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Blitz anticamorra: in cella star neomelodica Tony Colombo e moglie Tina Rispoli. Arrestato autista dei pm antimafia

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Fecero il giro d’Italia, amplificate da social e tv, le immagini di quel matrimonio trash celebrato al Maschio Angioino con un corteo festante che paralizzò un quadrante di Napoli, gli sposi su una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi, salutati all’ingresso da uno squillo di trombe suonate pure da cinque ispettori della Polizia penitenziaria (che vennero identificati, sospesi e poi licenziati). Il tutto, preceduto da una festa-concerto abusiva in piazza del Plebiscito. Era il marzo 2019. Ora il cantante neomelodico palermitano Tony Colombo e sua moglie, Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, ucciso in un agguato sette anni prima sul lungomare di Terracina, sono finiti in carcere per collusioni con la camorra.

L’inchiesta è quella coordinata dalla Dda di Napoli e condotta dal Ros e dai carabinieri del comando provinciale che ha fatto luce sulla “Di Lauro spa”, vale a dire sulla trasformazione in chiave imprenditoriale e finanziaria del clan guidato da Vincenzo Di Lauro (arrestato), figlio del boss storico Paolo, Ciruzzo ‘o milionario: un gruppo criminale passato dagli omicidi, la droga e le estorsioni, al riciclaggio del denaro sporco anche in marchi di moda e bevande. A dare una mano a trovare nuovi sbocchi commerciali sarebbero stati, tra gli altri, proprio Tony Colombo e sua moglie Tina, che – spalleggiati da volti noti dello show business – avrebbero tra l’altro registrato un brand d’abbigliamento col marchio ‘Corleone’ e messo sul mercato una bevanda energetica denominata ‘9 mm’: due nomi, annotano gli investigatori, “evocativi e quasi ammiccanti al mondo della criminalità organizzata”. Complessivamente i militari dell’Arma hanno arrestato 27 persone a cui vengono contestate una raffica di reati, tutti gravissimi: dall’associazione mafiosa al concorso esterno, dall’estorsione alla violenza privata, all’associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta e al contrabbando internazionale di sigarette.

Blitz contro il clan Di Lauro, tra i 27 arrestati anche la star dei neomelodici Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli

Contestualmente, sono stati sequestrati beni per otto milioni di euro, tra società e altri beni mobili e immobili. Dalle indagini è anche emerso il coinvolgimento e l’appoggio di rappresentanti delle forze dell’ordine, come un presunto appartenente alla Guardia di Finanza non identificato (“io avevo il finanziere che mi faceva uscire con il camion… quando passava si girava… lui prendeva 2.200 euro al mese”, dice un indagato intercettato) e un dipendente del Ministero della Giustizia, che ricopriva il ruolo di autista anche per la Dda, disposto a fornire informazioni riservate, a fare da prestanome (insieme con i suoi parenti) e anche a rendersi disponibile nell’organizzazione di una rapina.

Ma l’inchiesta mette in luce soprattutto la trasformazione del clan in una vera e propria ‘Spa a delinquere’, che si è prodotta in investimenti in attività ritenute meno rischiose rispetto a quelle criminali tradizionali, e ciò attraverso società intestate a prestanome, oggi sequestrate, con le quali gestiva, per esempio, una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati. Anche il contrabbando di sigarette dall’est, in particolare dalla Bulgaria e dall’Ucraina, faceva parte del “core business” dei Di Lauro, con l’importazione di circa una tonnellata e mezza di “bionde” che hanno rifornito i mercati illegali. Inoltre, con un investimento di mezzo milione di euro reso possibile, secondo gli investigatori, dai vertici del clan Di Lauro, da Tony Colombo e dalla moglie Tina, è stata messa in piedi una fabbrica di sigarette (già sequestrata) per confezionare pacchetti con tabacco estero da vendere in Italia e all’estero.

Le indagini dei carabinieri si sono concentrate in particolare nell’arco di tempo che va tra il 2017 e il 2021. Sono emerse attività illecite di vario tipo, comprese le minacce ai familiari di un pentito e anche agli imprenditori che partecipavano alle aste giudiziarie, per costringerli a desistere. Ma soprattutto è stata documentata quella che gli inquirenti definiscono “una sorta di joint venture, o partnership”, tra i Di Lauro ed altri clan di Secondigliano, come Licciardi e Vinella Grassi, “per il raggiungimento di comuni interessi economici”.

