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Bimbo cristiano di 11 anni giustiziato a bastonate dal suo sfruttatorre per un debito di 1 euro, sono le moderne persecuzioni

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Un bambino cristiano di 11 anni è stato ucciso a bastonate dal suo datore di lavoro musulmano, che al momento e’ in fuga. L’omicidio e’ avvenuto a Faisalabad, in Pakistan. Il piccolo si chiamava Badal Masih e lavorava come raccoglitore di rifiuti nella discarica di proprieta’ di Ifran. Per dare una mano alla famiglia, Balal – racconta Asianews – aveva deciso di fare un lavoretto durante le vacanze estive e accettato di raccogliere rifiuti nella discarica del musulmano. Per questo impiego era pagato pochi centesimi al giorno: circa 50-100 rupie, che equivalgono a 0,28-0,56 euro. Il piccolo aveva chiesto al datore di lavoro un prestito di 180 rupie, cioe’ un euro, per alcune spese necessarie alla famiglia; il padrone gli ha dato i soldi ma poi lo ha molestato perche’ il bambino non lo aveva risarcito. A quel punto Balal e’ tornato a casa, si e’ fatto prestare dalla madre 150 rupie ed e’ tornato alla discarica per ripagare il debito; poi ha comunicato al padrone che non avrebbe piu’ lavorato per lui. La risposta del datore di lavoro, tale Ifran, è stata feroce.

L’affronto del bambino ha fatto infuriare l’uomo. Per punizione, Ifran e suo fratello Akram lo hanno picchiato con ferocia, colpendolo alla testa con spranghe di ferro. Balal è morto per le botte ricevute. Sua madre Shareefan, accorsa in discarica perché non vedeva ritornare il figlio, ha assistito al suo pestaggio.

Le sue urla disperate hanno richiamato l’attenzione dei vicini che hanno allertato la polizia. Poi la donna ha sporto denuncia contro i due uomini, che però sono fuggiti. Secondo Shareefan, suo figlio sarebbe anche stato stuprato, ma le indagini autoptiche non hanno ancora accertato la violenza sessuale.

Joel Amir Sohotra, ex parlamentare cristiano, denuncia ad AsiaNews: “Condanno con forza questo atto disumano di estrema tortura e presunto stupro di un minore. Questa è la mentalità malata della nostra società crudele che non considera i membri delle minoranze come esseri umani e per questo li tortura se essi rifiutano di obbedire, sapendo inoltre che nessuno si alzerà a difendere queste povere creature”. Secondo lui, “i pedofili stanno rovinando l’immagine del Pakistan nel mondo. Chiedo al governo di adottare azioni severe contro i colpevoli e assicurarli alla giustizia. Essi devono essere puniti secondo la legge”.

La madre racconta che Balal “era un bambino molto obbediente, voleva guadagnare qualcosa per darmi una mano nel sostenere la famiglia. Questi crudeli padroni hanno spezzato la sua vita senza motivo. Le mie lacrime saranno asciugate solo quando i colpevoli verranno puniti con severità e condannati a trascorrere tutta la vita dietro le sbarre per il peccato che hanno compiuto contro il mio innocente figlio”.

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Giudice sospende caso contro Trump per assalto al Capitol

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Tanya Chutkan, la giudice che supervisiona il caso contro Donald Trump per l’assalto al Capitol, ha accolto la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di sospendere le procedure in corso e ha annullato tutte le scadenze pendenti nella fase pre-processuale. Un passo legato alla consolidata prassi del Dipartimento di Giustizia secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito.

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Discussioni al Pentagono su come reagire a ordini illegali Trump

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Dirigenti del Pentagono stanno tenendo discussioni informali su cosa fare se Donald Trump dovesse dare un ordine illegale, come ad esempio dispiegare l’esercito internamente, e si stanno preparando all’eventualità che possa modificare le regole per poter licenziare numerosi funzionari pubblici di carriera. Lo riferisce la Cnn. Durante la campagna elettorale, Trump ha ventilato l’ipotesi di impiegare l’esercito contro i suoi nemici politici e anche per respingere i migranti al confine col Messico. La legge americana generalmente vieta l’impiego delle truppe attive per scopi di ordine pubblico. Esistono anche timori che possa smantellare il ruolo dei civili nel Pentagono e sostituire il personale licenziato con dipendenti scelti per la loro lealtà nei suoi confronti.

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Il futuro di Harris dopo la sconfitta

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Kamala Harris non pensa ancora al futuro. La ferita della sconfitta è ancora troppo fresca per consentirle di guardare avanti con lucidità. Ipotizzare la strada che intraprenderà, riferiscono amici e consiglieri, è prematuro ma la vicepresidente potrebbe avere varie opzioni fra cui scegliere una volta che i tempi saranno maturi. La possibilità che resti in politica è la più remota. Al momento anche solo pensare a una sua ricandidatura alle elezioni del 2028 appare un miraggio, considerata la facilità con cui Donald Trump ha vinto. Ma quattro anni in politica sono un’eternità e Harris ha accesso a una vasta rete di donatori che, se il mandato del presidente-eletto dovesse essere caotico, forse potrebbe sostenerla ancora nel cercare di realizzare il sogno di infrangere il soffitto di cristallo. Harris difficilmente – riporta il New York Times – potrebbe decidere di ricandidarsi per il Senato: i due senatori che rappresenteranno la California sono appena stati eletti ed è improbabile che lascino a breve. Nel suo stato Harris potrebbe aspirare a diventare governatrice, raccogliendo l’eredità di Gavin Newsom qualora decidesse, come si vocifera da tempo, di scendere in campo nel 2028.

Fra gli incarichi istituzionali c’è chi sogna che Joe Biden la nomini alla Corte Suprema prima del suo addio alla Casa Bianca. Un’ipotesi irrealizzabile visto che i democratici dovrebbero prima convincere la giudice Sonya Sotomayor a lasciare e poi premere sull’acceleratore per confermare Harris prima del 20 gennaio. Le ipotesi che, al momento, sono le più accreditate fra i sui alleati sono il settore privato, anche nei panni di lobbista, o l’ingresso in un think tank dove avrebbe la possibilità di portare avanti le sue cause senza le restrizioni imposte dal ruolo di vicepresidente di Biden. Harris potrebbe optare anche per scrivere un libro, sulla scia di quanto fatto da Hillary Clinton nel 2016 dopo la sconfitta contro Donald Trump. Quello che appare certo è che la vicepresidente, trascorsi questi ultimi 70 giorni alla Casa Bianca, si prenderà del tempo per sé stessa e per riflettere sulle sue prossime mosse fra passeggiate e cibo non consumato in aereo. Poco prima del voto, per l’esattezza il 27 ottobre, Harris aveva infatti chiarito che fra i suoi piani post-elezioni ci sarebbe stato “ingrassare qualche chilo”. “Mi stanno consumando”, aveva scherzato ignara di quello che l’avrebbe attesa solo qualche giorno dopo.

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