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Esteri

Brexit, c’è finalmente l’accordo Londra-Ue ma ora tocca farlo ratificare ai Parlamenti

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Regno Unito e Unione europea hanno raggiunto in extremis un accordo sulla Brexit a poche ore dal summit Ue cruciale in cui i leader europei hanno dato il loro via libera. L’intesa andrà approvata inoltre dal Parlamento britannico, cosa non scontata, in una riunione straordinaria che si terrà sabato, e poi dall’Europarlamento. L’intesa coincide in gran parte con quella che era stata raggiunta dal governo di Theresa May, e respinta tre volte dal Parlamento britannico, ma differisce da quella per le disposizioni relative all’Irlanda del Nord. Di seguito i punti principali dell’accordo. Il nuovo accordo continua a prevedere che: il Regno Unito dovrà pagare un conto d’uscita di 39 miliardi di sterline; verranno garantiti i diritti dei cittadini Ue residenti nel Regno Unito e dei britannici residenti negli altri Paesi Ue; subito dopo il divorzio, il Regno Unito resterà membro dell’unione doganale europea e del mercato interno Ue per il periodo di transizione, cioè fino a fine 2020 (il periodo si può estendere al massimo fino a fine 2022). In questo lasso di tempo le parti negozieranno – novità questa contenuta nella nuova dichiarazione politica che accompagna l’accordo di ritiro – un accordo di libero scambio, in cambio del quale Bruxelles vuole delle garanzie da Londra su condizioni di concorrenza eque.

A proposito dell’Irlanda del Nord, l’esigenza principale era quella di regolamentare la situazione irlandese per impedire, a seguito del divorzio, il ritorno di una frontiera fisica fra l’Irlanda, che resterà membro dell’Unione europea, e la provincia britannica dell’Irlanda del Nord. – La novità principale del nuovo accordo è che viene eliminato il backstop: questa clausola di salvaguardia prevedeva che a fine 2020, se Londra e Bruxelles non fossero riuscite a trovare un’intesa sui futuri rapporti post Brexit, per impedire il ritorno di una frontiera fisica fra le Irlande il Regno Unito sarebbe rimasto nell’unione doganale europea a tempo indefinito, salvo accordo fra le parti in senso diverso. Boris Johnson si era opposto categoricamente al backstop, contestando che avrebbe impedito a Londra di concludere accordi di libero scambio con Paesi terzi.

Il nuovo accordo, invece, prevede che l’Irlanda del Nord resterà parte del territorio doganale britannico (il che consentirà alla regione di essere inclusa in eventuali futuri accordi di libero scambio che il Regno Unito stringerà dopo la Brexit con Paesi terzi), ma al tempo stesso su una serie di regole resterà allineata al mercato unico Ue. Il punto è che l’Irlanda del Nord diventerà punto di ingresso nella zona doganale Ue, dunque per le merci in ingresso in Irlanda del Nord provenienti da Paesi terzi funzionerà così: se destinate a restare in Irlanda del Nord, il Regno Unito vi applicherà i dazi britannici; se invece saranno destinate a entrare in Ue tramite l’Irlanda del Nord, allora le autorità britanniche vi applicheranno i dazi previsti dal’Ue. A decidere se delle merci sono a rischio di ingresso nel mercato unico Ue sarà una commissione congiunta Regno Unito-Ue, ma sarà il Regno Unito a riscuotere i dazi Ue su quelle merci per conto della stessa Unione europea. – L’Irlanda del Nord resta allineata all’Ue su una serie limitata di regole, come quelle relative alle merci, quelle su regole sanitarie, controlli veterinari, prodotti agricoli e sul regime degli aiuti di Stato. – Altra novità è che l’Assemblea dell’Irlanda del Nord, detta Stormont, avrà voce in capitolo sull’accordo. Quattro anni dopo la fine del periodo di transizione, attualmente in programma per la fine del 2020 ma che potrebbe essere prolungato al massimo fino a due anni, l’Assemblea nordirlandese potrà decidere se mantenere o meno l’applicazione delle regole europee. Per l’approvazione sarà necessaria la maggioranza semplice; in caso di bocciatura, invece, il protocollo non sarà più applicabile due anni dopo. Questo meccanismo del consenso riguarda in particolare le regolamentazioni sulle merci e la dogana, nonché su mercato unico dell’elettricità, IVA e aiuti di Stato.

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Parigi, arrestato l’uomo che minacciava di farsi saltare nel consolato dell’Iran: era disarmato

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È stato arrestato l’uomo che si era asserragliato nel consolato dell’Iran a Parigi: aveva minacciato di farsi saltare per aria ma quando è uscito dallo stabile, perquisito, non aveva nessun esplosivo addosso: l’uomo però era già stato indagato per un incendio nei locali del consolato nel 2023.  L’uomo,  61 anni, aveva giustificato il gesto spiegando che voleva sostenere il movimento di protesta in Iran nato  dopo la morte di una ragazza arrestata dalla polizia perché non portava bene il velo. Per quell’episodio venne condannato a otto mesi con la condizionale, oltre ad essere colpito da un divieto di recarsi nel 16esimo arrondissement di Parigi, proprio dove si trova il consolato iraniano.

Sul posto la polizia ha inviato unità di intervento rapido ed ha istituito un perimetro di sicurezza in diverse strade intorno a Place du Trocadero, dove si trova il consolato iraniano, un luogo affollato che è proprio di fronte alla Torre Eiffel. Il consolato iraniano a Parigi non è mai molto affollato e vengono rilasciati pochi visti, a causa della freddezza tra i due paesi.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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