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Calenda riparte da solo con Azione, è gelo con Renzi

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Il terzo polo non sembra più essere neanche un’ipotesi remota. Tra Matteo Renzi e Carlo Calenda prosegue lo scambio di accuse reciproche su chi sia stato il vero responsabile di aver fatto fallire il progetto. L’ex premier, parlando a Cremona ai giovani di Confindustria, continua a “sperare che torni il buon senso”, convinto che ci sia “uno spazio politico importante” per chi “non vuole essere comunista a sinistra o sovranista a destra”. Poi però, punzecchia il leader di Azione, senza neanche citarlo: “Chi butta fango su questo percorso allontana tante ragazze e tanti ragazzi che invece vogliono credere a un progetto riformista a cui noi continuiamo a lavorare con il sorriso sulle labbra”.

Calenda, invece. è più diretto: “Al partito unico – attacca – ho lavorato indefessamente negli ultimi sei mesi ma non può nascere se lo vuole solo uno dei due contraenti: Renzi non lo voleva e a un certo punto questa cosa è stata chiara, amen. Nella vita succede: ricominceremo da Azione per costruire una grande area liberaldemocratica, popolare e repubblicana”. Anche la suggestione che una leader donna possa riuscire dove gli uomini finora hanno fallito miseramente, sembra, al momento, rimanere tale. Fonti del partito di Calenda definiscono questa ipotesi “una boutade” messa in giro certamente non da loro. Di contro, dentro Italia Viva, si sostiene che questa strada sarebbe invece assolutamente percorribile.

“L’ ipotesi di un terzo nome – assicurano ambienti renziani – piace molto alla base ‘calendiana’, che sta chiedendo un passo indietro a entrambi. E oltre ai nomi già usciti – proseguono le stesse fonti – c’è anche il nome di Raffaella Paita”. Rumors e indiscrezioni che coinvolgono anche le prospettive dei due partiti in vista del prossimo grande appuntamento elettorale, quello delle europee il prossimo anno. Com’è noto queste elezioni prevedono l’obbligo di superare la soglia del 4% se si vogliono eleggere eurodeputati. Un’asticella solo apparentemente bassa, tanto che già sono partite le manovre per essere sicuri di evitare un clamoroso flop. Non a caso Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord, se esclude accordi in Parlamento, apre esplicitamente a una possibile intesa con Iv e Azione per l’Europa.

“Non sono interessato a mere manovre di palazzo per la composizione di gruppi parlamentari. A me – dichiara in una nota – interessano solo ragionamenti seri in vista delle europee. Sud chiama Nord si presenterà alle europee del 2024, non abbiamo preclusioni e dialoghiamo con chi ha intenzioni serie e vuole fare qualcosa di importante per unire il paese da Sud a Nord”. Ma, anche su questo fronte, Azione reagisce gelida comunicando che non ci sono “mai stati contatti”.

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L’omaggio di Mattarella,sempre fedele alla Costituzione

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Novantotto anni di vita e gli ultimi 70 vissuti da protagonista della storia italiana ed europea, in cui si è distinto per “la capacità di dialogo con tutte le culture politiche” e la sua fedeltà alla Costituzione. La politica di tutti i colori e partiti rende omaggio a Giorgio Napolitano,il presidente emerito della Repubblica che si è spento in serata nella clinica romana. Negli ultimi giorni le sue condizioni di salute si erano aggravate. Da allora il paese e il mondo della politica hanno atteso e incoraggiato l’ex capo dello Stato e senatore a vita, sperando nell’ennesima ripresa. Poco prima delle 20, la notizia dell’addio. La politica gli darà l’ultimo saluto nella camera ardente allestita al Senato, probabilmente domenica.

