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Cronache

Camorra Capitale, sequestrati a Roma beni per un milione di euro ai fratelli Salvatore e Genny Esposito di Secondigliano

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Tra Roma e Napoli  i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato beni pari ad un valore di un milione di euro ai fratelli Salvatore e Genny Esposito, entrambi indagati per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo ”cocaina”, aggravata dall’uso delle armi. Il decreto di sequestro dei beni anticipato, finalizzato alla confisca, quale Misura di Prevenzione Patrimoniale, emesso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, è arrivato a conclusione di indagini patrimoniali, svolte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, che hanno consentito di rilevare come i fratelli Esposito disponessero di beni e avessero un tenore di vita del tutto sproporzionato rispetto al reddito percepito e dichiarato, tanto da far ritenere che tali risorse economiche costituiscano provento o reimpiego di attività delittuose.

Il procedimento di prevenzione è scaturito dall’esito degli accertamenti patrimoniali svolti nell’ambito di un’indagine, condotta nel periodo 2013-2016 dal Nucleo Investigativo di Via in Selci, che ha consentito di accertare l’esistenza a Roma di un’organizzazione criminale di tipo mafioso, dedita anche al narcotraffico, capeggiata dai fratelli Esposito, figli di Luigi Esposito, alias ”Gigino Nacchella”, storico esponente del clan camorristico Licciardi di Napoli – Secondigliano, il cui nucleo familiare si era stabilito dapprima a Nettuno e successivamente trasferito nella Capitale. Il 21 marzo 2018 sono state eseguite 19 ordinanze di custodia cautelare. Il sequestro di oggi riguarda, un appartamento e due box a Roma, un locale commerciale ubicato a e Nettuno, un natante, diverse società, alcune fittiziamente intestate, circa 20 rapporti finanziari aperti presso istituti di credito e società di gestione risparmio in diverse regioni italiane, il tutto per un valore complessivo stimato di circa un milione di euro.

Chi sono questi personaggi? Lo spiega bene il procuratore aggiunto della Dda di Roma, Nichele Prestipino. “Negli anni 90 la famiglia Esposito si é trasferita a Roma,  il gruppo ha stretto rapporti criminali e relazioni portando un know-how significativo nella gestione delle piazze di spaccio, portando a Roma il modello di spaccio delle piazze napoletane, in particolare Scampia”. Una organizzazione criminale spietata che aveva importato a San Basilio i ‘valori’ dell’Alleanza di Secondigliano. Con notevoli disponibilità economiche e di armi, i capoclan chiedevano ai loro sodali una “fedeltà esclusiva”. Valori che dovevano essere rispettati in tutto e per tutto. Non è un caso che nel 2015 uno dei due fratelli Esposito abbia sparato, assieme ad uno dei capo piazza dello spaccio di via Maiolati, a tre pusher, gambizzati in via Amandola come punizione per essersi approvigionati di cocaina in maniera autonoma rispetto al “sistema” imposto dai vertici dell’associazione criminale. “Le indagini ci hanno consentito di ricostruire il movente ma anche di individuare due responsabili delle gambizzazioni – ha spiegato ancora il procuratore aggiunto della DDA, Michele Prestipino -. Azioni ad opera di uno dei capo piazza di San Basilio e di uno dei fratelli Esposito”.  San Basilio e la piazza di spaccio di via Maiolati come Secondigliano, con il gruppo criminale legato, come detto, anche da rapporti trasversali con le cosche calabresi della ‘ndrangheta operanti soprattutto nel territorio di Nettuno, dove i fratelli Esposito si trasferirono assieme al padre intessendo stretti rapporti collaborativi tesi a creare il sistema del narcotraffico a Roma e nella sua provincia.

In questo ambito la compagine diretta da Vincenzo Polito, era invece impegnata nell’approviggionamento e successiva consegna di ingenti quantitativi di cocaina a Roma e provincia, avvalendosi della collaborazione della cosche di ‘ndrangheta Filippone e Gallico. Ma cosa ha determinato il trasferimento della famiglia di Luigi Esposito da Nettuno a Roma? Un incontro fra “Nacchella” ed il boss Michele Senese (detto “Michele o Pazz'”), avvenuto alla Casa di Cura Sant’Alessandro di Roma dove i due uomini di vertice si incontrarono. Da qui il patto, con gli Esposito che trovarono nella piazza di spaccio di San Basilio il quartiere dove importare il modello dell’Alleanza di Secondigliano a Roma.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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