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Economia

Borsa: mercati aperti ma non sarà un lunedì come altri

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Non sara’ un normale lunedi’ per Piazza Affari, per quanto l’ad di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi ricordi che c’e’ un “business continuity plan” e non c’e’ motivo di aspettarsi che gli scambi non continuino come al solito. Consob monitora la situazione come di consueto e nella comunita’ finanziaria ricordano vigilie piu’ tese come quella all’indomani del fallimento di Lehman Brothers o per i mercati asiatici dopo la decisione di mettere in quarantena l’intera metropoli di Wuhan. In quel caso la concomitanza con le festivita’ del Capodanno cinese (prorogate per Shanghai e Shenzhen al 3 febbraio) ha fatto da cuscinetto ma non e’ riuscita ad evitare alla riapertura un crollo di quasi il 9 per cento. Non e’ quello che ci si aspetta a Milano domani, ma se nel corso del monitoraggio il quadro dovesse cambiare potranno essere valutati una serie di provvedimenti a partire dal ‘divieto di vendite allo scoperto’. Inoltre, fanno notare i gestori, il mercato italiano e’ gia’ sceso in proporzione all’impatto del virus. “Abbiamo una situazione di ipervenduto: abbiamo vissuto una prima settimana solo in discesa senza rimbalzo, la settimana scorsa invece anche dopo l’intervento delle Banche Centrali ci sono stati anche giorni di rimbalzo e stabilizzazione. Nelle prossime sedute e’ facile aspettarsi ancora alti e bassi” commenta Carlo De Luca, responsabile dell’asset management di Gamma Capital Markets.

piazza Affari

“Nella stessa giornata i mercati passano da meno 3 a piu’ tre, c’e’ un’illiquidita’ troppo forte, con compratori e venditori che passano da una parte all’altra in modo erratico. E’ complicato non solo lavorare ma anche proteggersi, non ci sono una domanda e un’offerta normali. Non sara’ una settimana facile”. Tra i settori esposti quelli delle compagnie aeree europee, i produttori di beni di lusso e della moda che hanno Milano come hub e, anche se la produzione e’ stato assicurato non si fermera’, potrebbero soffrire i titoli dell’auto. E quindi i titoli come Lufthansa e Air France-KLM che volano su Malpensa, cosi’ come le compagnie aeree low cost easyJet, Ryanair e Wizz Air potrebbero essere tra quelli piu’ venduti insieme ai titoli dei gruppi alberghieri come Accor e InterContinental Hotels, o le compagnie di navigazione. Attenzione sui grandi gruppi del lusso come LVMH e Kering, Burberry e Swatch o Pandora che la scorsa settimana ha chiuso 30 negozi nel paese. Il quadro e’ complesso e fosco. “Stiamo bloccando un pezzo del paese, ristorazione e turismo pagheranno un conto salato, l’economia si fermera’ ancora di piu’, questo condizionera’ mercati finanziari e le banche dovranno reggere l’onda d’urto. Questo scenario ci sara’” non lo si puo’ negare osserva Stefano Caselli, Prorettore per gli Affari Internazionali presso l’Universita’ Bocconi e professore di Economia degli Intermediari Finanziari. “Ma l’Italia per una volta ha avuto il coraggio di prendere una misura drastica. Questo e’ un fatto che nella comunita’ internazionale e’ stato accolto positivamente: l’unione europea ci ha dato la possibilita’ di sforare sul deficit, l’Oms plaude all’Italia. Se l’Italia sapra’ tenere la barra dritta non sarei sorpreso che i mercati, che leggono in modo positivo le decisioni serie che vengono fatte rispettare, possano reggere. Sto percependo un certo ottimismo”.

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Mediaset stringe su Prosieben, le basta vittoria a metà

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Si avvicina l’assemblea di Prosieben, il colosso media tedesco del quale Mfe-Mediaset è ampiamente primo azionista con quasi il 30% dei voti. E si avvicina con la Borsa che sia a Milano sia a Francoforte spinge i titoli dei due gruppi. Un po’ perché il mercato spera sempre che quando c’è tensione questa possa sfociare in un ‘take over’, un po’ perché comunque le proposte portate al voto dal maggiore azionista smuovono le acque di una società piuttosto ferma. La richiesta principale del gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi è aprire un ‘audit’ indipendente sullo scorporo delle attività non televisive e far concentrare Prosieben sul core business televisivo. E qualche risultato lo ha già ottenuto, con il management della società con sede in Baviera che ha fatto sapere di valutare la vendita del portale web Verivox e del sito di vendite Flaconi, che insieme potrebbero valere circa 800 milioni.

