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Cronache

Camorra: prestanome boss Oscar Pecorelli: 3 arresti e sequestro beni

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Riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e frode fiscale. Sono i reati di cui devono rispondere tre destinatari di misura cautelare emessa dal gip di Napoli dopo indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e personale del Nucleo Investigativo Centrale di Roma della Polizia Penitenziaria. I provvedimenti del gip riguardano anche il cugino omonimo classe 1981 del boss detenuto Oscar Pecorelli, erede del sociologo.

L’inchiesta nasce dalla misura cautelare eseguita lo scorso 24 gennaio nei confronti di una persona ritenuta legata al clan che, sebbene condannato all’ergastolo per omicidio e ininterrottamente recluso dal 2010, ha continuato ad esercitare il comando usando dei cellulari in carcere e sfruttando la collaborazione della moglie e del figlio, ciascuno destinatario di una misura cautelare. Ai tre indagati arrestati oggi (due in carcere e uno ai domiciliari) viene contestato il ruolo di prestanome: si sarebbero intestate immobili e imprese in realta’ riconducibili al boss per consentirgli di eludere i sequestri.

Uno degli immobili, sotto pignoramento, e’ stato utilizzato per concedere locazioni brevi ad uso turistico, circostanza che ne ha fortemente complicato l’assegnazione, in fase esecutiva, all’eventuale aggiudicatario. Un altro immobile e’ stato oggetto di due distinti trasferimenti in favore di una donna nullatenente e di una societa’ riconducibile agli indagati. Una societa’ per la lavorazione e il commercio di pellame, intestata a un prestanome, ha beneficiato di liquidita’ illecita e di fatture per operazioni inesistenti emesse da societa’ ‘cartiere’ per un ammontare di oltre 7,5 milioni di euro.

Un’altra impresa, di calzature, e’ emerso dalle indagini, e’ stata intestata a un prestanome privo di capacita’ contributiva per evitarne il sequestro e utilizzata in frode al fisco mediante false fatturazioni in acquisto per oltre 2 milioni di euro. Due societa’ di trasporto su gomma, intestate alle mogli degli indagati, hanno ricevuto conferimenti di denaro di illecita provenienza. Altre operazioni di riciclaggio sono state agevolate mediante l’acquisto di orologi di lusso all’estero (Dubai) con pagamenti in criptovaluta. Su queste basi, nel mese di giugno 2024, erano gia’ stati sottoposti a sequestro 8 immobili, 12 lotti di terreno, cinque complessi aziendali, due autovetture, un ciclomotore, 20 orologi di lusso, 90 rapporti finanziari e circa 400 mila euro in contanti per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.

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Cronache

Garlasco, le contraddizioni nel racconto di Sempio: il nodo delle celle telefoniche e degli scontrini

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Nuove ombre sul caso di Andrea Sempio, il giovane che nel 2017 era stato iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio di Chiara Poggi, prima che il procedimento nei suoi confronti venisse archiviato. Al centro dell’attenzione ci sono alcune anomalie nel suo alibi, con discrepanze tra le dichiarazioni fornite agli inquirenti, i dati delle celle telefoniche e lo scontrino del parcheggio che lo posizionerebbe fuori da Garlasco la mattina del delitto.

IL RACCONTO DI SEMPIO: L’ALIBI E LO SCONTRINO DEL PARCHEGGIO

Secondo quanto dichiarato da Sempio, la mattina del 13 agosto 2007 si trovava a Vigevano, dove era andato in libreria. Il suo alibi si basa su uno scontrino del parcheggio, emesso alle 10.18 in piazza Sant’Ambrogio, con validità di un’ora. Questo biglietto sarebbe stato ritrovato una settimana dopo dal padre, conservato per un anno dalla madre e poi consegnato ai carabinieri nel corso del secondo interrogatorio, nell’ottobre del 2008.

Nel 2017, quando le indagini vengono riaperte, Sempio viene nuovamente interrogato come indagato. Ribadisce la sua versione, confermando di essere stato a Vigevano per acquistare libri. Tuttavia, proprio in quell’occasione emerge una prima discrepanza: in una conversazione intercettata con il padre, il giovane ammette di aver detto agli inquirenti di essere andato a Vigevano per comprare il cellulare, e non libri, come aveva sempre dichiarato.