Nel fine settimana n minuto di silenzio verrà dal mondo del calcio, che ebbe in lui il tifoso più eccellente ai Mondiali vinti nel 2006. “Per tutti noi resterà sempre il presidente campione del mondo”, fa sapere la Figc. A nome di tutti gli italiani, è stato il suo successore Sergio Mattarella a esprimere “il cordoglio dell’intera nazione”. Poi citando il lungo excursus di Napolitano (“eletto alle più alte magistrature dello Stato, presidente della Camera, senatore a vita, presidente della Repubblica per due mandati), il capo dello Stato rimarca le sue qualità: “Ha interpretato con fedeltà alla Costituzione e acuta intelligenza il ruolo di garante dei valori della nostra comunità, con sentita attenzione alle istanze di rinnovamento presenti nella società”. Ricorda quindi l’impegno per i lavoratori: “inesauribile fu la sua azione per combattere la spirale delle morti sul lavoro”.

Ma sottolinea anche alcune scelte nette come “l’adesione alla causa antifascista e del movimento comunista, l’impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle classi sociali subalterne, fino alla convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie”. E non nasconde il dolore più intimo: “La sua morte mi addolora profondamente”,scrive facendosi portavoce sia dei “sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica” sia del cordoglio ai familiari del presidente emerito. Vicina alla famiglia, la premier Giorgia Meloni che a loro si rivolge con “un pensiero e le più sentite condoglianze” a nome del governo. Il suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi, fa un elogio del presidente che “è stato assoluto protagonista della storia italiana ed europea degli ultimi settant’anni”. Cita i tanti ruoli (anche come ministro dell’Interno) e rimarca la capacità di “coniugare il dialogo con tutte le culture politiche con quella di agire con saggezza e coraggio, a tutela dei cittadini e della Costituzione”. E’ un ricordo condito di aneddoti, quello del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Per lui politica, cultura e istituzioni erano vita, passione, ma anche razionalità e coerenza. Quando ero ministro della Difesa – racconta – aveva stabilito con me, da capo supremo delle forze armate, un forte rapporto di collaborazione e io mai ho celato le mie simpatie personali nei suoi confronti, nonostante avessimo posizioni politiche ben distanti”. Rammenta pure che “la sua parola fu decisiva affinchè la celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia avvenisse con l’importanza che meritava”. Fino all’ultimo impegno chiesto di recente per presiedere il Senato per due giorni, prima del nuovo incarico. Dalla Camera, il presidente Lorenzo Fontana sottolinea che “Napolitano è stato un protagonista della scena politica e istituzionale”.

Non manca il cordoglio della Farnesina con il ministro Tajani “profondamente rattristato” e che ricorda il lavoro fatto insieme per anni al Parlamento europeo. “Non condividevo le sue idee, ma lo considero un importante protagonista della storia politica italiana”, conclude. Poche parole dall’altro vicepremier, il ministro Matteo Salvini, che si limita a “un ricordo e una preghiera” perché “ogni parola in più sarebbe di troppo”. Per Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, Napolitano al Colle “ha servito lo Stato in modo encomiabile e ha attraversato, con decoro e linearità, tutti i passaggi della vita repubblicana”. L’ex premier Romano Prodi si sofferma sull’autorevolezza con cui “ha saputo sempre rappresentare la nazione”.

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Addio a Napolitano, presidente due volte

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È stato l’uomo delle riforme a tutti i costi, napoletano di gran classe, elegante e ‘pignolo’, come egli stesso si è definito. Giorgio Napolitano, morto alle 19.45 di oggi, è stato il primo nella storia della Repubblica ad essere presidente due volte: rieletto al Quirinale nel 2013 dopo la prima volta del 2006. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell’intera storia repubblicana. Sempre accompagnato con discrezione dalla moglie Clio, ha iniziato il primo settennato, nel 2006, gioendo per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio di Berlino e ha concluso i quasi due anni del secondo mandato con qualche rimpianto per non essere riuscito a vedere del tutto compiuti quei cambiamenti istituzionali per i quali tanto si è speso. Ma soprattutto ‘re Giorgio’ ha dovuto affrontare quello che in molti considerano il periodo più buio degli ultimi 50 anni, navigando a vista tra gli scogli di una durissima crisi economica. E lo ha fatto con una convinzione incrollabile: che l’Italia avesse bisogno di stabilità politica.

