare il problema e lanciare l’allarme: “Dobbiamo usare le macchine, non ci dobbiamo fare usare da loro. La creatività verrà meno e avremo tutti prodotti uguali. Le case discografiche potranno non più investire sugli artisti e fare dischi e musica con l’intelligenza artificiale. A noi resteranno solo il live ma perderemo tutta la creatività”, ha messo in guardia il cantante.

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Musica

L’uomo Pino e l’artista Daniele nel docu di Lettieri

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I video fatti in casa, quelli con i bambini che giocano e le coccole ai cani di famiglia, e le foto di famiglia da una parte, le immagini dei concerti leggendari, come quello in piazza Plebiscito a Napoli, il 19 settembre del 1981, insieme alla superband composta da Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tony Esposito, James Senese davanti a 200mila persone, dall’altra. C’è il Pino Daniele intimo, familiare e l’artista che partito da Napoli ha conquistato il mondo in Pino, il documentario con la regia di Francesco Lettieri, che sarà in sala il 31 marzo, 1 e 2 aprile, nell’anno delle celebrazioni per i 70 anni dalla nascita e i 10 dalla sua scomparsa.

“Spero di aver raccontato un Pino vero, di aver aperto qualche finestra sull’uomo, sulla sua intimità, su quella che è stata la sua storia. Anche gli aspetti più difficili da raccontare come i suoi genitori. Non c’è un solo Pino Daniele, io spero di aver contribuito ad averne uno in più”, racconta all’anteprima per la stampa a Roma il regista, che arriva dal mondo dei videoclip e ha voluto mantenere questa sua cifra stilistica anche nel docu, dove le canzoni del cantautore blues sono accompagnate da brevi film. “Per sottolineare come le canzoni di Pino abbiano attraversato questi anni e siano ancora contemporanee. Si respirano nei vicoli della città”. Nel documentario, è il giornalista e critico musicale Federico Vacalebre a ripercorrere i luoghi in cui l’artista ha vissuto per andare alla ricerca di un Pino inedito, attraverso il racconto e il punto di vista di chi lo ha conosciuto bene: familiari, amici d’infanzia, colleghi, musicisti (la maggior parte dei quali presenti solo in voce, “perché l’attenzione deve essere su Pino e tutti si sono messi al suo servizio”).

Tra loro Vasco Rossi, Jovanotti, Loredana Bertè, Eric Clapton, Rosario Fiorello. Ed è così che emergono i sogni, le paure, i bisogni di un uomo che è diventato “parte per il tutto”, con il difficile compito di rappresentare una città intera. Quella Napoli che lo ha generato e che tanto lo amò, da costringerlo ad abbandonarla, quando divenne impossibile vivere la quotidianità. Ma da Napoli, Pinotto, come lo chiamavano i fratelli per via delle sue rotondità, il ragazzo con gli occhiali spessi e l’aria da impiegato comunale, è riuscito a conquistare il mondo. “Questo film parte da un tesoro, che è quello custodito dalla Fondazione Pino Daniele – spiega Vacalebre -. Con tutto il materiale a disposizione avremmo potuto dare vita a una serie. Il film musicale, perché di questo si tratta, tiene insieme le radici e le ali di Lazzaro felice. E il duplice anniversario è solo una scusa per raccontare qualcosa che andava comunque raccontato e contestualizzarlo nel presente”.

Una delle voci che accompagnano il racconto è quella del figlio di Pino Daniele, Alessandro, presidente della Fondazione. “Per la prima volta abbiamo aperto gli archivi della Fondazione e quelli di famiglia. L’intenzione è far vivere e rivivere Pino nel racconto degli altri. La sua opera continua a essere presente”, spiega, aggiungendo che dal corposo materiale che è stato digitalizzato stanno emergendo chicche dimenticate come le immagini del concerto del 1981, ma anche brani accantonati durante le lavorazioni degli album, come l’inedito – di cui Tony Esposito ricordava perfettamente parole e melodia – Tiene ‘n’mmane (e come Una parte di me, dedicato al figlio Francesco e pubblicato a sorpresa pochi giorni fa). “Questi pezzi o le versioni alternative di brani che hanno visto la luce raccontano la sua ricerca musicale. Scrisse anche un inno del Napoli che fece cantare a Roberto Murolo. Vedremo cosa fare dei brani che stiamo scoprendo. Ne stiamo parlando”. Il documentario, prodotto da Groenlandia, Lucky Red e Tartare Film, sarà anche su Netflix a luglio. (

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Spettacoli

“Nonostante”, il film di Mastandrea: anime sospese tra coma e amore

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I protagonisti di Nonostante non hanno nomi né storie precise, non si presentano né si spiegano, vestiti sempre nello stesso modo, senza alcuna ragione apparente. È l’ambiente a suggerirci lentamente la verità: un ospedale in cui questi personaggi vagano liberamente, osservando i loro familiari in visita con espressioni diverse—curiosità, insofferenza, timidezza.

Chi sono davvero questi personaggi?

Sono anime sospese, persone in coma che attendono di tornare alla vita o spegnersi definitivamente. Fra loro c’è l’uomo con una curiosa giacca cerata gialla (Lino Musella), una donna insofferente verso i rituali familiari (Laura Morante), un giovane timido (Justin Korovkin), e l’uomo disinvolto e più esperto della situazione (Valerio Mastandrea). Ultima arrivata è una donna spigolosa e scostante (Dolores Fonzi), che inizialmente rifiuta l’aiuto dell’uomo disinvolto, convinta di poter affrontare tutto da sola.

Il significato profondo del film

Nonostante, scritto e diretto da Valerio Mastandrea (foto Imagoeconomica in evidenza) con Enrico Audenino, non si concentra sulle cause che hanno portato queste persone in coma, ma esplora l’amore nella sua forma più pura e inspiegabile. Infatti, l’uomo disinvolto scopre di essersi innamorato proprio della donna spigolosa. Un sentimento irrazionale e inaccessibile, che mette in risalto la forza incontrollabile del cuore, capace di battere anche nelle situazioni più estreme e inattese.

La visione del regista

Mastandrea evita di dare spiegazioni filosofiche o spirituali sul coma e la morte, preferendo concentrarsi su emozioni autentiche, libere da obblighi e rimpianti. Il film diventa così un modo per esplorare la natura essenziale dei sentimenti umani, mostrando come la realtà, inevitabilmente, farà sentire le proprie esigenze—perché dal coma ci si può risvegliare oppure no.

Tra sogno e melodramma

Con questa sua seconda regia dopo “Rido”, Mastandrea mostra una notevole ambizione artistica, muovendosi tra sogno, melodramma e sfumature fantasy. Nonostante diventa così una riflessione originale e profonda sull’amore, capace di esplorare territori narrativi inconsueti e coraggiosi.

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