Bruce Springsteen soppesa memorie, radici e il fardello del passato in “Springsteen on Broadway”, lo spettacolo portato in scena per oltre 200 serate al Walter Kerr Theatre di New York dall’ottobre 2017 fino al 14 dicembre. Nella sua essenziale formula voce-chitarra-armonica-pianoforte, il monologo-concerto sarà disponibile su Netflix dal 16 dicembre: prima dello speciale, diretto da Thom Zimny, arriva anche un disco, doppio CD o quadruplo LP, che contiene le canzoni ma soprattutto i racconti che le accompagnano. Sono storie strettamente legate alla sua recente autobiografia, dove il Boss parla di depressione e incomunicabilita’ familiari, della rivoluzione del rock’n’roll e del suo “gioco di prestigio”: sapersi fare storia di se’ e degli altri, incarnare la vita della classe operaia senza aver mai “lavorato sul serio” (“Per dire, quanto sono bravo”, ironizza). L’ordine è dettato dalle canzoni: dopo l’infanzia di ‘Growin’ Up’ e ‘My Hometown’ arriva ‘My Father’s House’, uno dei primi fulcri emotivi e narrativi, dove Bruce parla del rapporto con il padre. La fuga dalla provincia, seguendo il sogno della musica, lo porta a confrontarsi con ferite aperte come il Vietnam. Ma lo porta anche a incontrare l’amore simboleggiato dall’arrivo sul palco della moglie Patti Scialfa per ‘Tougher Than The Rest’ e ‘Brilliant Disguise’.
Bruce Springsteen. L’ultimo rocker animale da palco porta i suoi concerti su Netflix a partire dal 16 dicembre
Come un ritornello, ricompare il discorso familiare: Bruce è vulnerabile e commosso mentre ragiona a voce alta sull’eredita’ che le precedenti generazioni lasciano alle successive, sotto forma di fardelli ma anche di modelli. “Siamo fantasmi o antenati?”, si chiede prima di chiudere il cerchio con ‘Long Time Comin'”. La prospettiva si allarga quando Springsteen assesta colpi al presente tormentato degli Stati Uniti di Donald Trump. “A volte i concerti possono essere utili, in particolare in questi giorni nei quali ricordarci chi siamo e chi possiamo essere non e’ una brutta cosa. Stiamo vedendo persone in strada o nella più alta carica politica, che vogliono comunicare con i nostri angeli più oscuri, evocare gli spettri più orrendi del passato americano, distruggere l’idea di un’America per tutti. Questa è la loro intenzione, l’abbiamo visto nell’indecenza delle famiglie separate al confine e nelle manifestazioni piene di odio”. Ma è soltanto un altro capitolo difficile, rassicura, come le ingiustizie antiche e presenti di ‘The Ghost of Tom Joad’, una delle sue più amare canzoni politiche, seguita da ‘The Rising’, che elogia invece la speranza e il sacrificio del popolo americano. Storie individuali e collettive si intrecciano fino al finale intenso e acclamato dal pubblico sulle note intense di ‘Dancing in the Dark’, ‘Land of Hope and Dreams’ e ‘Born to Run’. Nel centro, da solo e quasi al buio, il figlio prediletto della Jersey Shore, colui che tiene uniti questi fili nel suo romanzo folk: un segnale particolarmente incoraggiante alla vigilia di un 2019 che lo vedrà tornare in studio senza la sua E Street Band.
“Se vi sono mai piaciuti i Coldplay, credo che la vostra canzone preferita della band sia proprio in questo album”. Così parlò Chris Martin: i fan dei Coldplay sono avvertiti. “Moon Music”, il nuovo album dei Coldplay, che arriva dopo il successo del precedente album “Music of the Spheres” e dopo 74 Platini e 14 Ori solo in Italia, per non parlare del tour dell’estate che, in ossequio alla regola in cui nella musica contano innanzitutto i numeri, è il primo della storia ad incassare un miliardo di dollari, battendo il record nientepopodimenoche di Taylor Swift. Per capire meglio la musica di questo album che esprime benissimo la voglia, e, va detto, la straordinaria capacità, di piacere a tutti dei Coldplay, si possono usare ancora le parole di Chris Martin: “Ci sono sfide per ogni essere sulla Terra”, dice.
“Questo album parla di alcune delle nostre sfide personali, ma anche di quelle degli altri. Non c’è mai stato un momento più facile per arrendersi, e quindi questo è un disco che parla di non farlo”. Moon Music è un disco alimentato dalla speranza, dall’ottimismo e, soprattutto, dall’amore. “Più invecchio, più credo che l’amore sia l’unica risposta”, dice Martin. “Ci sono molti tipi diversi di amore, naturalmente. Ma questo album parla di tutti i colori dell’amore. E questo include imparare ad amare se stessi, nonostante tutte le folli voci critiche che abbiamo dentro. Se si riesce a farlo – e a patto che essere se stessi non implichi il tentativo di ferire qualcun altro – credo che sia più facile capire e amare tutti gli altri. In definitiva, vediamo l’amore come un atteggiamento di apertura verso tutte le cose e tutte le persone”.
Ecco, per Martin “tutti i colori dell’amore” può significare anche fare musica che possa piacere a più gente possibile, una volta si sarebbe detto per tutti i gusti: basta pensare che tra le collaborazioni ci sono Jay Z, le Little Simz come Brian Eno, c’è un campionamento della scrittrice e attivista Maya Angelou, poetessa di memorie e difensore dei diritti civili, senza dimenticare i due figli di Martin, Apple e Moses. Prodotto da Rik Simpson e Max Martin, “Moon Music” è un concept album dedicato alla connessione umana con il cosmo, raccontata attraverso i temi dell’amore, speranza, meraviglia esistenziale. Si apre con la title track, una ballata piano e voce con una lunga intro strumentale ed effetti sonici. “feelslikeimfallinginlove” è il singolo che spiega tutto: un brano pop facile facile e cantabilissimo scritto con il contributo di Apple Martin, figlia di Chris, e Max Martin.
