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Bombe su Evin, la prigione simbolo della repressione in Iran

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Situato a nord di Teheran, il carcere di Evin è il simbolo più emblematico della repressione politica in Iran. Nato nel 1972 sotto il regime dello Shah Mohammad Reza Pahlavi per ospitare prigionieri politici, dopo la Rivoluzione Islamica del 1979 è diventato l’epicentro della detenzione per dissidenti, giornalisti, attivisti e membri di minoranze etniche e religiose.

Detenzioni celebri e condizioni disumane

Negli ultimi anni, il carcere è balzato agli onori della cronaca internazionale per la detenzione di cittadini stranieri, tra cui l’italiana Cecilia Sala, incarcerata per tre settimane nel dicembre 2023, e la blogger Alessia Piperno, reclusa per 45 giorni nel 2022.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani, Evin ospita circa 15.000 detenuti in condizioni di sovraffollamento, isolamento prolungato e gravi carenze igieniche. Amnesty International e altre ong denunciano l’uso sistematico della tortura, delle esecuzioni sommarie e del mancato accesso alle cure mediche per i prigionieri.

L’università del silenzio

La struttura è tristemente nota anche con il soprannome di “Evin University”, per via dell’alto numero di studenti, accademici e intellettuali rinchiusi tra le sue mura. Fra questi, anche avvocati, attivisti per i diritti delle donne e cittadini con doppia cittadinanza, spesso accusati senza prove concrete di spionaggio.

Stragi e incendi nel silenzio

Uno degli episodi più bui nella storia della prigione è il massacro del 1988, quando migliaia di prigionieri politici furono giustiziati sommariamente. Un altro tragico evento è avvenuto nell’ottobre 2022, quando un incendio scoppiato durante le proteste antigovernative causò almeno otto morti e decine di feriti. Ancora oggi, la dinamica e il bilancio restano poco chiari, avvolti nel silenzio delle autorità iraniane.

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Biden: “Ho concesso io le grazie, l’autopen è legale e usato anche da Trump”

Joe Biden chiarisce al New York Times di aver concesso personalmente tutte le grazie firmate con autopen. “Sistema legale, usato anche da Trump”.

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Joe Biden rompe il silenzio e risponde alle accuse mosse dai repubblicani riguardo al suo stato cognitivo e al presunto mancato controllo sulle grazie presidenziali emesse a fine mandato. In un’intervista concessa al New York Times, l’ex presidente americano ha chiarito che tutte le decisioni di clemenza e grazia annunciate negli ultimi giorni della sua presidenza sono state personalmente autorizzate da lui.

Le accuse dei repubblicani

Negli ultimi giorni, alcuni esponenti del Partito Repubblicano hanno sollevato dubbi sulla lucidità mentale di Biden, insinuando che non sarebbe stato in grado di decidere autonomamente e che le grazie siano state firmate da altri a sua insaputa. In particolare, hanno puntato il dito sull’uso dell’autopen, uno strumento che replica automaticamente la firma del presidente.

La difesa di Biden: “Tutto legale, anche Trump lo ha fatto”

Biden ha spiegato che l’uso dell’autopen è assolutamente legale e ampiamente utilizzato: “Lo ha usato anche Donald Trump”. L’ex presidente ha precisato che tutte le grazie e commutazioni sono state decise oralmente da lui, e poi i suoi collaboratori hanno proceduto a formalizzarle con lo strumento automatico, dato l’elevato numero di persone coinvolte.

Grazia preventiva ai familiari

Biden ha anche ammesso di aver concesso la grazia preventiva a familiari e membri della sua amministrazione, una mossa pensata per proteggerli da eventuali ritorsioni del suo successore alla Casa Bianca. Una decisione controversa, ma secondo Biden necessaria: “Era un atto di responsabilità”, ha affermato.

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Trump: “Missili Patriot all’Ucraina, pagherà l’Unione Europea”

Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

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Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

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Donald Trump durante una conferenza stampa con sfondo bandiere americane e militari.


Trump annuncia l’invio dei missili Patriot all’Ucraina: “Pagherà tutto l’Unione Europea”

Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti invieranno i sistemi di difesa aerea Patriot all’Ucraina, affermando che si tratta di un equipaggiamento “di cui hanno disperatamente bisogno”. Il presidente americano ha parlato con i reporter, sottolineando che, sebbene non sia stato ancora deciso il numero esatto di missili, l’invio avverrà a breve.

L’incontro con il segretario generale della NATO

Nel suo intervento, Trump ha anche confermato che incontrerà domani il segretario generale della NATO, Mark Rutte, per discutere delle forniture militari all’Ucraina e della sicurezza europea. Il colloquio si inserisce in un momento delicato della guerra, in cui Kiev continua a chiedere maggiore supporto militare per difendersi dagli attacchi russi.

Nessun costo per gli Stati Uniti, secondo Trump

Noi non pagheremo nulla”, ha puntualizzato Trump, precisando che l’intero costo dell’operazione sarà a carico dell’Unione Europea. “Loro (gli ucraini, ndr) ne avranno un po’, perché hanno bisogno di protezione”, ha dichiarato. Il presidente ha inoltre aggiunto che gli ucraini pagheranno il 100% per gli altri equipaggiamenti militari sofisticati che saranno forniti da Washington.

Un messaggio politico e strategico

Le parole di Trump arrivano in un contesto di crescente pressione su NATO e Unione Europea per il sostegno all’Ucraina. Il leader americano, pur ribadendo il supporto militare, ha marcato con decisione la linea del “niente spese per gli Stati Uniti”, segnando una chiara posizione di disimpegno economico diretto, ma non operativo.


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Abu Mazen: Hamas rilasci gli ostaggi e consegni le armi all’Anp

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Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha esortato Hamas a rilasciare gli ostaggi israeliani che ancora detiene e a consegnare le armi alla stessa Anp, sottolineando che il gruppo islamista “non governerà la Striscia di Gaza” dopo la fine della guerra in corso con Israele. Lo riportano l’agenzia di stampa palestinese Wafa e i media dello Stato ebraico. In un incontro ad Amman con l’ex primo ministro britannico Tony Blair, Abbas ha chiesto anche il rilascio dei prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane, un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e l’ingresso senza ostacoli di aiuti umanitari nell’enclave palestinese. Abu Mazen è tornato a chiedere anche che all’Anp venga concesso il controllo della Striscia di Gaza, un’idea a lungo respinta da Israele.

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