Calcio & Giustizia, ancora un ricorso contro la Juventus: “Vanno penalizzati, devono smetterla di esibire 36 scudetti perchè 2 sono stati rubati, lo dicono giudici penali e sportivi”
Gli scudetti vinti sul campo dalla Juventus in maniera lecita sono 34 e non 36. Lo aveva stabilito la Giustizia sportiva dopo lo scandalo Calciopoli. Lo ha stabilito una inchiesta penale conclusasi con condanne davanti al Tribunale di Napoli. Sia sotto il profilo penale che della giustizia sportiva i procedimenti si sono esauriti con condanne davanti agli organi giurisdizionali ordinari e sportivi. Eppure la Juventus si è incaponita su questi 36 scudetti, nonostante anche la pronuncia della Cassazione, che in queste ore ha ribadito – 12 anni dopo Calciopoli – quanto già stabilito: sono 34 gli scudetti e non 36, perchè due campionati erano stati vinti commettendo il reato di “frode in competizione sportiva”. I giudici con gli ermellini hanno infatti respinto l’ultimo ricorso della società bianconera riguardo la revoca dello scudetto 2006 assegnato all’Inter. Tutto è bene quel che finisce bene? Tutto è chiaro? Ora si applicheranno le sentenze dei Tribunali d’Italia? E dunque negli almanacchi e nei ricordi lo scudetto del 2005 risulterà non assegnato a nessuno, e quello del 2006, cucito sulle maglie dell’Inter come stabilito dalla giustizia sportiva?
Adesso che c’è la sentenza della Cassazione che definitivamente pronuciandosi dice che gli scudetti della Juve sono 34 e non 36, la società di Andrea Agnelli provvederà ad apportare le correzioni sia sulla vetrata d’ingresso dello Stadium, che sulle maglie dei calciatori e ovviamente anche su tutta la campagna pubblicitaria, il marketing e i gadget che portano incassi milionari all’azienda torinese? A maggio scorso, prima di questa sentenza, quando già secondo la Federcalcio il numero dei campionati vinti dalla Juventus erano per l’appunto 34, un tweet della società bianconera, con tanto di foto sui social, scatenò un putiferio:“Anche quest’anno, l’#AllianzStadium ha completato l’aggiornamento”. La foto è sotto. La provocazione è tanto evidente quanto marchiana.
In realtà la Juventus è sempre rimasta ferma sulla vicenda, considerando validi a tutti gli effetti i due scudetti sottratti e violando sia le sentenze della giustizia ordinaria che quelle della giustizia sportiva. Da tempo l’avvocato Angelo Pisani chiede che la Juventus venga penalizzata con conseguente squalifica di dirigenti e calciatori per aver effettuato “pubblicità ingannevole e violazione delle norme di diritto” mostrando un numero errato di scudetti. Oggi, alla luce anche della pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite, l’avvocato Pisani, presidente dell’associazione “Noi consumatori” ha presentato alla Procura Federale, alla FIGC, alla Procura della Repubblica di Roma e di Torino e per conoscenza al CONI, al Ministero dello Sport, alla CONSOB, alla UEFA e alla FIFA, un’ulteriore diffida alla Juventus e a tutti gli organi di indirizzo e vigilanza del mondo del calcio e della giustizia per ridurre la società degli Agnelli al rispetto della legge italiana. “Perchè le sentenze, quand’anche possono non piacerci, devono essere rispettate. Funziona così in ogni Stato di diritto. Deve funzionare anche per la Juventus. Non ha vinto 36 scudetti, non può fondare la sua immagine e i suoi affari su illeciti accertati e sanzionati” spiega l’avvocato Pisani. Che torna a chiedere, l’aveva già fatto, “di verificare ed attestare quanti scudetti può regolarmente dichiarare e pubblicizzare, tramite sito internet e stadio, anche in ambito di comunicazione e media, la Società Juventus F.C. Spa all’opinione pubblica, e quindi, in caso di irregolarità e pubblicità ingannevole, nonché di frode nella comunicazione sportiva per la violazione dei principi di correttezza, trasparenza e buona fede, disporsi l’oscuramento e blocco delle immagini e pagine del sito internet istituzionale della Juventus raffiguranti il numero 36 scudetti, nonché di tutte le affissioni di ogni genere che all’interno della società e/o dello stadio di appartenenza raffigurino lo scudetto con impresso il n. 36, trattandosi di notizie false ed illegittime, che pongono in pericolo il mercato ed i consumatori investitori, oltre che il mondo dello sport”.
