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Bye Bye ‘Giuseppi’, l’America di Biden alla finestra su Draghi

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“La persona migliore per l’incarico peggiore”. E’ il titolo che piu’ di ogni altro sintetizza come in queste ore Washington guardi agli ultimi sviluppi della situazione italiana. Un’America dove in molti sono convinti che Mario Draghi sia ormai l’unica persona davvero in grado di mettere fine al caos politico romano. L’unico che possa “salvare l’Italia dopo aver salvato l’euro”, mettendo il Paese sul cammino di una maggiore stabilita’. Del resto c’e’ chi ricorda come l’ex presidente della Bce, anche qui ribattezzato Super Mario, sia “una delle figure pubbliche piu’ rispettate in Europa”. Ma l’amministrazione Biden per ora resta alla finestra, troppo presto per esporsi. Alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato si cerca di capire quali saranno i reali sviluppi di una situazione finora molto volatile. Basti pensare che solo pochi giorni fa, il 28 gennaio, il neo segretario di Stato Anthony Blinken aveva chiamato la Farnesina per un primo colloquio con Luigi Di Maio. Presto, probabilmente, dovra’ fare un’altra telefonata. Quel che e’ certo e’ che ormai sembrano lontani anni luce i tempi della luna di miele con ‘Giuseppi’, come Donald Trump chiamava, scrivendolo nero su bianco su Twitter, Giuseppe Conte. Tutto e’ cambiato nella capitale statunitense e tutto sta cambiando a Roma. E per il nuovo presidente americano ci sara’ tempo per porre sul tavolo di chi sara’ il nuovo inquilino di Palazzo Chigi i temi da sempre nel dossier Italia-Usa: la Libia e la sicurezza del Mediterraneo, i rapporti con Mosca, e poi la Cina e il 5G e il rafforzamento degli scambi commerciali tra i due Paesi. Facile immaginare come Draghi sia considerato un interlocutore piu’ che affidabile, uno che Oltreoceano (dove tra l’altro ha studiato) ha sempre goduto di un consenso bipartisan. Era il giugno del 2019 quando Trump, in piena polemica con il presidente della Federal Reserve a cui chiedeva tassi piu’ bassi e svalutazione del dollaro, in un’intervista affermava: “Dovremmo avere Draghi invece di Powell”. E poi ancora: “Powell l’ho creato io, ma ora vorrei Draghi”. Ma anche Barack Obama espresse piu’ volte il suo apprezzamento. Bruno Tabacci ha ricordato l’aneddoto secondo cui l’ex presidente americano, quando aveva un problema, diceva ai suoi collaboratori: “Chiamate Mario!”. Nel 2014, stavolta davanti alle telecamere, Obama lodo’ l’allora presidente dell’Eurotower per le “azioni intelligenti” messe in campo dalla Bce in piena crisi dei debiti sovrani. Un complimento che l’inquilino della Casa Bianca ripete’ nel 2016 in una conferenza stampa congiunta con Matteo Renzi: “Draghi sta facendo un buon lavoro!”. Una stima reciproca, visto che nel 2010 l’allora presidente di Bankitalia e del Financial Stabilty Board lodo’ il neopresidente Usa per la stretta sulle banche di Wall Street dopo la crisi del 2008.

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Bus cade in un fiume a Guatemala City, almeno 31 morti

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Tragedia presso il ponte del Belice a Guatemala City. Secondo le indicazioni dei vigili del fuoco e delle squadre di soccorso, un autobus con 75 passeggeri a bordo è caduto nel fiume sottostante. Per il momento sono state rinvenuti almeno 31 morti, e proseguono le operazioni per trarre in salvo i superstiti. “Sono stati recuperati 31 corpi e stiamo cercando di salvare altre persone”, ha dichiarato alla stampa il portavoce locale dei pompieri Mynor Ruano, secondo quanto riportano le agenzie di stampa sul posto.

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Mosca insiste: per la pace vogliamo 4 regioni ucraine e Kiev fuori da Nato

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Il vice ministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, ha dichiarato che Mosca continua a pretendere il controllo di quattro regioni ucraine solo in parte occupate dalle sue truppe e che l’Ucraina resti fuori dalla Nato. Lo riporta la Tass. “Noi certamente abbiamo interessi basilari, interessi fondamentali, tra i quali metto l’appartenenza incontestabile delle regioni che si usa definire collettivamente ‘nuove russe’ o ‘Novorossiya’” e “naturalmente il non ingresso dell’Ucraina nella Nato, la violazione di questa richiesta è una delle cause prime dell’operazione militare speciale”, ha affermato Ryabkov, secondo l’agenzia di stampa ufficiale russa.

“Tutto è stato detto su Kursk dal presidente”, ha poi aggiunto il vice ministro russo riferendosi alla regione della Russia occidentale di cui i soldati ucraini controllano una fetta di territorio. Ryabkov ha dichiarato che le quattro regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia sarebbero a suo dire “russe” in seguito “all’espressione della volontà degli abitanti”. I cosiddetti “referendum” con cui la Russia nell’ottobre del 2022 ha dichiarato unilateralmente l’annessione delle regioni non sono riconosciuti dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale.

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Donald Trump: mi impegno ad acquistare e controllare Gaza

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Un’affermazione che ha dell’incredibile e che sfida i principi fondamentali del diritto internazionale. Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti, ha dichiarato di essere impegnato nell’acquisto e nel controllo della Striscia di Gaza. La rivelazione, riportata dall’agenzia Bloomberg, è avvenuta a bordo dell’Air Force One, durante un viaggio ufficiale.

L’idea di Trump prevede non solo il controllo diretto su Gaza, ma anche la possibilità di concedere alcune aree ad altri Paesi del Medio Oriente per favorire la ricostruzione dopo la devastazione della guerra tra Israele e Hamas. Tuttavia, la sua dichiarazione ignora completamente il diritto internazionale, che non prevede la vendita o l’acquisto di territori sovrani senza il consenso della popolazione e delle istituzioni locali.

Un’ipotesi senza precedenti

Le parole di Trump rischiano di scatenare forti reazioni diplomatiche. La Striscia di Gaza è un territorio conteso e sotto il controllo de facto di Hamas, riconosciuto come entità autonoma ma non statale. L’idea che un leader straniero possa “comprare” e amministrare un territorio come fosse un bene immobiliare viola ogni principio di autodeterminazione dei popoli, sancito dalle Nazioni Unite.

Quali conseguenze?

Se davvero il presidente statunitense dovesse insistere su questa idea, si aprirebbe un precedente estremamente pericoloso, capace di alterare gli equilibri internazionali. La comunità palestinese e le istituzioni internazionali, incluso l’ONU, potrebbero reagire con ferme condanne, mentre gli alleati mediorientali di Washington potrebbero trovarsi in difficoltà nel gestire una proposta così radicale.

Una provocazione o una strategia?

Non è chiaro se l’affermazione di Trump sia un tentativo di negoziazione aggressiva, una provocazione politica o una vera e propria strategia per ridisegnare il Medio Oriente. Quel che è certo è che, se portata avanti, potrebbe rappresentare uno dei più clamorosi strappi con il diritto internazionale mai registrati.

Resta da vedere quale sarà la reazione della comunità internazionale e, soprattutto, dei diretti interessati: il popolo palestinese.

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