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Cronache

Carceri sovraffollati, ci sono 60512 detenuti e ne possiamo ospitare 46.904. Che fare? La storia dice amnistie e indulti

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Il sovraffollamento nelle Carceri è un dramma di questo Paese. Nell’ultimo anno si contano 2mila detenuti in piu’, “con un andamento progressivo crescente e preoccupante”, e “questo aumento si riverbera sulle condizioni di vita interna”. Secondo gli ultimi dati, aggiornati al 26 marzo, i posti regolamentari disponibili nei 191 istituti di pena italiani sono 46.904 ma vi sono presenti 60.512 persone: quindi 13.608 in più, con un sovraffollamento del 129%. Le cifre sono contenute nella relazione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute, assieme alla raccomandazione del presidente Mauro Palma a riflettere sul fatto che “nel luogo della ricostruzione del senso di legalita’ non possono essere fatte vivere situazioni che ledono la legalita’ stessa”. E all’invito a correggere le cause di questa nuovo aumento della popolazione carceraria, che non e’ dovuto ai maggiori ingressi ma a un minor numero di dimissioni, 887 in un anno. Si utilizzano di meno le misure alternative. Sono 5.158 le persone che devono scontare pene sotto i due anni e potrebbero usufruirne ma che rimangono all’interno degli istituti.

Un campanello d’allarme del disagio è anche il numero dei suicidi: 64 nel 2018, tra cui anche un ragazzo di 18 anni, un numero che segna un picco, rispetto ai 50 dell’anno precedente. Nei primi mesi di quest’anno sono gia’ 10, circa una persona a settimana.

 

“Il sovraffollamento diventa una pena aggiuntiva”: il problema viene sottolineato anche dal presidente della Camera, Roberto Fico, che ha invocato “interventi sul codice penale” e “misure che assicurino, anche e soprattutto, che la pena sia uno strumento per agevolare un reinserimento sociale e non una condanna ulteriore alla esclusione”. Il ministro della Giustizia, Alfondo Bonafede, assicura “totale disponibilita’ e sensibilita’” ma ribadisce che il problema da risolvere non e’ solo quello dei numeri, “ma anche di qualita’ della vita di chi e’ detenuto e di chi lavora nelle Carceri”. Rileva che l’impegno “e’ superiore a quello dei governi precedenti che si mettevano la coscienza a posto con provvedimenti svuotacarceri, che pero’ non miglioravano il rispetto della dignita’”. L’allarme del garante e’ per le condizioni nelle Carceri, ma anche per quelle dei migranti nei centri e a bordo delle navi.

Deve valere per tutti, sottolinea Palma, “ogni persona, nativa o straniera, libera o ristretta, capace o meno di intendere o in qualsiasi altra condizione”, il diritto “alla dignita’ personale e alla propria integrita’ psicofisica” e “il diritto alla speranza”. La percezione di insicurezza “non puo’ costituire il criterio informatore di norme ne’ di decisioni amministrative”.

A questo proposito, il dato significativo e’ quello sui rimpatri dai Cpr: da li’ nel 2018 sono passate quattromila persone e il 43% e’ stato effettivamente rimpatriato, il dato piu’ basso – osserva la relazione – degli ultimi otto anni, nonostante l’allungamento dei tempi di permanenza, che il decreto sicurezza ha portato a 6 mesi. “Occorre chiedersi – incalza Palma – quale sia il fondamento etico-politico di tale restrizione e quanto l’estensione della durata non assuma l’incongrua configurazione del messaggio disincentivante da inviare a potenziali partenti”: questo “sarebbe grave” perche’ “la liberta’ di una persona non puo’ mai divenire simbolo e messaggio di una volonta’ politica, neppure quando questa possa essere condivisa”. Come si può ovviare a questo dramma del sovraffollamento? La storia ci insegna che il legislatore italiano, non in grado di risolverlo con la realizzazione di nuove infrastrutture, di norma usa l’arma dell’indulto, amnistia e degli sconti di pena. Dunque aspettiamoci qualche provvedimento del genere. E le polemiche che ne conseguono. Niente di nuovo insomma. Cose già viste, già analizzate e già sperimentate.