Ma poi aggiunge altra carne a cuocere. La violazione della clausola compromissoria da parte della Juve. Che cosa significa? Vuol dire che, scrive nell’atto di denuncia-diffida Pisani, “nonostante fosse stata ritenuta colpevole dalla Giustizia sportiva e per l’effetto condannata, in data 07.11.2011, violando ogni regola e principio-valore sportivo, con ricorso assunto al numero di registro generale 9407 del 2011, la Juventus F.C. S.p.a. ha adito il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, domandando la condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al risarcimento del danno ingiusto subito a seguito dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e del mancato esercizio di quella obbligatoria, chiedendo – quale risarcimento in forma specifica – la “non assegnazione ora per allora” del titolo di Campione d’Italia per il Campionato di calcio 2005/2006, con conseguente rimodulazione della classifica del campionato e – quale risarcimento per equivalente – la condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento dei danni subiti e subendi, quantificati in euro 443.725.200,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo”.
Per l’avvocato Pisani si tratta di una palese violazione della clausola compromissoria. “La FIGC – denuncia Pisani – dovrebbe far valere il principio di cui all’articolo 30 dello Statuto Federale che obbliga i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale a non rivolgersi alla giurisdizione statale ma agli organi di giustizia sportiva per qualunque controversia che possa insorgere tra loro”. Non solo, denuncia sempre Pisani, “la Figc avrebbe dovuto già irrogare alla Juventus le penalità previste dallo Statuto Federale. Sanzioni previste in maniera precisa con punti di penalizzazione e multe fino a 50mila euro. Ma – sostiene l’avvocato Pisani, presidente di Noi Consumatori-, pare di capire che questo Statuto Federale si applica a tutti i tesserati ma si interpreta quando si tratta della Juventus”.
Quando il presidente della Commissione esaminatrice si è trovato davanti a queste tre giovani donne, ha pensato che ci fosse stato un errore. Era difficile credere ai propri occhi, ma la realtà è che le gemelle Roberta, Claudia ed Elisa Cornale hanno fatto la storia laureandosi con 110 e lode alla stessa facoltà, Matematica, presso l’Università Cattolica di Brescia. Tutto questo è avvenuto lo scorso 26 settembre, e la notizia ha rapidamente fatto il giro della città.
Ma la sorpresa non finisce qui. Tre giorni dopo, Elisa Cornale, l’ultima delle tre gemelle, ha conseguito la sua laurea magistrale in Filologia moderna, sempre con il massimo dei voti, 110 e lode. Se c’è una variabile in questo gioco degli specchi, è la scelta di carriera di Elisa, che ha optato per un campo diverso, iscrivendosi inizialmente a Lettere e successivamente completando la sua Specialistica in Cattolica.
Pertanto, per riassumere, tre gemelle, tre lauree, tutte con il massimo dei voti, in tre giorni. Una realtà che ha riempito di orgoglio i genitori delle ragazze, Emanuela e Germano Cornale, residenti a Remedello, un tranquillo comune tra Brescia e Mantova, dove gestiscono un’azienda artigianale di tornitura.
Persino il sindaco del comune, Simone Ferrari, ha voluto congratularsi con le tre gemelle, riconoscendo l’esempio che hanno dato. Il sindaco ha annunciato che le tre giovani verranno premiate con borse di merito, insieme agli altri neolaureati del paese.
