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Calcio: sprofondo Milan, Leao ‘noi contro tutto e tutti’

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E’ un Milan da rifondare. Nono in classifica, incapace di reagire, condannato dagli errori dei singoli, quasi mai efficace nei momenti decisivi e bersagliato dalle critiche e dalla contestazione dei tifosi. “Purtroppo siamo noi contro tutto e tutti. Lavoriamo per tornare ad ottenere risultati positivi e il gruppo continua ad essere più unito che mai!”, le parole di Rafael Leao in una storia Instagram all’indomani della sconfitta contro la Lazio. Frasi da leader o da chi cerca di caricare il gruppo, come se il Milan dovesse farsi valere nonostante l’ambiente ostile. Ma la realtà è che la squadra rossonera è responsabile del fallimento, in una stagione in cui il Milan non è riuscito a raggiungere gli ottavi di Champions League e in cui ha gettato al vento le chance di riprovarci il prossimo anno. Le motivazioni dietro il fallimento del Milan coinvolgono più reparti.

E’ la terza squadra per monte ingaggi ma è nona in classifica. Ha cambiato l’assetto societario ma colpevolmente ha creduto di poter fare a meno di un direttore sportivo, di un uomo di calcio. Certo, c’è Ibrahimovic. Ma Zlatan è una figura ibrida che non fa parte del Milan, ha un incarico con la proprietà, salvo però influenzare le scelte del club. A questo il Milan porrà rimedio a breve, nelle prossime settimane arriverà l’annuncio di un nuovo direttore sportivo con Igli Tare in pol position. L’ad Furlani prima della partita contro la Lazio si è preso la responsabilità degli errori commessi e ha assicurato che non ci sono frizioni con Ibrahimovic. Ma qualcosa evidentemente non ha funzionato nel gruppo dirigenziale del club. Zlatan in una recente intervista ha parlato di “nuova mentalità”, di una società “senza paura” che se trova un muro lo sfonda. Ora però si fanno i conti con una stagione da cancellare, fatto salvo per la Supercoppa.

Ha fallito la dirigenza, ma ha fallito anche l’anima sportiva, gli allenatori e ovviamente i giocatori. La sconfitta contro la Lazio sembrava potesse portare all’ennesimo ribaltone in panchina. Ma il club non sembra intenzionato a cambiare anche per non compromettere il nuovo tecnico con un finale di stagione di sofferenza. A giugno, però, Sergio Conceiçao farà le valigie. Sarà rivoluzionata anche la squadra. Sarà detto addio a quei giocatori di alto profilo ma che hanno perso lo spirito combattivo e gregario che serve per una squadra vincente. Addio probabilmente quindi a Theo, Leao ma anche a quei giocatori che hanno deluso le aspettative come Emerson Royal. Sarà un’estate di grandi cambiamenti. Ma uno dei punti fermi sarà Tijjani Reijnders che ha firmato il rinnovo di contratto con il club rossonero fino al 30 giugno 2030.

“Sono davvero orgoglioso di aver rinnovato dopo un anno e mezzo. È come essere in famiglia. Sono impaziente per le prossime stagioni. Volevo rimanere – racconta il centrocampista intercettato fuori dalla sede del club -, per questo ho firmato. È come se fosse la mia seconda casa. Sono felice. È un momento difficile, dobbiamo fare meglio ed essere più forti. Dobbiamo continuare a crederci”. Ma sono in tanti a non crederci più e sembra che si stia già lavorando sul prossimo anno. Questa stagione ha poco da raccontare se non una finale di Coppa Italia da conquistare con un doppio derby da vincere.

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De Laurentiis prepara un mercato da sogno: 200 milioni per ricostruire il Napoli

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Aurelio De Laurentiis accelera i tempi: la seconda fase della ricostruzione azzurra è pronta a partire con un piano ambizioso, concreto e ad alto tasso di investimento. L’obiettivo è chiaro: consegnare ad Antonio Conte una rosa completa all’80% già ai primi giorni del ritiro di Dimaro. Per farlo, il presidente è pronto a mettere sul piatto oltre 200 milioni di euro, tra risorse proprie e proventi da cessioni eccellenti.