In nome di questo principio ha cercato sempre di evitare scioglimenti anticipati della legislatura. Certamente il momento peggiore – che ha coniugato amarezza personale e preoccupazione istituzionale – è stato il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale. Quella di Napolitano non è stata infatti una presidenza leggera né facile. Ma ha mantenuto sempre l’impegno preso il 15 maggio del 2006 quando promise solennemente davanti alle Camere che non sarebbe mai stato il capo dello Stato della maggioranza che lo aveva eletto, ma che avrebbe sempre guardato all’interesse generale del Paese. E così è stato, visto che dopo essere salito sul Colle più alto della politica italiana con i soli voti del centrosinistra, ha chiuso il primo settennato con l’aperto sostengo del centrodestra. Un sostegno che si è via via raffreddato durante lo storico bis nel 2013 al Quirinale che ha visto Silvio Berlusconi condannato e spesso i suoi all’attacco politico del presidente.

L’elezione del 2006 non era per niente scontata. La sua provenienza dal Pci lo faceva guardare con sospetto dal centrodestra berlusconiano. Ma il fatto di essere il primo dirigente comunista a diventare presidente della Repubblica non ha impedito al Cavaliere di riservargli, dopo poco, pubbliche lodi. Fino alla richiesta di far restare lui al Quirinale per superare quella turbolenta fase politica. Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato nel segreto dell’urna calibri come Franco Marini e Romano Prodi gli consegnò di nuovo lo scettro del Colle, inondandolo di applausi mentre Napolitano teneva nell’aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un’intera classe politica. Le sue capacità di tenuta psicologica e mediazione gli sono state unanimemente riconosciute negli anni. Persino la Lega ha dovuto inizialmente riconoscergli l’impegno sul fronte del federalismo, nonostante più volte il capo dello Stato abbia redarguito il Carroccio sul tema dell’Unita nazionale. Lasciata con dispiacere l’amatissima casa nel rione Monti, ha dedicato grande attenzione alle relazioni internazionali. Indubitabile è stata infatti la stima che ha goduto all’estero: Washington, ad esempio, lo ha sempre considerato uno fra gli interlocutori più autorevoli e affidabili. Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente.

Affabile e cortese, dai toni sempre misurati, si è trovato a dover affrontare un muro contro muro solo con Grillo e il suo movimento, visto dal capo dello Stato, almeno nelle sue componenti più estreme, come il germe dell’antipolitica. Uno degli elementi caratterizzanti della sua presidenza è’ stato il tentativo di parlare all’Italia intera, di sedare lo scontro fra le correnti (a partire da quelle del Pd), di promuovere il dialogo fra le forze politiche nell’interesse del Paese. Compito non facile durante gli anni turbolenti dei suoi mandati. I primi due dei quali li passa monitorando le fibrillazioni che tengono il governo Prodi costantemente sul filo del rasoio. Fino alla caduta e al ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. I successivi tre anni scorrono nello sforzo di arginare l’attivismo di Berlusconi, evitando che le furiose polemiche sulle leggi ad personam prima e sugli scandali sessuali poi minassero la saldezza delle istituzioni. Tentando di non fare sconti al centrodestra, ma preferendo l’arma della moral suasion a quella, ben più dirompente, del rinvio dei provvedimenti alle Camere. Ma il passaggio che lo consegnerà alla storia come ‘re Giorgio’ (così lo incoronò il New York Times) è quello che nel novembre 2011 porta Mario Monti a palazzo Chigi. I critici parleranno di Repubblica presidenziale, di interpretazione estensiva delle sue prerogative. Evitato il default, l’Italia non riesce però a schivare la recessione. L’immagine del governo tecnico del presidente risulta danneggiata. I risultati elettorali che non diedero una maggioranza chiara, i veti incrociati dei partiti spinsero quindi Napolitano a nominare Enrico Letta sulla base di una larga intesa. Poi l’ascesa irrefrenabile di Renzi con il quale, nonostante la differenza di età, ha saputo costruire un rapporto sincero e pragmatico. Napolitano ha rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015. È divenuto poi senatore di diritto a vita quale presidente emerito della Repubblica.

