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Bolsonaro si smarca ma anche lui rischia il carcere

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In assenza del loro ‘Capitano’ (strategicamente ripiegato a Miami dal 30 dicembre per un mese intero di ferie), i sostenitori più radicali di Jair Bolsonaro hanno portato la loro protesta fino alle estreme conseguenze pur di non cedere il potere all’odiato Lula. Ma l’impressionante assalto messo in pratica ieri a Brasilia da migliaia di ultrà del leader di destra, oltre a ricalcare quasi pedissequamente i fatti di due anni fa a Capitol Hill, rischia di inchiodare Bolsonaro alle proprie responsabilità, proprio come accaduto all’ex presidente Usa, Donald Trump. Sebbene l’ex capitano dell’esercito abbia cercato di smarcarsi dagli episodi di vandalismo e violenza, è innegabile che i ripetuti attacchi verbali contro il sistema elettorale e la magistratura, divenuti una costante dei suoi quattro anni di governo, abbiano quantomeno ispirato l’azione di frange estremiste, fanno notare molti osservatori.

Cellule così organizzate e determinate da scavalcare lo stesso Bolsonaro, decidendo in apparente autonomia di compiere quelli che, in una dichiarazione congiunta, le massime autorità dello Stato brasiliane hanno definito veri e propri “atti terroristici”. Sono molte le similitudini (anche temporali) con l’assalto al Campidoglio americano. Che i bolsonaristi abbiano ricevuto istruzioni e persino uno specifico addestramento? Se lo chiedono i media, ricordando che Eduardo Bolsonaro, deputato e figlio dell’ex presidente, ha incontrato Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago immediatamente dopo la sconfitta del padre al ballottaggio del 30 ottobre.

Sul diretto coinvolgimento di Bolsonaro nelle proteste “golpiste”, e sul possibile loro finanziamento anche dall’estero, si è infatti subito pronunciato, senza giri di parole, lo stesso Lula. Che ha puntato il dito in particolare contro una parte delle forze dell’ordine (a suo dire complici degli attivisti pro-Bolsonaro) e sui “fascisti” dell’agrobusiness per aver promosso i blocchi stradali. Per far luce sulla vicenda, intanto, il Senato brasiliano sta raccogliendo le firme necessarie per aprire un’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta.

Uno degli autori della richiesta, il senatore della maggioranza, Renan Calheiros, ha affermato sui social che i fatti di ieri sono stati un “crimine annunciato”. “Vanno appurate le responsabilità dell’attacco più grave contro la democrazia brasiliana. Proprio come avvenne a Capitol Hill. Non passeranno”, ha scritto il politico. Mentre hanno già superato il migliaio gli arresti di bolsonaristi disposti dalla giustizia, anche Bolsonaro – ricoverato nelle ultime ore per dolori addominali – teme di vedersi aprire presto le porte del carcere, temono alcuni suoi fedelissimi. E il suo soggiorno vacanziero in Florida potrebbe trasformarsi in un incubo ora che i deputati dem statunitensi ne hanno invocato l’estradizione immediata in Brasile.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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