Il mercato parte da Osimhen: clausola e addio

La partenza di Victor Osimhen (attualmente in prestito al Galatasaray) è il primo tassello: il Manchester United è in pressing, pronto a versare la clausola estera da 75 milioni, magari con l’inserimento di una contropartita tecnica come Rasmus Hojlund, attaccante danese che in Premier non ha convinto. Ma sullo sfondo c’è anche la Juventus, forte del rapporto tra Giuntoli e il nigeriano, anche se la clausola non vale per i club italiani e i rapporti tra i due club restano gelidi.

Difesa: Dragusin e altri tre nomi

Il reparto arretrato sarà profondamente rinnovato. Dopo aver ipotecato Marianucci dell’Empoli per 9 milioni, il Napoli punta su Radu Dragusin (Tottenham), pronto a tornare in Serie A dopo una stagione anonima in Premier. Restano sotto osservazione anche Beukema del Bologna e Solet dell’Udinese.

Centrocampo: ritorno di Veiga e occhi su Sudakov

A centrocampo torna d’attualità Gabri Veiga, talento spagnolo sfuggito al Napoli due stagioni fa e ora in uscita dall’Al-Ahli. I nomi caldi sono anche Georgiy Sudakov (Shakhtar) e Lewis Ferguson, reduce da un infortunio ma sempre stimato a Castel Volturno. Spunta anche un profilo giovane e interessante: Alvaro Montoro, italo-argentino del Velez con contratto in scadenza.

Attacco: Lang, Lookman e il piano per Lucca

Sulla fascia sinistra offensiva il casting è aperto. Garnacho resta un sogno complicato, ma il Napoli lavora su alternative concrete come Noa Lang (Psv), Paixao (Feyenoord) e Lookman, che potrebbe salutare l’Atalanta. Per il ruolo di vice-Lukaku (o alternativa vera), si stringe su Lorenzo Lucca, attaccante in crescita dell’Udinese.

La promessa del presidente

Il segnale è chiaro: De Laurentiis intende dare a Conte tutto ciò che serve per puntare in alto, senza più alibi o rimpianti. L’obiettivo non è solo il ritorno in Champions League, ma una squadra competitiva su tutti i fronti, costruita su misura per il tecnico pugliese. Il mercato sarà la risposta definitiva alla fame di successi del mister. E anche una sfida lanciata agli altri top club italiani.

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Conte, signore degli scudetti: Napoli sogna la sua stella con l’uomo che non accetta compromessi

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Antonio Conte insegue la sua decima vittoria in Serie A, l’undicesima contando la Premier League conquistata con il Chelsea. È a pari punti con l’Inter, e la sfida per lo scudetto si preannuncia una delle più entusiasmanti degli ultimi anni. Ma oltre ai numeri e ai trofei, Conte ha in mano la possibilità di scrivere una pagina storica del calcio italiano.

Con il Napoli, dopo Juventus e Inter, diventerebbe il primo allenatore a vincere lo scudetto con tre club diversi. Un’impresa mai riuscita a nessuno, nemmeno a Capello (il cui tricolore con la Juve fu revocato). Sarebbe il suo quinto scudetto da allenatore, un titolo che lo consacrerebbe ancora di più nell’Olimpo dei grandi, insieme a Trapattoni, Lippi e Allegri.

L’uomo dei risultati

Conte è il “mister Wolf” del calcio italiano: chi lo chiama, sa che i problemi si risolvono. E, se servono, si creano pure, ma solo dopo aver alzato l’asticella del successo. La sua fame di vittorie non si è mai placata: dalla promozione col Siena nel 2011, fino al dominio juventino e alla rinascita dell’Inter, l’allenatore pugliese è sinonimo di risultato garantito.

Il suo arrivo a Napoli è stato un terremoto. Ha scosso una squadra che sembrava rassegnata, trasformandola in una macchina affamata, pronta a lottare su ogni pallone. Il turning point? Il ko con il Verona ad agosto: lì è nato il nuovo Napoli. Da allora, la squadra è mutata, mentalmente e tatticamente.

Un allenatore totalizzante

Conte è ossessivo, ruggente, inarrestabile. Cambia orari degli allenamenti all’ultimo momento, modifica i giorni di riposo, impone un controllo assoluto su ogni aspetto del club. È adorato dai calciatori, temuto dai dirigenti. Ma vince, sempre. E ora ha cinque giornate per farlo ancora.