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La Cgil stronca il tavolo sul caro-prezzi, ‘una finta’

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Confronto tra governo e sindacati sul caro prezzi a Palazzo Chigi, con il leader della Cgil Maurizio Landini che stronca la riunione come “uno dei classici incontri finti, senza novità”. Un confronto “positivo e costruttivo con i sindacati sul contrasto all’inflazione e sulle misure a tutela del potere di acquisto di lavoratori, pensionati e famiglie”, ha affermato invece il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che ha presieduto il tavolo.

“La direzione che sin dall’inizio della legislatura abbiamo intrapreso a sostegno dei ceti medio bassi, dei lavoratori e delle famiglie è giusta e largamente condivisa ed ha ottenuto ottimi riscontri in questi mesi: l’inflazione si è ridotta più in Italia che nella media Ue”, ha sottolineato il ministro. Alcune tabelle diffuse dal ministero, che riprendono l’elaborazione Unità di missione del Garante per la sorveglianza dei prezzi su dati Eurostat, mostrano che ad agosto di quest’anno l’indice dei prezzi al consumo armonizzato Ipca, che misura l’inflazione con metodo comparabile con altri Paesi Europei, segna una crescita su base annua in Italia del 5,5%, “inferiore” alla media UE-27 (+5,9%), alla Germania (+6,4%) e alla Francia (+5,7%). A maggio scorso è stato avviato il confronto con le imprese che poi è arrivato all’accordo sul trimestre anti-inflazione, che partirà il primo ottobre per offrire a prezzi calmierati o ribassati una serie di prodotti del carrello della spesa.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, assente al tavolo con la Cgil rappresentata dal segretario confederale Christian Ferrari, ha sottolineato in una conferenza stampa successiva che per combattere l’inflazione “non bastano i bonus, ma bisogna risolvere i nodi di fondo, con interventi strutturali: con l’aumento dei salari, con la conferma del taglio del cuneo fiscale, aumentando le detrazioni, detassando gli aumenti dei contratti nazionali”. Landini ha aggiunto anche che non c’è “alcuna risposta sulle pensioni e sulla sicurezza siamo di fronte al nulla”. Molto critica anche la Uil. “Quello che oggi ci è stato detto è che su alcune cose intendono prorogare i bonus già esistenti e soprattutto si punta sui redditi medio bassi e voi capite che questo è importante ma noi abbiamo anche tantissime famiglie e lavoratori dipendenti e pensionati che stanno a redditi medi ma che fanno fatica con il caro carburante, il caro energia, il caro libri scolastici e il caro mutui con un aumento generalizzato e le misure che si prospettano non sono misure per noi sufficienti”, ha detto la segretaria confederale, Ivana Veronese. Meno conflittuali Cisl e Ugl che hanno mostrato un’apertura verso le misure del governo.

“Consideriamo l’incontro importante, che darà sicuramente frutti se si trasforma in un cammino partecipato, condiviso nella prospettiva di definire una intesa trilaterale: governo, associazioni datoriali, sindacati per contrastare e contenere l’inflazione”, ha detto il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, chiedendo, però, che il piano sui prezzi calmierati non comprenda solo i beni alimentari ma venga allargato ad altri campi come quello “dell’energia, del carburante, del trasporto areo, del trasporto pubblico locale, delle editoria di problemi legati agli affitti e alla casa”. E anche per il leader della Cisl è “centrale la proroga strutturale del taglio del cuneo contributivo”. Per il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, “ci stiamo incamminando verso un percorso positivo che riteniamo possa portare risultati positivi per i lavoratori per i pensionati” ma è da “confermare il taglio del cuneo”, ha sottolineato.

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