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Archivio di Stato di Napoli nella bufera: verifiche tecniche dopo la festa di matrimonio

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La direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, Candida Carrino , ha dichiarato che lo svolgimento della festa di matrimonio (nella foto in evidenza un momento della festa) con 300 invitati nei locali dell’istituto, avvenuta il 7 dicembre scorso, si è svolto regolarmente e sotto il suo controllo. Tuttavia, l’evento ha sollevato un’ondata di polemiche per l’uso di spazi di alto valore storico, ricchi di affreschi e documenti antichi, per una celebrazione privata.

In risposta alle critiche, la Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura ha disposto l’invio di tecnici per verificare l’integrità dei locali e valutare la compatibilità di simili eventi con la dignità e il decoro del sito.

L’intervento del Ministero della Cultura

Il direttore generale archivi, Antonio Tarasco, ha disposto il sopralluogo per accertare che i monumentali locali non abbiano subito danni e per definire le condizioni restrittive necessarie per future concessioni degli spazi a terzi. In una nota, Tarasco ha sottolineato che sarà valutata l’integrità dei luoghi e del patrimonio documentario, verificando se l’evento si sia svolto in linea con le normative vigenti.

Eventi privati e normative: il punto della Direzione Generale Archivi

La Direzione Generale Archivi ha ricordato che, secondo la normativa, celebrazioni ed eventi privati possono essere organizzati in luoghi di interesse storico e culturale solo con modalità rispettose del valore artistico e documentale degli spazi. Il caso dell’Archivio di Stato di Napoli ha acceso il dibattito sulla necessità di regolamentare con maggiore rigorel’uso di siti culturali per eventi privati, tutelando al contempo il patrimonio pubblico.

Le polemiche e il futuro dell’Archivio

L’evento di Napoli ha suscitato numerose critiche da parte di esperti e cittadini, preoccupati per il possibile danneggiamento di un patrimonio di valore inestimabile. Ora, il sopralluogo dei tecnici rappresenta un passo necessario per garantire che l’Archivio di Stato di Napoli possa continuare a essere utilizzato per eventi pubblici o privati senza compromettere la sua integrità.

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A Calenzano trovati i corpi dei dispersi, cinque i morti

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E’ di cinque vittime il bilancio dell’esplosione avvenuta ieri al deposito Eni di Calenzano, nei dintorni di Firenze. Questa mattina sono subito riprese le ricerche, e i corpi dei tre dispersi che ancora mancavano all’appello sono stati ritrovati nell’area delle pensiline di carico, dove è deflagrata l’esplosione che era stata segnalata: poco prima dell’incidente, infatti, un operatore che era al deposito aveva dato l’allarme, ma nel giro di pochi secondi si è verificato il grande boato con il successivo incendio. Erano le 10.21 e 30 secondi, questo l’orario registrato.

Nel deposito di Calenzano hanno trovato la morte Vincenzo Martinelli, 53 anni, autista originario di Napoli e residente a Prato dal 1998; Carmelo Corso, altro autista 57enne, originario di Catania che viveva a Calenzano; Davide Baronti, 49 anni, autista nato ad Angera (Novara) e residente in Toscana. Ci sono poi due lavoratori originari della Lucania: Franco Cirielli e Gerardo Pepe. Cirielli, 50 anni, aveva fatto parte della Brigata paracadutisti “Folgore” e viveva con la compagna e due figli piccoli a Cirigliano (Matera), piccolo paese con circa 300 abitanti della collina materana. Pepe, 45 anni, nato in Germania dove i suoi genitori erano emigrati per lavorare, viveva invece a Sasso di Castalda (Potenza).

Sono state disposte le autopsie e serviranno gli esami del Dna per l’identificazione esatta dei corpi. Resta intanto la preoccupazione per le tre persone che sono state ricoverate ieri in codice rosso: in particolare, i due pazienti del centro grandi ustionati di Pisa, entrambi in condizioni molto gravi, e una terza persona che si trova in terapia subintensiva all’ospedale fiorentino di Careggi. Secondo quanto riferito oggi, i due ricoverati a Pisa sono in condizioni gravi e sedati nel reparto di terapia intensiva con ustioni estese in varie parti del corpo. Il fortissimo scoppio li ha centrati praticamente in pieno procurando loro anche traumi e fratture perché entrambi sono stati scaraventati a distanza.