Le tre gemelle Cornale non sono estranee a imprese straordinarie. Già nel settembre 2021, Claudia e Roberta avevano ottenuto la loro laurea triennale contemporaneamente, entrambe con 110 e lode. La terza gemella, Elisa, le aveva seguite qualche mese più tardi, ottenendo comunque un notevole voto di 108. In quell’occasione, a causa del lockdown, Roberta e Claudia avevano rinunciato alla proclamazione per lasciare spazio a Elisa, dimostrando una solidarietà sorprendente.
Questo incredibile traguardo ha reso orgogliose le tre gemelle, che sono cresciute insieme, condividendo sia momenti scolastici che personali. Nonostante abbiano caratteri e interessi diversi, il legame tra loro è rimasto forte. Oltre allo studio, condividono la passione per i concerti e l’amore per la cucina.
Ora, il futuro le attende, e potrebbero dover prendere strade diverse. Elisa ha il desiderio di insegnare materie umanistiche nelle scuole medie e nei licei, mentre Roberta e Claudia, con una laurea in Matematica orientata verso le applicazioni economiche e finanziarie, ambiscono a lavorare in aziende del settore finanziario. Nonostante abbiano trascorso gran parte della loro vita insieme, ora potrebbero iniziare a percorrere strade diverse, ma sicuramente porteranno con sé la forza e la determinazione che le ha portate al successo in questo incredibile percorso accademico.
Incontenibile Elon Musk. Non pago di aver rivoluzionato finora il settore delle auto elettriche, aperto la strada ai chip nel cervello e inventato il turismo spaziale, l’uomo più ricco del mondo ha deciso di scendere sulla terra per occuparsi, a modo suo, delle principali questioni d’attualità: dall’Ucraina alla crisi dei migranti negli Usa e in Europa fino al sempre verde tema del vaccino contro il Covid. L’ultimo affondo, sul social media acquistato per 44 miliardi di dollari, ha preso di mira il presidente ucraino Volodymyr Zelensky subito dopo il passaggio al Congresso americano di una legge di bilancio provvisoria che prevede un taglio ai fondi a Kiev. “Quando sono passati cinque minuti e non hai chiesto aiuti per l’Ucraina”, ha scritto Musk ripostando su X una versione del famoso meme del ‘viso in tensione’ (‘strained face meme’) con il volto del leader ucraino al posto di quello dello studente protagonista della foto originale che risale a dieci anni fa.
Immediata la reazione irritata dell’Ucraina che, usando la stessa immagine ma con la faccia del miliardario, ha ribattuto sull’account del parlamento: “Quando sono passati cinque minuti e non hai diffuso propaganda russa”. In quasi due anni l’atteggiamento del patron di Tesla sulla guerra lanciata da Mosca è stato piuttosto ambiguo. Da una parte il controverso imprenditore, forse anche su pressione del Pentagono, ha subito messo a disposizione di Kiev i suoi satelliti Starlink per facilitare le comunicazioni militari e civili degli ucraini. Dall’altra alcune sue dichiarazioni sul conflitto (“tanti morti per nulla”) e il sospetto che l’anno scorso abbia ordinato di spegnere gli stessi satelliti per evitare un attacco contro la flotta russa hanno suscitato dubbi e preoccupazione in Occidente.
Per non parlare dei suoi rapporti sospetti con Vladimir Putin e le continue incursioni in Cina, accompagnate da frequenti sortite anti-Taiwan. L’attacco contro Kiev arriva peraltro alla fine di una settimana abbastanza dinamica per il Musk opinionista che, in pochi giorni, è passato da una visita a sorpresa al confine tra Messico e Texas ad una polemica contro la Germania sulla gestione della crisi dei migranti. Su X è diventato virale il suo video a Eagle Pass, una delle città di transito dei flussi migratori, con il cappello da cowboy e gli occhiali a specchio mentre dispensa consigli su come risolvere una delle più grandi piaghe degli Stati Uniti. Stessi suggerimenti, non richiesti, che ha dato al governo di Berlino, accusato dal miliardario di lavarsi le mani dal problema a scapito dell’Italia.
