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Cronache

Camorra: faida Napoli, ordine d’arresto per 16 pregiudicati

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Colpo dopo colpo nella seconda faida di Scampia e Secondigliano a Napoli che negli anni ha ispirato libri e fiction. Con omicidi che hanno segnato la vita della citta’ di Napoli dal 2004 al 2012. Fino a quando boss e gregari sono stati arrestati e via via si sono pentiti. Ed e’ grazie alle loro dichiarazione che la Dda di Napoli ha chiesto e ottenuto dal gip l’emissione di un’ordinanza a carico di sedici pregiudicati, molti dei quali gia’ in carcere, per otto omicidi della faida dei cosiddetti ‘girati’. Un gruppo di uomini – e donne – che hanno prima appoggiato il clan Di Lauro contro gli Amato-Pagano nella guerra del 2004 e poi si sono ‘girati’ con loro e contro i vecchi alleati formando un clan autonomo, la Vinella Grassi. Ad indagare dal 2007 ad oggi i carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli.

Il primo omicidio della cosiddetta ‘girata’ fu quello di Giuseppe Pica del clan Di Lauro ucciso il 14 marzo del 2007. Omicidio per il quale sono destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare Rito Calzone, Enzo Notturno, Carmine Pagano, Cesare Pagano, tutti gia’ detenuti per camorra e omicidi. Poi l’omicidio di Francesco Cardillo, del clan Di Lauro ucciso il 14 marzo del 2007, per il cui omicidio e’ stato arrestato Salvatore Frate. Il delitto di Lucio De Lucia, clan Di Lauro, ucciso il 21 marzo del 2007, su ordine di Cesare Pagano e dal killer Rito Calzone. La morte violenta di Patrizio De Vitale, dei ‘girati’ ucciso il 31 maggio del 2007, su ordine di Marco Di Lauro e materialmente da Nunzio Talotti, suo braccio destro e amico del cuore. Entrambi sono gia’ detenuti per omicidio.

Luigi Giannino, della Vinella Grassi ucciso il 13 giugno del 2007, per ordine di Marco Di Lauro e da Nunzio Talotti, Mario Buono, Raffaele Musolino e Vincenzo Di Lauro, anch’egli, come il fratello Marco, istigatore del delitto. Salvatore Ferrara, del clan Di Lauro ucciso il 25 settembre del 2007 per ordine dei boss, cognati tra loro, Raffaele Amato e Cesare Pagano. A fare fuoco furono Salvatore Petriccione e Luca Raiano. Luigi Magnetti, della Vanella Grassi, ucciso il 25 settembre del 2007, considerato uno dei boss dei ‘Girati’. Fu ucciso, secondo il gip che ha emesso l’ordinanza su ordine di Raffaele Amato, Carmine Pagano e Cesare Pagano. A fare fuoco Renato Napoleone e Davide Francescone. Carmine Fusco, affiliato ai Di Lauro, ucciso il 9 febbraio del 2008. L’ordine parti’ dal boss Raffaele Amato e a sparare furono Salvatore Petriccione, Luca Raiano e Fabio Magnetti.

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Cronache

Castello di Cisterna e Brusciano, blitz dei Carabinieri nelle piazze di spaccio: nascondigli – anche sacrileghi – della droga

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Ritrovamenti nelle cassette della posta, nei sotto scala o all’interno dei vani ascensori ma anche negli “altarini” accanto a statue sacre a spregio non solo della vita altrui per chi vende morte ma anche del credo o della religione.

I Carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna sono impegnati quotidianamente nei controlli anti-droga nella zona a Nord di Napoli e spesso perquisiscono luoghi e zone che possono essere verosimilmente utilizzati come nascondigli.
Gli ultimi obiettivi – in ordine cronologico – sono le aree popolari di Brusciano e di Castello.
Passate a setaccio strade e piazze senza trascurare le aree comuni come le aiuole o le cantine passando per le lastre di marmo che coprono le scale condominiali fungendo da vero e proprio cassetto.
I Carabinieri della locale compagnia insieme ai militari del reggimento Campania sono tornati nel rione popolare la “Cisternina” e lì hanno rinvenuto e sequestrato numerose dosi di diverse specialità di droga, un caricatore Beretta 9×21 e bilancini di precisione.
Anche a Brusciano – nella “219” – sequestri di droga con numerose dosi già pronte per la vendita al dettaglio.
I Carabinieri hanno rovistato dappertutto e la droga era nelle zone comuni e quindi a carico di ignoti ma i controlli continueranno anche nei prossimi giorni.

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Cronache

Incinta scomparsa, si cerca nelle campagne nel Milanese

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Un messaggio mandato a un’amica, verso le 21 di sabato sera, è l’ultima traccia su cui stanno lavorando la Procura di Milano e i carabinieri che indagano senza sosta, anche con ricerche incessanti nelle campagne attorno a Senago, sulla scomparsa della 29enne Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi, di cui ufficialmente non si hanno più notizie da domenica scorsa, quando il fidanzato ha denunciato la sua sparizione. In quel whatsapp la giovane, originaria della provincia di Napoli, con un lavoro nel settore immobiliare, in particolare nella gestione di appartamenti di alto livello, e che da cinque anni vive nella cittadina a nord di Milano, diceva all’amica di sentirsi molto scossa e turbata dopo una lite col compagno, con cui convive. Fidanzato con cui i rapporti, pare, si fossero improvvisamente incrinati proprio in quelle ore per il sospetto di un’altra donna nella vita di lui. Nell’inchiesta, che è stata aperta dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Compagnia di Rho, si stanno vagliando tutte le ipotesi, a partire da alcune incongruenze nelle versioni agli atti.