LE CELLE TELEFONICHE: IL DUBBIO SULLA POSIZIONE DI SEMPIO

Se da un lato lo scontrino potrebbe confermare la sua presenza a Vigevano, dall’altro ci sono le registrazioni delle celle telefoniche che pongono seri interrogativi. Tra le 9.58 e le 12.18, infatti, il telefono di Sempio aggancia sempre la cella di via Santa Lucia a Garlasco, con sette contatti registrati tra chiamate e sms. Nessuna delle celle di Vigevano risulta attivata.

Secondo Vodafone, in teoria è possibile che un cellulare si colleghi a una cella diversa rispetto alla sua posizione reale, ma senza l’analisi dei tracciati completi non è possibile avere una risposta definitiva. Questo elemento rimane uno dei punti più controversi della vicenda.

LE INTERCETTAZIONI E LE INCONGRUENZE NELLE DICHIARAZIONI

Un altro elemento di dubbio riguarda il momento in cui lo scontrino del parcheggio è stato ritrovato. Secondo il racconto fornito dalla madre e dal padre di Sempio, il tagliandino fu scoperto pochi giorni dopo l’omicidio, ma in un’intercettazione del 2017, lo stesso Sempio afferma che fu trovato dopo che lui era stato già sentito dagli inquirenti.
Quando si accorge di questa discrepanza, ne discute con il padre:

  • Sempio: “Ne abbiamo cannata una, che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, tu hai detto che l’abbiamo ritrovato prima”.
  • Padre: “A me sembra la prima però non cambia niente, son passati dieci anni”.

LA CONCLUSIONE DELL’INDAGINE: L’ARCHIVIAZIONE

Nel marzo 2017, dopo l’analisi degli elementi raccolti, il GIP dispone l’archiviazione della posizione di Sempio, ritenendo che il giovane abbia effettivamente lasciato Garlasco alle 9.58 e sia arrivato a Vigevano in circa 15 minuti, senza però effettuare chiamate o inviare messaggi in quel periodo. Secondo questa ricostruzione, dopo aver visitato la libreria, sarebbe tornato a casa e alle 11.10 avrebbe ricevuto una chiamata a Garlasco, compatibile con il tempo necessario per il viaggio di ritorno.

Tuttavia, il nodo delle celle telefoniche continua a suscitare interrogativi: perché il telefono non si è mai agganciato a una cella di Vigevano? E perché Sempio ha dato versioni contrastanti sul motivo della sua presenza in città? Domande che, per ora, rimangono senza risposta.

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Multe, 1,7 miliardi in più dichiarati dai Comuni nel 2024

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Nel 2024 i Comuni italiani hanno dichiarato 1,7 miliardi di proventi in più per le Multe stradali con un aumento del 10% rispetto al 2023. Milano, Roma, Firenze e Torino sono i comuni che hanno registrato i maggiori proventi da Multe e sanzioni a carico delle famiglie per violazioni delle norme del Codice della Strada. A riportarlo è Facile.it che ha analizzato i dati Siope, il sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici Con più di 204 milioni di euro, Milano guida la classifica 2024 dei comuni italiani che hanno dichiarato i maggiori proventi derivanti da Multe e sanzioni stradali.

Al secondo posto, con 145,8 milioni di euro si posiziona il comune di Roma, seguito da quello di Firenze (61,6 milioni di euro); quarto, ad un soffio, Torino (poco meno di 61,2 milioni euro). Continuando a scorrere la graduatoria, al quinto posto si trova il comune di Napoli, che lo scorso anno ha dichiarato incassi per Multe stradali alle famiglie pari a 42,9 milioni di euro, seguito dal comune di Genova (36,7 milioni di euro) e da quello di Bologna (27,7 milioni di euro).

I primi 10 comuni della graduatoria, tra cui figurano anche Verona, Padova e Palermo hanno dichiarato, in totale, quasi 650 milioni di euro di sanzioni provenienti da Multe stradali alle famiglie, vale a dire più di un terzo del totale incassato da tutti i comuni italiani. Questi i dati in assoluto ma analizzando il rapporto pro capite relativo ai capoluoghi di provincia emerge che al primo posto della graduatoria 2024 si trova Siena con una “multa pro capite” pari a 171,5 euro, al secondo posto Firenze con 170 euro, al terzo Milano 1499,10 euro (era 107 euro nel 2023). Quarta Padova, con un valore pro capite pari a 111,30 euro e quinta Verona, dove il rapporto traMulte e abitanti è pari a 92,40 euro.