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Resta in cella ex boss collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno

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Resta in carcere l’ex boss e collaboratore di giustizia Vincenzo Sarno: sono stati entrambi convalidati dai giudici di Brescia e Napoli i provvedimenti di fermo per tentato omicidio e omicidio notificati rispettivamente dalla Dia di Brescia e dalla Squadra Mobile di Napoli. Secondo gli inquirenti, malgrado “pentito”, stava riorganizzando l’omonimo clan del quartiere Ponticelli di Napoli, che una volta gestiva con i suoi fratelli, ed era pronto a tutti per riprendersi l’egemonia degli affari criminali della zona. A Sarno, e ad altri due suoi complici, viene contestato dalla Dda di Brescia il tentato omicidio di un ex collaboratore di giustizia, Domenico Amato, che nel 2022 si trovava in una località protetta di una delle province della Lombardia.

Per costringerlo a uscire di casa e colpirlo, è l’ipotesi degli investigatori, il commando decise di incendiare la sua vettura. Per fortuna il tentativo non andò a segno: l’obiettivo del raid, forse intuendo che si trattava di un agguato, rimase barricato in casa. Due giorni fa, a Massa Carrara, Sarno ha ricevuto anche un decreto di fermo, emesso dalla Dda di Napoli e notificato dalla Polizia di Stato, per un altro fatto di sangue, un cold-case risalente al 1996: si tratta dell’omicidio di Gerardo Tubelli, assassinato il 5 gennaio 1996, nella sua abitazione di Cercola (Napoli). Si tratta di un agguato che gli inquirenti inquadrano nella guerra di camorra tra i Sarno e il gruppo Maione/Tubelli, quest’ultimo legato all’Alleanza di Secondigliano. Secondo la Dda in quel gruppo di fuoco c’era anche Vincenzo Sarno.

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Guasto sulla linea Alta Velocità a Bologna: treni bloccati e ritardi fino a 100 minuti

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Mattinata di forti disagi per i viaggiatori dell’Alta Velocità ferroviaria, a causa di un guasto a un deviatoio nei pressi della stazione sotterranea di Bologna. Il problema ha causato rallentamenti significativi sulla linea, con ritardi pesanti per diversi treni diretti verso sud, in particolare da Milano a Roma e Napoli.

Treni bloccati e ritardi fino a 100 minuti

Per circa due ore, la circolazione ha subito forti rallentamenti. Alcuni convogli non hanno potuto essere deviati sulla linea di superficie e sono rimasti fermi per lungo tempo, accumulando ritardi fino a 100 minuti. Gli altri treni, invece, sono stati deviati, ma hanno comunque subito rallentamenti consistenti.

Situazione risolta, ma persistono i disagi

Il problema è stato risolto alle 10.50, permettendo ai treni di riprendere il loro percorso regolare. Tuttavia, gli effetti del blocco si stanno ancora facendo sentire, con code di ritardi che impattano sulla regolarità del traffico ferroviario anche nelle ore successive.

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Pubblica amministrazione, 650 licenziati all’anno: 1 su 3 assente ingiustificato

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Tra il 2018 e il 2023 sono stati circa 15mila i dipendenti della pubblica amministrazione incappati in sospensioni o licenziamenti. La maggior parte dei provvedimenti, il 30%, nel comparto sanità (4.666 provvedimenti disciplinari gravi) e nel gruppo Ministeri-Agenzie (4.181, 27%). Seguono: i comuni con 3.138 sospensioni e licenziamenti, pari al 20% del totale; le scuole (1.625, 11%), la categoria enti pubblici vari (4%), le regioni (3%) e, infine, le università e le province, ferme entrambe a quota 2%. E’ quanto emerge da un’analisi di Centro Studi Enti Locali basata sugli ultimi dati messi a disposizione dal ministero per la Pubblica Amministrazione. E nel 2023 come nell’anno precedente i licenziati sono stati circa 650: prima causa (35%) le assenze ingiustificate dal servizio: dipendenti che non hanno comunicato che non si sarebbero presentati a lavoro, che hanno giustificato la loro assenza con un certificato medico falso o che attestava una malattia inesistente .Al secondo posto, c’è la categoria licenziamenti connessi a dei reati, che rappresenta il 33% del totale e ancora, nel 26% dei casi, l’inosservanza di disposizioni servizio, la negligenza, le false dichiarazioni o un comportamento scorretto verso superiori, colleghi e utenti.

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