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Cronache

Bolivia, l’espulsione di Battisti verso l’Italia scatena polemiche politiche contro il presidente Evo Morales e il ministro Carlos Morero

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E’ stato breve, ma ha scatenato tensioni e dure polemiche interne il passaggio di Cesare Battisti in Bolivia, dopo che il governo di sinistra di La Paz ha deciso di consegnarlo in appena 24 ore alla polizia italiana che gli dava la caccia da 40 anni. L’Interpol boliviana ha catturato l’ex terrorista mentre passeggiava in una strada di Santa Cruz de la Sierra alle 17 di sabato. Ed esattamente alla stessa ora di domenica l’aereo che doveva riportarlo in Italia e’ decollato dall’aeroporto Viru Viru della citta’: un’operazione ‘fast track’, e’ stata ribattezzata polemicamente. Il governo del presidente Evo Morales ha mantenuto, per quanto ha potuto, un profilo molto basso nella vicenda, ufficializzando solo ore prima della sua partenza, attraverso una conferenza stampa del ministro dell’Interno, Carlos Romero, la decisione di espellere Battisti, entrato illegalmente in Bolivia in dicembre con documenti autentici ma senza visto. L’ambasciatore a La Paz, Placido Vigo, ha sostenuto che l’operazione, realizzata “sempre pensando alle vittime e alla priorita’ per l’Italia”, e’ “stata frutto del bel lavoro delle autorita’ boliviane e dell’Interpol italiano”. Il diplomatico italiano ha inoltre sottolineato che la partenza dell’aereo verso l’Italia, senza passare per il Brasile, “ha permesso di non impegnare il nostro governo al limite di condanna di 30 anni che avrebbe richiesto Brasilia, e ha evitato il rischio di un arresto” in territorio brasiliano con “la necessita’ magari di una ulteriore richiesta di estradizione”. Ma il processo politico e diplomatico realizzato da Bolivia, Brasile e Italia, i cui termini sono rimasti segreti, non e’ piaciuto a settori della sinistra boliviana che hanno denunciato “un regalo del governo all’asse di destra Bolsonaro-Salvini”. Per questo Raul Garcia Linera, fratello del ex guerrigliero ed oggi vicepresidente boliviano, Alvaro Garcia Linera, ha denunciato che “oggi gli interessi dello Stato boliviano sono stati anteposti a quelli della morale rivoluzionaria”. Gli ha fatto eco l’ex ministro, Hugo Moldiz, il quale, dopo aver appreso che Battisti aveva chiesto asilo attraverso la Commissione nazionale dei rifugiati (Conare) senza ottenere risposta, ha dichiarato che “la stessa Conare ha violato i diritti del richiedente consegnandolo all’Italia, ed il costo politico di questo per il governo boliviano sara’ alto”. Al coro delle critiche si e’ unito via Facebook anche uno dei piu’ noti giornalisti locali, Pablo Stefanoni, secondo cui “consegnare Battisti senza il minimo processo di estradizione in cui un accusato possa difendersi e’ una specie di versione odierna del Piano Condor (accordo fatto dalle dittature sudamericane degli anni ’70) fra Bolivia, Bolsonaro e Salvini”. Ma oggi il ministro Romero e’ nuovamente intervenuto per placare le polemiche, sostenendo che la richiesta di rifugio di Battisti, presentata il 21 dicembre, e’ stata respinta il 26. Per questo, ha concluso, “e’ stato possibile coordinare la sua uscita dal Paese con l’ambasciata d’Italia e il ministero degli Esteri boliviano”.

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La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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