Si indaga a ritmi serrati, con l’acquisizione delle telecamere attorno alla casa della coppia e non solo e con l’audizione di testimoni, su una vicenda che potrebbe essere finita tragicamente. Il fidanzato, 30 anni, ha raccontato nella sua denuncia di essere andato al lavoro domenica mattina (fa il barman in un albergo di lusso a Milano), di essere rientrato nel pomeriggio e di non averla trovata a casa. Da qui, stando alla sua versione, la decisione di allertare le forze dell’ordine. La madre della 29enne, che vive nel Napoletano, si era subito preoccupata, invece, quel mattino, perché la figlia non l’aveva chiamata, come faceva di solito. Oggi, intanto, per tutto il giorno a Senago e nelle aree circostanti sono andate avanti le ricerche dei carabinieri, con l’aiuto anche dei vigili del fuoco e della Protezione civile. Nell’abitazione, da quanto si è appreso, non sono stati trovati il passaporto e il bancomat della donna. E nemmeno il suo telefono, che sarebbe risultato non attivo dalla tarda serata di sabato.

Quando domenica, poi, la mamma ha provato a chiamarla risultava spento. Per la famiglia la giovane non avrebbe avuto alcun motivo per sparire nel nulla volontariamente. In questi tre giorni attraverso la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ e l’associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse, sono stati rilanciati via social numerosi appelli per ritrovare Giulia, ma tutte le segnalazioni arrivate non hanno avuto alcun effetto concreto. “L’ultimo contatto con la famiglia risale alla serata di sabato 27 maggio”, hanno scritto i familiari. La sorella Chiara oggi ha postato un’altra fotografia di Giulia sulla battigia del mare. “Aveva questo pancione un mese fa – ha scritto in riferimento alla foto – ora è anche più grande! Se la ragazza che vedete non ha il pancione è evidente che non è Giulia. Se Giulia ha le braccia scoperte questo tatuaggio è il segno più caratteristico che ha”.

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Prof aggredita, 16enne arrestato per tentato omicidio

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Ieri mattina era un 16enne come tanti, con una insufficienza in Storia e qualche nota disciplinare sul registro. Oggi Marco (nome di fantasia) è piantonato dai carabinieri nel reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Paolo di Milano, con l’accusa di tentato omicidio aggravato per aver accoltellato la sua insegnante nell’aula dell’istituto Emilio Alessandrini di Abbiategrasso, nell’hinterland di Milano. Il tribunale per i Minorenni non poteva fare altrimenti, l’aggressione alla 51enne Elisabetta Condò non lascia dubbi sulle intenzioni dello studente, che si è scagliato almeno 6 volte col coltello rubato al padre, appassionato di caccia.

Un pugnale in stile Rambo lungo 20 centimetri e con la lama modello Bowie, col quale ha causato alla docente una prognosi di 35 giorni e una lunga riabilitazione. All’ospedale di Legnano, dove ha subito un delicato intervento di ricostruzione dei tendini del polso, hanno riscontrato 3 ferite alla testa da 20 centimetri, la frattura dell’osso parietale sul lato destro, il collasso di una piccola porzione del cranio, un’altra ferita profonda 10 centimetri alla scapola e infine una incisione dell’arteria ulnare da 15 centimetri. Le ragioni dell’aggressione restano chiuse nella mente del 16enne, che pur non avendo una diagnosi psicologica precisa viene ritenuto dai medici affetto da un disturbo paranoide che ha trasformato una normale insofferenza nei confronti dell’insegnante in uno slancio tanto violento.

Lo studente aveva ricevuto 6 note dall’inizio dell’anno e le ultime 4 erano state firmate proprio dalla Condò che però, così come l’intero istituto, non immaginava una reazione simile anche perché si trattava di richiami di poco conto, seppur gravi nel contesto scolastico. Neppure il padre del 16enne riesce a spiegare il suo comportamento, dice che non c’erano stati avvertimenti e aggiunge di non essere a conoscenza delle note. In un quadro così drammatico riesce però a trovare un aspetto da cui ripartire: la vita del figlio, distrutta ma ancora qui. Ai cronisti parla di uno scenario a cui nessuno aveva pensato, dice che avrebbe potuto uccidersi in classe in preda alla disperazione e invece è in arresto ma vivo. Quindi c’è ancora una speranza e da lì vuole cominciare. All’istituto Alessandrini sono tutti sotto choc, compagni e insegnanti continuano a raccontare la sequenza della mattinata vissuta, pochi minuti di un lunedì iniziato come tanti e che impiegherà anni per finire.

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