De Laurentiis lo sa: con Conte, ha concesso una libertà mai data nemmeno ad Ancelotti. E sa anche che per tenerselo dovrà mantenere le promesse: un mercato da almeno 200 milioni, otto rinforzi, monte ingaggi rivisto verso l’alto. Se c’è una certezza, è che Conte non accetta compromessi. E il suo motto è chiaro: “Chi mi ama mi segua”.

Verso la leggenda

Conte è pronto a cambiare modulo, a reinventare ancora il Napoli. I tifosi lo seguono e lo ringraziano. In lui vedono la possibilità concreta di tornare in vetta, di sognare un nuovo scudetto. Perché con lui, la storia è sempre dietro l’angolo. E questa volta potrebbe avere tinte azzurre.

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Coppa Italia, Dominio Milan: 3-0 all’Inter e i rossoneri vanno in finale

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Il Milan domina il derby e vola in finale di Coppa Italia. I gol di Jovic (doppietta) e Reijnders permettono ai rossoneri non solo di conquistare l’accesso per l’ultimo atto a Roma, ma anche di vincere il terzo derby stagionale contro l’Inter (su cinque giocati) e rovinare i sogni di ‘triplete’ dei nerazzurri. Una vittoria di cuore per la squadra di Sergio Conceiçao, che resta in corsa per il secondo trofeo stagionale. Ma è anche la prestazione dei rimpianti, perché per l’ennesima volta nel corso dell’anno i rossoneri dimostrano di essere all’altezza (se non meglio, visto lo score stagionale) dei cugini interisti. Lautaro Martinez e compagni trovano invece la seconda sconfitta consecutiva dopo il ko col Bologna in campionato: bisogna tornare ad aprile 2023 per trovare due gare perse di fila dagli uomini di Inzaghi.

E il 3-0 fa ulteriormente suonare tutti i campanelli d’allarme possibili, considerando quanto si giocherà l’Inter nelle prossime settimane. Ma, intanto, il sogno ‘triplete’ è già sfumato, mentre il Milan trova la striscia più lunga senza sconfitte nel derby dal periodo tra il 2002 e il 2005 (quando arrivò a 10). L’avvio è equilibrato, mentre su San Siro (presenti oltre 75.500 spettatori con un incasso da 5,8 milioni di euro, record della storia della Coppa Italia) inizia a scendere una pioggia copiosa. La prima occasione arriva dopo 10′, quando Darmian approfitta di uno scontro tra Barella e Theo Hernandez per involarsi verso la porta, il suo destro in diagonale però è troppo largo.

L’Inter prova a fare la partita, mentre il Milan si chiude per poi cercare di ripartire. In ripartenza però sono i nerazzurri ad avere una buona occasione, con Taremi che spreca tutto facendo infuriare i 70mila di San Siro. La squadra di Inzaghi alza i ritmi, approfittando di una dormita della difesa rossonera Barella lancia Dimarco che da posizione defilata colpisce la traversa col mancino. La migliore opportunità arriva sul destro di Lautaro dopo una torre di Taremi: l’argentino, da solo all’altezza del dischetto, sceglie di calciare con l’esterno spedendo la palla altissima. Gol sbagliato, gol subìto, perché il Milan in una delle prime sortite offensive convincenti sblocca il risultato: su cross di Jimenez, Jovic in area anticipa Darmian e di testa porta avanti i rossoneri.

L’Inter prova a reagire, un destro di Bisseck dal limite si spegne a lato. A inizio ripresa ci si aspetta siano i nerazzurri a uscire con più grinta alla ricerca del pari, ma il Milan colpisce subito trovando il raddoppio ancora con Jovic, che risolve una mischia su corner trovando la doppietta personale. Inzaghi prova a svegliare i suoi con un quadruplo cambio inserendo tra gli altri Calhanoglu e Arnautovic, però sono ancora i rossoneri a sfiorare il gol, con una volata di Leao che all’ultimo non trova l’assist giusto per l’accorrente Jovic. Nell’altra area invece serve un super Maignan per rispondere a un colpo di testa ravvicinato di De Vrij. Ma è solo un piccolo lampo, prima del definitivo 3-0 firmato da Reijnders con un mancino su assist di Leao: il derby si tinge di rossonero e finisce pure tra gli olé dei tifosi milanisti.

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