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Cronache

Borsellino, depistaggi: indagati ex pm del pool Palma e Petralia

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Da mesi la Procura di Messinz indaga sull’ultimo capitolo di uno dei piu’ gravi depistaggi della storia del Paese: “l’inquinamento” delle indagini sulla strage di Via D’Amelio, i pentiti creati a tavolino, le false ricostruzioni dell’eccidio costato la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Una verita’ di comodo, che ha portato a ingiuste condanne all’ergastolo, finora imputata solo ai poliziotti che condussero l’inchiesta, attualmente sotto processo a Caltanissetta. Oggi, oltre ai tre funzionari di polizia Mario Bo Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, nel registro degli indagati ci sono due magistrati: gli ex pm Annamaria Palma e Carmelo Petralia, prima in forza nel pool che indago’ sugli eccidi del ’92, oggi rispettivamente avvocato generale dello Stato a Palermo e procuratore aggiunto a Catania. E proprio il coinvolgimento di un magistrato in servizio alla Procura etnea ha fatto scattare la competenza dei colleghi messinesi. A Palma e Petralia viene contestato il reato di calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra, in concorso con i tre funzionari di polizia sotto processo. Avrebbero, ciascuno nei propri ruoli, costruito a tavolino falsi pentiti come Vincenzo Scarantino inducendoli a mentire e ad accusare della strage persone che sapevano innocenti. A entrambi i magistrati oggi e’ stato notificato l’avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Stesso provvedimento e’ stato comunicato alle potenziali persone offese dal reato, condannati, proprio in virtu’ del depistaggio, per una strage mai commessa: Urso, La Mattina, Murana, Scotto, Gambino e Vernengo, che per le false accuse di pentiti imbeccati hanno trascorso 18 anni al carcere duro. Gli atti tecnici che i pm di Messina dovranno eseguire, e che non sono ripetibili, perche’ c’e’ il rischio che le prove vadano perdute, riguardano le cassette con le registrazioni delle conversazioni di Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna ascoltato mentre era sotto protezione, un periodo in cui, secondo una ipotesi accusatoria, sarebbe stato indotto, anche con la violenza, dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato, a mentire. Del pool di investigatori, guidati dall’ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, facevano parte i poliziotti oggi finiti a giudizio. Le cassette sono molto datate, le intercettazioni risalgono ai primi anni ’90, e l’ascolto potrebbe deteriorarle: da qui la necessita’ che all’accertamento, mai eseguito prima, partecipino anche i consulenti degli indagati e delle persone offese. Scarantino, secondo l’accusa, sarebbe stato picchiato e minacciato perche’ desse la versione di comodo “pensata” dagli investigatori. E costretto a imparare a memoria le fandonie da ripetere durante gli interrogatori. Il falso pentito, protagonista di ritrattazioni clamorose, ha poi svelato le pressioni subite. Attribuendole, a seconda degli umori del momento, solo ai poliziotti o anche agli ex pm. La procura di Messina sta cercando di capire, impressa ardua visti gli anni trascorsi, chi ordi’ le trame che portarono al depistaggio e soprattutto quale ne fu il movente: la copertura di pezzi di Cosa nostra, poi effettivamente rimaste impunite, o la ricerca di un facile colpevole.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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