Ma la questione di fondo è che il vertice del gruppo tedesco in questi anni non ha mai ‘aperto’ alle proposte del primo socio e anche sulle proposte per l’assemblea del 30 aprile si è detto del tutto contrario. Si è mosso anche l’amministratore delegato in prima persona, quel Bert Habets che sembrava più disponibile a un dialogo con il Biscione, chiamando a raccolta gli azionisti perché votino contro le richieste dell’azionista principale. E’ infatti importante per il management tedesco arrivare a un’alta partecipazione in assemblea, in quanto le proposte più importanti di Mfe-Mediaset devono passare con il voto favorevole del 75% dei presenti. Il Biscione conta con sé già diversi fondi, tra i quali Amber, e ovviamente attende il voto del secondo socio, cioè i cechi di Ppf, gruppo che fa riferimento alla vedova del miliardario Kellner che, con una partecipazione ben superiore al 10%, è l’ago della bilancia.

Il Biscione non può avere contatti diretti per il rischio ‘concerto’ e il conseguente obbligo di Opa, ma gli basta una vittoria a metà, cioè superare il 50% e dimostrare che il mercato crede nelle sue strategie. Anche perché le altre proposte, compresa la sostituzione di due componenti del Consiglio di sorveglianza con candidati indipendenti, non necessita di della soglia del 75% e dovrebbe passare. Insomma a Cologno sono contenti di aver smosso le acque e negano ovviamente ogni intenzione di Opa sul gruppo tedesco, anche perché nell’attuale situazione è gravato da una massa di debiti e da una scarsa redditività che lo rendono poco interessante

. Ma la Borsa, come si diceva, sente profumo di battaglia e come sempre gli investitori prendono posizione. L’azione B del Biscione, la più rappresentativa, da metà marzo è salita del 20% e viaggia sui 3,5 euro, una quota che non vedeva dal luglio scorso. Ancora meglio sta andando Prosieben, il cui titolo da inizio febbraio, quando si è capito che Mfe-Mediaset avrebbe fatto qualche mossa sulla partecipata, ha recuperato il 40% oltre i sette euro, un livello che non raggiungeva anche in questo caso dall’estate.

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Cgil-Uil in piazza, ‘il governo ascolti il Paese reale’

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Cgil e Uil scendono di nuovo in piazza, attaccano il governo e chiedono di cambiare registro e dare risposte. Sul lavoro e la sicurezza, sulla sanità pubblica, il fisco e i salari. Ascoltando “il Paese reale”. A dieci giorni dall’ultimo sciopero insieme, i due sindacati tornano a manifestare, a Roma, per dire “Adesso basta”. Basta con le morti sul lavoro, con la precarietà e con i condoni. I segretari generali Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri lo fanno dal corteo che attraversa le vie della capitale e dal palco: almeno 50mila, secondo le loro stime, in piazza. E assicurano di essere pronti ad andare avanti, per ottenere risultati. “Dalla piazza arriva il messaggio del Paese reale, visto che stanno raccontando delle balle, irreggimentando e cercando di controllare tutto: si ascolti il mondo del lavoro, che tiene in piedi il Paese e non ce la fa più”, dice Landini.

Che poi accusa “il governo e la destra che vogliono costruire un regime”, “vogliono comandare più che governare”. E sullo stop al monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile: “Consentitemi un gioco di parole – afferma ancora -, è stato oscurato”. Parla di “un Paese reale che soffre, che ha difficoltà ad arrivare a fine mese e a fruire dei servizi sanitari” anche Bombardieri. Difficoltà che i due leader sindacali rappresentano portando una serie di numeri: 6 milioni di poveri, 5 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, 4 milioni e mezzo di persone che rinunciano alle cure. E poi su un altro numero puntano ancor di più: arrivare a “zero morti” sul lavoro. Fermando una strage quotidiana, che richiede misure più incisive, compresa l’introduzione del reato dell’omicidio sul lavoro. Sul fronte delle tasse, chiedono un fisco “giusto” perché, ripetono, a pagare sono sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti e i pensionati.