Nelle prossime ore, fanno sapere da ambienti sanitari, saranno necessari ulteriori accertamenti strumentali e diagnostici per delineare un quadro preciso delle lesioni riportate. “Le posizioni dei feriti al centro grandi ustioni di Cisanello sono molto preoccupanti”, ha evidenziato oggi il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a margine del Consiglio regionale che si è aperto con un minuto di silenzio e la comunicazione dello stesso governatore sull’esplosione di Calenzano. Per Giani è stata “una tragedia di entità fortissima ma che poteva essere anche più grave perché accanto alla pensilina di ricarica ci sono almeno 20 cisterne che contengono carburante, e quindi se vi fosse stato l’innesto di una catena tra l’incendio dalla pensilina fino alle cisterne chissà cosa sarebbe successo”.

E anche oggi non sono mancate le proteste di lavoratori e sindacati che chiedono maggiore attenzione sulla prevenzione. Per quanto riguarda gli altri feriti, ieri la Regione aveva dato un primo bilancio di 10 raccolti nell’area del deposito portati con i mezzi di soccorso negli ospedali. A questi si sono poi aggiunte almeno altre 17 persone, secondo il dato fornito sempre dalla prefettura, che si sono presentate autonomamente negli ospedali, per ferite e contusioni di vario tipo, ma comunque non gravi. La buona notizia è che questi feriti non gravi sono stati tutti dimessi, o sono in fase di dimissione dall’ospedale.

In particolare, sono stati dimessi quelli ricoverati con i mezzi del 118 sia al policlinico fiorentino di Careggi, sia all’ospedale di Prato. E proprio a Prato e negli altri ospedali Torregalli, Santissima Annunziata di Ponte a Niccheri e Empoli, è stato “prestato soccorso ieri ad almeno 21 altri feriti, già tutti dimessi – aggiunge la Regione -. Di questi 19 si sono presentati autonomamente. Nel dettaglio: all’ospedale di Prato sono state assistite 14 persone, a Torregalli 3 persone, altrettante ad Empoli ed una al Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri”.

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Sedicenne uccide vicino dopo una lite, poi si consegna

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Per punire il vicino di casa che avrebbe avuto un alterco con la nonna, un sedicenne ha ferito mortalmente con diverse coltellate, tra cui una al cuore, Christian Regina, 40 anni, operatore del mercato ortofrutticolo di Siracusa. L’omicidio è avvenuto ieri sera, intorno alle 20.30, in una palazzina di via Italia, zona nord della città. Il minore è stato arrestato dagli agenti della squadra mobile e trasferito al centro di prima accoglienza di Catania.

Il provvedimento è stato emesso dalla Procura presso il Tribunale dei minorenni di Catania, che coordina le indagini. I poliziotti delle volanti sono arrivati dopo una segnalazione al 112: percorrendo le rampe di scale gli agenti hanno notato tracce di sangue che diventavano sempre più consistenti verso i piani superiori. I poliziotti hanno trovato sulle scale, al terzo piano, il cadavere di Regina in una pozza di sangue. Subito raccolte le testimonianze dei residenti, in brevissimo tempo hanno individuato il presunto autore che era fuggito.

Il sedicenne dopo alcune ore si è presentato negli uffici della questura accompagnato dal suo avvocato. 
 Secondo una prima ricostruzione, Regina avrebbe avuto una lite con il ragazzo e la causa sarebbe stata il precedente alterco con la familiare del giovane. Prima l’animata discussione, poi probabilmente la vittima avrebbe colpito il giovane con uno schiaffo, scatenando la feroce reazione: il sedicenne sarebbe rientrato a casa per prendere un coltello. Poi ha bussato alla porta del vicino e appena Regina ha aperto è scattata l’aggressione sul pianerottolo.

Poi il minore è fuggito, ma in nottata si è consegnato alla Polizia che lo stava cercando. Agli inquirenti il minore ha fornito la sua versione dell’accaduto: sulle scale avrebbe incontrato Regina in stato di forte alterazione alcolica che in precedenza aveva avuto un alterco con una sua familiare. Da lì è partito tutto, sempre secondo il racconto fornito dai ragazzi agli investigatori. Una versione che dovrà essere accertata.

Il ragazzo è figlio di un esponente di spicco della criminalità siracusana, che recentemente ha subito una pesante condanna per traffico di stupefacenti e si trova rinchiuso in carcere. Via Italia, strada di palazzetti popolari, è una nota zona di spaccio a Siracusa, dove la criminalità locale ha messo su un clan che controlla il mercato della droga.

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