Una storia di burocrazia e disagio nella quale alle fragili condizioni di un’anziana, che mai avrebbe dovuto entrare in carcere, si sono sommati aspetti tecnico-giuridici, a cui i magistrati erano impossibilitati in parte a sottrarsi, e l’assenza di un difensore che avrebbe dovuto aiutarla. Per fortuna oggi, dopo piu’ di due settimane dal suo ingresso a San Vittore, Hajrija, bosniaca di 85 anni, non autosufficiente, condannata a febbraio in via definitiva a 8 mesi per aver occupato abusivamente un appartamento, e’ stata liberata dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduto da Giovanna Di Rosa. “Abbiamo la prova che quando la povera gente non viene assistita nei giudizi, queste sono le conseguenze. E che e’ sempre bene avere gli occhi aperti e guardare le persone. Avreste dovuta vederla”, ha spiegato il garante dei detenuti del Comune di Milano, Franco Maisto, che ieri ha sollevato il caso con l’associazione Antigone. Fuori dal penitenziario milanese Hajrija ha trovato la figlia ad aspettarla, ma ora, da quanto riferito in ambienti giudiziari, il problema e’ capire se i familiari, che abitano in provincia di Novara, si prenderanno davvero cura di lei. Oggi, intanto, sono emersi elementi utili, se possibile, a fare chiarezza in una vicenda dalla quale il ‘mondo giustizia’ in generale non esce bene. L’anziana fu condannata nel 2018, con sentenza diventata definitiva nei mesi scorsi, a 8 mesi con sospensione condizionale della pena. Sospensione, pero’, legata al fatto che entro tre mesi avrebbe dovuto lasciare l’appartamento di via Bolla 38 occupato abusivamente. Si tratta di quelle case popolari in cui si verifico’ una maxi-rissa a giugno tra famiglie di nomadi e altri abitanti e poi arrivarono gli sgomberi. L’anziana, dopo il verdetto, non lascio’ l’appartamento e il giudice revoco’ la sospensione della pena. L’Ufficio esecuzione della Procura a quel punto, sulla base della sentenza, emise a marzo l’ordine di esecuzione pena ma sospeso, perche’ rientrava sotto i 4 anni. Tra aprile e giugno per due volte la Procura ha notificato al difensore di fiducia quell’atto. E la difesa avrebbe dovuto nei termini previsti (30 giorni) chiedere, sulla base di condizioni di salute ed eta’ della donna, la misura alternativa al carcere. Nel frattempo, lei era stata dichiarata irreperibile. La pena era comunque inferiore ai 18 mesi e la carcerazione poteva essere sospesa sulla base di un precedente, il ‘caso Sallusti’, ma serviva il requisito del “domicilio idoneo”. Non c’era perche’ non si sapeva nemmeno dove fosse l’anziana. Cosi’ quando il 27 settembre l’85enne e’ stata trovata dalle forze dell’ordine in un’altra casa occupata (via Bolla 40) e’ stato eseguito l’ordine di carcerazione, perche’ erano scaduti i termini per chiedere la sospensione e la difesa non aveva fatto istanze. La Procura non puo’ decidere il differimento pena e nemmeno fu avanzata richiesta. E’ stata la stessa bosniaca, poi, aiutata dagli operatori del carcere, dove tre giorni fa ha pure trascorso il suo compleanno, a firmare l’istanza. Il giudice della Sorveglianza ha disposto un accertamento medico, i cui esiti sono arrivati il 3 ottobre: “e’ affetta da patologie non gravi”, “tuttavia necessita di assistente alla cura h24” e non “e’ in grado di compiere gli atti quotidiani” in “maniera autonoma”. Ieri la denuncia di Antigone e oggi la decisione della Sorveglianza. Data la sua “condizione” si e’ deciso di differire la pena “senza ulteriori misure”. Ovvio che non si ravvisi “il rischio di condotte recidivanti di rilevante allarme sociale”.