Per quanto riguarda i piccoli Comuni, secondo i dati di Facile.it, le prime due posizioni sono rimaste invariate rispetto al 2023: Carrodano in provincia di La Spezia, che conta appena 465 abitanti ma, nel 2024, ha dichiarato incassi da Multe stradali alle famiglie per oltre 807 mila euro; Colle Santa Lucia, 346 abitanti in provincia di Belluno, che lo scorso anno ha dichiarato oltre 671.000 euro. Sul gradino più basso del podio si posiziona il comune di Poggio San Lorenzo, provincia di Rieti, con 547 abitanti e 397.000 euro di Multe. Quarta posizione per Rocca Pia, piccolo comune in provincia de L’Aquila, con appena 178 abitanti e incassi da Multe stradali dichiarati nel 2024 pari ad oltre 281.000 euro. Al quinto posto, invece, si trova Calto, comune in provincia di Rovigo, che nel 2024 ha raccolto oltre 278.000 euro di Multe a fronte dei suoi 683 abitanti.

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‘Schiava sessuale’, l’ombra sulla morte della vigilessa

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Il commissario Giampiero Gualandi era il “padrone”, detto anche “il supremo”, colui che “tutto può sulla sua schiava”. L’agente Sofia Stefani era invece la “schiava”, “sottomessa”. Il contratto di sottomissione sessuale stipulato tra i due, che quasi due anni dopo sono rispettivamente imputato e vittima di omicidio, prevedeva dodici clausole di impegno per “la schiava”, due per “il padrone” e tre che vincolavano entrambi. Il documento, del 18 maggio 2023, è entrato nel processo appena avviatosi davanti alla Corte di assise di Bologna per l’ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia, 63enne, accusato di aver assassinato la ex collega di 30 anni più giovane e con cui aveva una relazione extraconiugale. Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 con un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi, nel suo ufficio del comando di Anzola.

Lui ha sempre sostenuto l’ipotesi dell’incidente, dello sparo per errore durante una colluttazione con la ragazza. La Procura e i carabinieri sono invece convinti si sia trattato di un gesto volontario. Nell’ottica degli inquirenti e delle parti civili, il contratto aiuta ad inquadrare le caratteristiche della relazione tra i due, “tormentata” e “fortemente squilibrata per la vulnerabilità della Stefani”, come detto in aula dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo.

Un rapporto “ciclicamente altalenante”, con momenti di quiete e di tensione, fino al tragico epilogo, quando ormai Gualandi era diventato “prigioniero del castello di menzogne da lui costruito”, con la moglie e con la stessa Stefan. “Non va dimenticato che in quel contratto i protagonisti sono un comandante e un’agente, si colloca tutto nel contesto lavorativo” ha aggiunto l’avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile per i genitori della vittima. Tra le clausole, l’accettare da parte della “schiava” punizioni, umiliazioni e maltrattamenti da parte del padrone, il “sentirsi telefonicamente per impartire o ricevere ordini almeno una volta al giorno”. “Io padrone – si dice anche – mi impegno a dominare l’anima di questa donna sottomessa, divorandola a mio piacimento (…)”. Ma per la difesa, gli avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, si tratta di una versione modificata di quello contenuto nel libro ‘Cinquanta sfumature di grigio” di E.L. James, caso editoriale seguito da un film di successo.

“Era un gioco, non ha nessuna validità, nessuna efficacia giuridica, nessuna possibilità di condizionare comportamenti”, ha sottolineato in aula l’avvocato Benenati. Se due partner adulti stipulano un contratto del genere, si sostiene, lo fanno per gioco, per stimolare fantasie: non si possono quindi trarre conclusioni diverse. Stefani, peraltro, aggiunge la difesa di Gualandi, era interessata al tema Bdsm, come emerge dalla sua cronologia web. “Fate attenzione a chiunque cerchi di tirarvi per la giacca su pregiudizi di tipo morale”, ha detto l’avvocato Valgimigli, rivolgendosi ai giudici. Al fianco dei difensori, per la prima volta c’era l’imputato, ai domiciliari e in attesa che la Cassazione si pronunci sulla custodia in carcere. Completo grigio scuro gessato, cravatta, non ha mai incrociato lo sguardo coi genitori di Sofia Stefani, seduti a pochi metri di distanza. Padre e madre della ragazza uccisa sono rimasti in aula anche quando sono stati mostrati i video del sopralluogo dei carabinieri, sulla scena del crimine.

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