“Contrariamente a quanto riportato da Webuild, non esiste alcun parere ufficiale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Se c’è un parere perché non è mai stato esibito? E’ evidente che questa affermazione è priva di fondamento e ingannevole.” Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e Parlamentare di AVS rispondendo con una sua nota al comunicato diffuso stamani dalla società dopo la puntata di ieri sera di Report.
“Come più volte ribadito dal presidente dell’Ingv il professor Carlo Doglioni, anche attraverso una risposta al sottoscritto, non risultano siano operative convenzioni tra l’Ingv e la società stretto di Messina finalizzate alla valutazione della pericolosità sismica dell’area e a studi specifici su suolo e sottosuolo. Nell’aprile del 2023 nel corso di un’audizione alla Camera dei Deputati Doglioni aveva sottolineato che il ponte sullo stretto di Messina è in epicentro sismico e che era necessario adeguare i progetti” “L’accordo del 2024, a cui fa riferimento l’amministratore delegato, è riferito alla condivisione dei dati di pozzo piezometrici e inclinometrici in possesso dell’Istituto.
L’Ingv dunque, non si è mai espresso con un parere formale o ufficiale a sostegno del progetto. La collaborazione citata da Webuild con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma “La Sapienza” e il coinvolgimento di esperti dell’INGV risalente al 2011 non può essere interpretata come un’approvazione dell’opera da parte dell’Istituto. È fondamentale evitare di creare confusione o di fornire informazioni fuorvianti su un progetto di tale importanza e impatto. Il Ponte sullo Stretto solleva questioni ambientali, geologiche e sismiche che richiedono analisi trasparenti e dati oggettivi, non interpretazioni distorte”, continua la nota.
In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.
MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)
Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.
Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)
“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.
Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.
Una farfalla in acciaio inclinata su un frammento della rete che un tempo divideva Gorizia e Nova Gorica. Si presenta così il 25/o premio Santi Ilario e Taziano conferito oggi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al presidente emerito della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, passati alla storia per quella mano nella mano a Basovizza come segno di riconciliazione tra i popoli. Due massime istituzioni, due uomini, due amici a cui oggi è stato riconosciuto il sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica. Mattarella sale sul palco del teatro Verdi e saluta “l’amico Borut”, Pahor ricambia con “l’amico Mattarella”. Cade ogni formalismo, ogni frammento di rete divisiva, se ancora ce ne fossero. E si suggella il senso della prima capitale europea della cultura transfrontaliera Nova Gorica-Gorizia 2025. Due città che “hanno coraggiosamente trasformato la prossimità geografica delle due identità in un’opportunità”, esempio “inestimabile” per “l’intera Europa”, osserva Mattarella.
Il percorso con Pahor “a favore dell’amicizia tra i nostri due Paesi” – aggiunge – lo “abbiamo vissuto non soltanto come dovere civico e istituzionale verso i nostri rispettivi popoli, ma come responsabilità doverosa per la realizzazione di un futuro di pace per il nostro continente”. E sottolinea: “E’ ai cittadini di queste terre che dobbiamo il successo di questo percorso: società mature, cresciute in democrazia, con efficaci anticorpi rispetto a lusinghe di sterili e pericolosi nazionalismi”. Pahor richiama l’attenzione dell’Europa tutta.
“E’ fondamentale che l’Europa unita si proponga come comunità coesa, capace di tracciare congiuntamente la rotta di uno sviluppo coraggioso”, dice sul palco. A margine poi un riferimento alla guerra in Ucraina e al processo di pace: “Dobbiamo fare il possibile perché l’Europa sia protagonista anche delle iniziative che potranno determinare il futuro del mondo”. Il teatro è gremito, gli applausi sono lunghi. La commissione, presieduta dal sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, e dal decano don Nicola Ban, assegna ogni anno, in occasione della festa patronale, il premio a chi ha dato lustro alla città. Per il 2025 non ci sono stati dubbi.
“La storia deve essere insegnata, soprattutto ai giovani: è infatti l’ignoranza a generare pericolose derive, mentre la cultura, la conoscenza, l’amicizia le prevengono. E la vostra mano nella mano ci insegna che dobbiamo andare avanti”, afferma Ziberna. Go!2025, dice l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, “è un segno per continuare sulla via della concordia nel rispetto e nella valorizzazione di culture e lingue diverse”. La farfalla inclinata è simbolo di speranza e futuro, pronta a spiccare il volo per allontanarsi da un passato di divisioni. “Siete stati uno di quei fili che è riuscito a riparare, ricucire questo dolore e questo confine. Io dico sempre che un tessuto nuovo è un bellissimo tessuto, ma un tessuto ricucito è un tessuto più forte”, le parole del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
In contemporanea e divise da pochi chilometri dall’appuntamento tutto blu lanciato da Michele Serra. Le piazze anti Europa si sono contese la ribalta contro Bruxelles affidando, una, la protesta agli studenti e ai movimenti e, l’altra, ai più anziani guidati dal comunista Marco Rizzo (le foto a corredo questo articolo sono di Imagoeconomica). A piazza Barberini si sono radunati i manifestanti che hanno aderito all’iniziativa indetta da Potere al popolo con Usb, Arci, gli studenti di Osa e Cambiare rotta, la Comunità palestinese. Scandito il coro “Ue assassina” e striscioni anti riarmo: “Non un euro per la loro guerra” con le immagini di Von der Leyen e della premier Meloni.
Nel mirino dei manifestanti, per lo più giovani, la bandiera della Ue, altrove sventolata con orgoglio. Alcuni poster col vessillo blu sono stati dati alle fiamme. L’hotel St Regis ha deciso così di ‘ammainare’ la bandiera incriminata bersaglio di fischi e insulti da parte del corteo partito spontaneamente. Non è stato risparmiato neanche Michele Serra, “Contro l’odio di Michele Serra che ci porterà alla guerra”, i ministri Antonio Tajani e Matteo Salvini e la segretaria Pd Elly Schlein, tutti a vario titolo definiti “guerrafondai”.
In coda al corteo, con le bandiere della pace, un lungo manifesto con scritto: “il popolo russo non è mio nemico”. E poi ‘Bella Ciao’. Nostalgica e più attempata la manifestazione a Bocca della Verità, dove il leader di Democrazia sovrana popolare, Marco Rizzo, ha riunito simpatizzanti al grido di “Pace e sovranità”: qui cambia la musica, l’inno di Mameli. Tante le bandiere dell’Italia, una della Grecia, un’altra della Romania, della Pace e russa. Chi ha disertato l’iniziativa è stato il generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, che era stato invitato a partecipare.