Un bel salto nel kitsch è “We Pray”, scritto con Jay Z e Davide Rossi e con ospiti Little Simz, Burna Boy, Elyanna & Tini, mentre c’è spazio per il pop funk targato Nile Rodgers con “Good Feelings”, Victoria Canal, cantautrice spagnola nata senza l’avambraccio che ha imparato a suonare e a cantare e ha cantato “Paradise” con i Coldplay a Glastonbury. Prima di “One World”, il brano conclusivo, dove c’è Brian Eno, a dare autorevolezza al progetto, c’è spazio per “All My Love”, una ballata furbescamente maccartiano firmata an che da Moses Martin. “Moon Music” è un album a impatto zero: ogni copia contiene nove bottiglie di plastica Pet riciclata recuperate dai rifiuti post-consumo.
Dopo anni di false partenze e animosità tra i membri della band, i Pink Floyd hanno venduto la loro musica registrata e i diritti sull’immagine a Sony Music per circa 400 milioni di dollari. Lo ha appreso il Financial Times confermato da Variety. L’accordo, che non copre le parole delle canzoni della leggendaria band britannica di The Wall e The Dark Side of the Moon ma include, secondo Variety, le iconiche copertine degli album disegnate da Storm Thorgerson, è stato concluso a dispetto dei pessimi rapporti tra Rogers Waters, uno dei fondatori nel 1965, e David Gilmour, entrato nel 1967. Pesavano – e pesano ancora – le parole di Waters contro Israele e a favore della Russia di Putin dopo l’invasione dell’Ucraina.
L’intesa, conclusa mentre la situazione in Medio Oriente ha raggiunto nuovi apici di violenza, espone Sony Music a critiche, secondo Variety. Ne beneficeranno, oltre a Waters e Gilmour, anche il batterista Nick Mason e gli eredi del tastierista Richard Wright e del cantautore Roger “Syd” Barrett, oltre a Gilmour e Waters. Il catalogo dei Pink Floyd include alcuni dei brani più ascoltati degli ultimi 50 anni come Money, Wish You Were Here e Another Brick in the Wall. Con quello dei Queen, venduto a Sony Music a giugno per un miliardo di dollari, era rimasto tra i pochi ancora sul mercato e sicuramente tra i più ostici per i negoziatori, ritardato oltre che dai dissidi tra la band, da questioni fiscali e dal valore della sterlina. Recentemente Gilmour aveva detto a Rolling Stone di essere interessato a vendere non tanto per ragioni finanziarie, “quanto per mettere la parola fine a tutte le liti che comportano le decisioni comuni”. Questo, aveva aggiunto, “sarebbe il mio sogno”.
Della vendita della musica dei Pink Floyd si parla da anni con altri aspiranti acquirenti come Hipgnosis, Warner Music e Bmg che nel 2022 si erano dati battaglia senza esito. Ora Sony ha finalmente avuto la meglio. Il colosso giapponese che ha già comprato i diritti di Bruce Springsteen e Bob Dylan, ha di recente ricevuto una iniezione di fondi da 700 milioni di dollari dal gruppo di private equity Apollo con l’obiettivo di allargare la sua presenza nel settore della musica ‘vintage’.
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Il Premio Tenco celebra i suoi 50 anni con un’edizione speciale che vede protagonisti alcuni dei più amati artisti napoletani. Tra i premiati spiccano Edoardo Bennato, Tullio De Piscopo e Simona Molinari. Il prestigioso riconoscimento, nato per celebrare la Canzone d’Autore, quest’anno conferisce il Premio alla Carriera a Bennato, che ha recentemente entusiasmato il pubblico con uno straordinario concerto all’Arena Flegrea.
Edoardo Bennato e il Premio alla Carriera
Edoardo Bennato riceverà il Premio alla Carriera, assegnato a coloro che hanno dato un contributo significativo alla Canzone d’Autore mondiale. Insieme a lui, saranno premiati anche artisti come Samuele Bersani, Mimmo Locasciullie Teresa Parodi.
Riflettendo sulla figura di Luigi Tenco, Bennato ha dichiarato: “Lo osservavo anche se da adolescente e solo attraverso gli schermi televisivi. Luigi, sempre geniale quanto imbronciato, percepiva il disagio tra i trafficanti del baraccone della musica italiota. È sempre stato nel mio cuore, come Fabrizio De Andrè, con cui c’era stima e affetto reciproco.”
Tullio De Piscopo e Simona Molinari tra i protagonisti
Anche il leggendario batterista Tullio De Piscopo sarà premiato con il riconoscimento “I Suoni della Canzone”, per il suo inconfondibile contributo alla musica italiana, mentre la talentuosa Simona Molinari riceverà il premio per il miglior album di interprete grazie al suo lavoro “Hasta Siempre Mercedes”, dedicato alla leggendaria Mercedes Sosa.
Una celebrazione della musica d’autore
Con questa edizione, il Premio Tenco conferma la sua centralità nel panorama musicale italiano, celebrando non solo il talento, ma anche il contributo artistico e culturale di figure iconiche della musica. Un tributo alla tradizione, ma anche un riconoscimento al futuro della Canzone d’Autore.