“Fate pagare chi non le ha mai pagate. Certo è complicato se continuate a fare condoni”, ripete Bombardieri. Non manca l’affondo contro l’autonomia differenziata “una follia pura”, sostiene Landini, rimarcando la volontà di mettere in campo una battaglia “con ogni strumento” democratico a disposizione. Dopo aver già dato il via ai quattro referendum sul lavoro. “Non abbiamo alcuna intenzione di fermarci”, assicura. Altro tema quello dell’aborto: Landini e Bombardieri parlano di “pericolosissima regressione”, di “attacco del governo alle donne” e preannunciano per martedì 23 aprile un presidio davanti al Senato, in occasione dell’esame del decreto Pnrr a Palazzo Madama, per contrastare anche la norma sulla presenza delle associazioni pro life nei consultori e difendere la legge 194. In piazza anche questa volta non c’è la Cisl. “Ci sono diverse sensibilità” e ci sono stati “altri periodi nei quali il sindacato ha avuto visioni diverse, supereremo anche questo. Il pluralismo è una ricchezza”, smorza Bombardieri, ricordando che il Primo maggio Cgil Cisl e Uil saranno insieme per “una grande manifestazione” quest’anno a Monfalcone (Gorizia), sotto lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”.

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Allarme Upb sul Superbonus, Parlamento studia deroghe

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La “generosità” dell’agevolazione, le ripetute proroghe, un sistema di controlli che ha favorito la “diffusione di comportamenti opportunistici e fraudolenti”, la concessione di deroghe. Nasce anche da qui il ‘vulnus’ con cui il Superbonus si è trasformato in una zavorra per i conti pubblici, lasciando “una pesante eredità sul futuro”. L’Ufficio parlamentare di Bilancio lancia l’allarme e invita a far tesoro di questa esperienza per ridisegnare le future agevolazioni. Il Parlamento intanto prepara nuove modifiche all’ultima stretta impressa dal governo, comprese nuove deroghe per altre aree colpite dal terremoto o il coinvolgimento dei Comuni nei controlli. E sul Superbonus si accende un faro anche oltreoceano, con il Fondo Monetario Internazionale che sprona l’Italia a ridurre il debito. La crescita, stimata allo 0,7% nel 2024 e 2025, è destinata a ridursi al lumicino nel 2026 (rivista al ribasso allo 0,2%) con il Superbonus e il Pnrr in via di esaurimento, avverte il Fondo.

Ma intervenire si può, ed è dal debito che bisogna partire: per ridurlo, bisogna partire dagli sgravi fiscali, “molti dei quali inefficienti” come il superbonus, suggerisce il Fmi, ed eliminare quelle “scappatoie” dal fisco e “numerosi programmi di sostegno anti-inflazione”. Il Superbonus, insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 “hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni”, evidenzia l’Autorità dei conti pubblici in una memoria alla commissione Finanze del Senato che sta esaminando l’ultimo decreto sull’agevolazione. Superbonus e bonus facciate, in particolare, hanno avuto un impatto “rilevante e crescente” nel tempo: l’asticella del periodo 2020-23, secondo gli ultimi dati, è salita a circa 170 miliardi. Con un gap tra i risultati e le attese “macroscopica” nel caso del Superbonus, e che “non ha precedenti”, osserva l’Upb, che indica vari elementi che hanno contribuito a far lievitare la spesa: la generosità dello sconto e le modalità di fruizione, l’ampliamento degli obiettivi, proroghe e deroghe.

A farne le spese è il debito. Quanto rilevato in termini di competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà soprattutto sul 2024-26, evidenzia l’Upb, che quantifica questa “pesante eredità”: un impatto in media annua pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2021-23, che salirà a circa l’1,8% in quello successivo. Un’esperienza, quella del Superbonus, da cui “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, osserva l’Upb, che indica la rotta: selettività e stop agli automatismi. In prospettiva, dunque, la soluzione suggerita è “un trasferimento monetario” (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alle condizioni economiche delle famiglie e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. E in vista delle prossime misure di sostegno per le case green, a mettere in guardia è anche la Banca d’Italia: le “criticità” emerse con il Superbonus sembrano “sconsigliare la riproposizione in futuro della cedibilità dei crediti”, se non in “forma limitata” e “circoscritta ad alcune categorie”.

Dopo l’ultima stretta sul Superbonus intanto, si studiano nuove deroghe. A proporle, per altre aree colpite dal sisma diverse da quelle per cui già si è fatta eccezione (a partire dall’Emilia Romagna) o dalle alluvioni e per il Terzo settore, sono sia la maggioranza che l’opposizione con diversi emendamenti al decreto Superbonus. Il termine per presentare le proposte di modifica è mercoledì 24 aprile, ma sul tavolo del relatore, Giorgio Salvitti, gli emendamenti cominciano ad arrivare. Si studia anche la possibilità di coinvolgere, su base volontaria, i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus, garantendo loro un ritorno economico pari al 30% dell’eventuale recupero. Nulla sarebbe invece ancora arrivato sulla possibilità di allungare da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus. Ipotesi su cui però si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E che, secondo i calcoli dell’Upb, consentirebbe al debito di restare abbondantemente sotto quota 140%.

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