E per non farsi mancare nulla, è entrato a gamba tesa anche sul vaccino contro il Covid, nei giorni in cui l’amministrazione di Joe Biden ha rilanciato la campagna per invitare gli americani a sottoporsi alla nuove versione. “Immagina un vaccino così sicuro che ti devono minacciare per fartelo. E immagina un virus così mortale che devi fare il test per scoprire di averlo”, ha scritto su X il miliardario che nell’aprile del 2021 assicurava di “essere favorevole a tutti i vaccini e a quello contro il Covid in particolare. I dati scientifici sono inequivocabili”. Una delle tante giravolte che fanno pensare che Musk sia sempre più vicino alle teorie cospirazioniste dell’estrema destra.
Dopo avere salvato milioni di vite umane nella pandemia di Covid-19, i vaccini a Rna messaggero si preparano a diventare le armi per combattere altre malattie, prime fra tutti i tumori, ma anche la malaria e la tubercolosi. La tecnologia che li ha resi possibili affonda le radici negli anni ’80, con la tecnica chiamata ‘trascrizione in vitro’, che permetteva di ottenere molecole di mRna senza ricorrere alle colture cellulari. Si aprivano improvvisamente tante strade nuove e i vaccini erano fra queste, ma con qualche ostacolo perché la tecnica doveva essere ancora perfezionata e l’mRna così ottenuto causava infiammazioni. L’entusiasmo inziale si spense rapidamente, ma non abbastanza da scoraggiare la biochimica ungherese Katalin Karikó dal continuare a esplorare nuove strade in cerca di applicazioni terapeutiche. Un lavoro enorme, quello che Karikò portava avanti, ma che non convinceva affatto chi all’Università della Pennsylvania erogava i fondi per la ricerca.
L’unico a considerare il lavoro di Karikò era l’immunologo Drew Weissman, che allora lavorava sulle sentinelle del sistema immunitario, chiamate cellule dendritiche. Weissman si era accorto, infatti, che le cellule dendritiche riconoscevano l’mRna ottenuto con la trascrizione in vitro come una sostanza estranea all’organismo, ma c’erano ancora molti problemi da risolvere legati alla comparsa di infiammazioni. Così Karikó e Weissman pensarono di sostituire una delle quattro basi della molecola di Rna, l’uridina, con una pseudo-uridina. Le infiammazioni sparirono e i due ricercatori ebbero la certezza di trovarsi davanti a un risultato importante per future terapie. I loro primi articoli, del 2005, rifiutati dalle principali riviste scientifiche, uscirono su Immunity; solo nel 2008 e nel 2010 le loro scoperte furono pubblicate, accendendo l’interesse della comunità scientifica. Proprio nel 2010, per esempio, la tecnologia dell’Rna messaggero cominciò a interessare molte aziende farmaceutiche e si cominciarono a studiare vaccini contro il virus Zika e la MersCov.
Da lì al virus sarsCoV2 il passo è stato breve, tanto che i primi vaccini anti Covid-19 vennero approvati nel dicembre 2020 e di lì a poco inziarono le vaccinazioni di massa. Era stata la mossa decisiva per tenere la pandemia sotto controllo, ma soprattutto era l’inizio di una nuova era della ricerca sui vaccini. La comunità scientifica aveva a disposizione una nuova piattaforma che avrebbe permesso di costruire vaccini contro molte altre malattie infettive, ma anche contro alcune forme di tumore. Si sta già studiando, per esempio, la possibilità di utilizzare l’mRna per indurre una risposta immunitaria contro il melanoma e una forma di cancro del pancreas. Risultati che, secondo gli esperti potrebbero arrivare entro 20 anni. Con i tumori, sono nel mirino delle future terapie a mRna anche malaria e tubercolosi. In tutti i casi, infatti, si tratta di dare alle cellule immunitarie nuove istruzioni contro nuovi nemici utilizzando l’Rna messaggero.