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Cronache

Bomba alla pizzeria Sorbillo, il nuovo video che mostra la pianificazione e l’azione militare degli attentatori. L’ironia vergognosa di certi imprenditori

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Quello che avete visto è un nuovo video dell’ordigno rudimentale fatto esplodere dentro la pizzeria di Gino Sorbillo in via dei Tribunali. L’ha pubblicato il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. Per il modo in cui viene portato a compimento l’atto intimidatorio e violento e per i danni causati all’attività commerciale occorre essere molto preoccupati. Si vede dalle immagini l’attività preparatoria, segno che la notte dell’esplosione tutto era stato pianificato nei dettagli. Per fare che cosa? Per ottenere che cosa? C’è una inchiesta della polizia di Stato che farà chiarezza. Gli investigatori sono bravi. Hanno già le idee molto chiare. Cercano già alcuni ragazzi della zona che sono spariti dalla circolazione.

“Proprio nel giorno in cui emergono nuovi particolari inquietanti della bomba a Sorbillo alcuni imprenditori e commercianti si lasciano andare a commenti di cattivo gusto e a tratti quasi giustificano la camorra affermando che non esiste” denuncia il consigliere  Borrelli. “Abbiamo assistito in questi giorni alla passarella di Salvini ad Afragola, ai baciamano, ma la camorra continua a seminare terrore, atteggiandosi a padrona del territorio” perché, prosegue Borrelli, che poi attacca duro “quei commercianti e imprenditori che stanno facendo ironia sul racket e sulle bombe arrivando anche a sostenere che la camorra non esiste più e che addirittura siano le stesse vittime a mettere le bombe fuori ai locali per farsi pubblicità. Queste teorie sono le stesse che alcuni collaboratori di giustizia – i cosiddetti pentiti – stanno facendo emergere pubblicamente cercando di creare un clima di dissenso verso chi denuncia e subisce azioni criminali. Un modo a nostro avviso pericoloso per creare il vuoto verso chi si ribella verso la criminalità”.

I fratelli della pizza. Toto e Gino Sorbillo. Dopo la bomba, mentre qualcuno ironizzava, loro riaprivano i locali al pubblico in tempi record per non darla vinta ai delinquenti

“Il titolare di Edenlandia, Gianluca Vorzillo, per attaccare Gino Sorbillo facendo ironia sul racket e sulle bombe fuori ai locali commerciali. In un post su Facebook ha scritto “Dite a Sorbillo che verso le 5,30 di stanotte era un tuono. Sennò pensa che è scoppiata la terza guerra mondiale visto il boato”, taggando un altro esponente del tessuto imprenditoriale napoletano che, sul suo profilo, si è lasciato andare ad offese volgari nei confronti del noto pizzaiolo. In alcuni post è arrivato addirittura a sostenere che la camorra non esiste. L’attacco di Vorzillo è stato duramente stigmatizzato da Mimmo Filosa, presidente dell’Unipan l’associazione dei panificatori della Campania. “Trovo fuori luogo l’ironia sulle disgrazie altrui – afferma Filosa – sopratutto se legate ad atti criminali. Dispiace che queste parole arrivino da un imprenditore che, invece di esprimere solidarietà a chi ha subito un attacco, approfitta di un evento tanto spiacevole per esprimere livore e di fatto cercare di emarginare chi intimidito e minacciato. L’attacco a Sorbillo si commenta da solo. Per quanto ci riguarda la nostra vicinanza nei confronti di chi subisce attacchi dalla criminalità è assoluta chi invece sostiene cerca di sminuire le azioni violente e delinquenziali dovrebbe solo vergognarsi”.

 

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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