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Battello turistico naufraga in Vietnam, decine di morti

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Un battello pieno di turisti si è completamente capovolto nelle acque della baia di Ha Long, nel golfo del Tonchino in Vietnam. I mezzi di soccorso lo circondano ma il bilancio delle vittime dell’incidente è di quelli destinati ad aggravarsi di ora in ora: se ne contano almeno 34, mentre sono 11 le persone tratte in salvo. E dalle prime informazioni si sa che la maggior parte delle persone a bordo – 53 in tutto, con 48 turisti e 5 membri dell’equipaggio – erano famiglie in visita dalla capitale Hanoi, con più di 20 bambini tra i passeggeri: la ricerca dei dispersi è una lotta contro il tempo. “Ho preso un respiro profondo, ho attraversato a nuoto un varco, mi sono immerso e poi sono risalito a riva. Ho persino gridato aiuto, poi sono stato tirato su da una barca con dei soldati”, ha raccontato un bambino di 10 anni che è tra i sopravvissuti.

Secondo le autorità locali, un’improvvisa raffica di vento ha colpito l’intera area provocando il ribaltamento dell’imbarcazione. Una perturbazione tra l’altro in parte prevedibile in quanto il Paese si prepara all’arrivo del tifone Wipha, in rapida intensificazione nel Mar Cinese meridionale, e l’allarme in zona è alto. La tempesta tropicale Wipha è entrata nel Mar Cinese meridionale nelle prime ore della giornata, con venti a forza 9 e raffiche fino a forza 12. Si prevede che nei prossimi giorni provocherà piogge torrenziali, esondazioni e frane. La capitale Hanoi è stata intanto investita da una violenta ondata di maltempo, con alberi sradicati lungo le principali arterie della città rimaste quindi disseminate di rami e detriti. E già da qualche ora prima, temporali e raffiche di vento avevano colpito sia la provincia montuosa di Cao Bang, sia, più ad est, la provincia di Quang Ninh, dove è avvenuto appunto il naufragio.

Il ministero dell’Agricoltura e dell’ambiente aveva intanto diramato una allerta e chiesto alle autorità delle province settentrionali e costiere l’attuazione immediata di piani di emergenza, la vigilanza sulle imbarcazioni in mare e la predisposizione di piani di evacuazioni preventive. Eppure, nel golfo del Tonchino, le intense attività turistiche non si erano fermate. Il naufragio è infatti avvenuto in una nota insenatura turistica situata nel golfo del Tonchino, la baia di Ha Long: in lingua vietnamita il termine “Hạ Long” significa “dove il drago scende in mare”, una definizione evocativa per un luogo talmente suggestivo che dal 1994 è patrimonio dell’umanità dell’Unesco, e gettonatissima destinazione turistica soprattutto per famiglie.

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Intesa Siria-Israele per cessate il fuoco, ‘mille morti’

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Dopo una settimana di scontri e un bilancio che secondo un’ong sfiora i mille morti, Israele e la Siria hanno concordato un cessate il fuoco. Damasco ha cominciato a schierare le sue truppe nella provincia meridionale di Sweida, teatro degli scontri con i drusi appoggiati dallo Stato ebraico, e il presidente siriano Ahmed al-Sharaa ha ribadito l’impegno del suo governo a proteggere tutte le comunità.

Ma Israele, che non ha confermato l’intesa, ha ribattuto che oggi in Siria è molto pericoloso appartenere a una minoranza. A dare l’annuncio del cessate il fuoco è stato l’ambasciatore statunitense in Turchia, Tom Barrack. Israele e la Siria, ha dichiarato, hanno “concordato un cessate il fuoco, sottoscritto da Turchia, Giordania e i Paesi vicini. Invitiamo drusi, beduini e sunniti a deporre le armi e, insieme ad altre minoranze, a costruire una nuova e unita identità siriana, in pace e prosperità con i suoi vicini”.

Poche ore dopo, il presidente al-Sharaa, fondamentalista sunnita già membro di Isis e Al Qaida, ora su posizioni più moderate e appoggiato dalla Turchia, ha annunciato un cessate il fuoco “immediato” nella provincia di Sweida, nel sud del Paese. E’ la zona a maggioranza drusa dove nell’ultima settimana le milizie sunnite legate al governo si sono scontrate duramente con quelle locali. I drusi temono di essere perseguitati dai sunniti ora al potere, come sta succedendo agli alawiti dell’ex dittatore Bashar al Assad. Per questo hanno fatto resistenza alle forze di Damasco che cercavano di prendere il controllo della provincia. Il bilancio complessivo degli scontri intercomunitari nel sud della Siria è arrivato a 940 morti da domenica scorsa, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani.

Tra le vittime, scrive l’ong, ci sono molti civili, “giustiziati sommariamente da personale dei ministeri della Difesa e dell’Interno”. Nello scontro si è inserito Israele, che da sempre ha un rapporto privilegiato con la comunità drusa in funzione anti-araba. Lo Stato ebraico ha martellato le forze governative a Sweida, ed è arrivato a bombardare i centri del potere militare a Damasco. L’obiettivo di Israele è ampliare il territorio controllato nel Golan e nel sud della Siria. Il cessate il fuoco, mediato da Turchia e Giordania, col beneplacito degli Usa, ha permesso alle forze di sicurezza governative di schierarsi nella provincia di Sweida. “Lo Stato siriano è impegnato a proteggere tutte le minoranze e le comunità del Paese – ha detto il presidente in tv -. Noi condanniamo tutti i crimini commessi”. Il governo israeliano però è scettico.

“Il discorso del presidente siriano Ahmed al-Sharaa – ha scritto su X il ministro degli Esteri, Gideon Saar – ha manifestato il suo sostegno agli aggressori jihadisti (nelle sue parole: “Le tribù beduine come simbolo di nobili valori e principi”), incolpando le vittime (la minoranza drusa attaccata)”. Per Saar “nella Siria di al-Sharaa, è molto pericoloso appartenere a una minoranza, che sia curda, drusa, alawita o cristiana”. A Londra intanto, davanti alla sede della Bbc decine di siriani appartenenti a comunità minoritarie si sono radunati per chiedere azioni volte a proteggere i drusi a Sweida dove la violenza settaria ha causato centinaia di morti. Circa 80 manifestanti hanno gridato “Dio protegga i drusi” e “Smettete di sostenere Jolani”, riferendosi al nome di battaglia del leader siriano, abbandonato dopo che il suo gruppo islamista ha preso Damasco a dicembre scorso. I dimostranti nella capitale britannica hanno esposto cartelli che chiedevano la fine delle violenze a Sweida la scorsa settimana e l’apertura di un corridoio umanitario attraverso il confine con la Giordania.

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Le sanzioni non fermano Putin, raid sull’Ucraina

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Ancora droni, oltre 300. Ancora attacchi massicci russi contro l’Ucraina. Le nuove sanzioni imposte dall’Ue alla Russia e la minaccia del presidente Donald Trump di aumentare la pressione su Vladimir Putin per costringerlo a sedersi seriamente al tavolo delle trattative al momento non sembrano sortire alcun effetto. Negli ultimi mesi, la Russia ha infatti intensificato gli attacchi aerei a lungo raggio contro le città ucraine, così come gli assalti e i bombardamenti in prima linea, sfidando in questo modo gli avvertimenti del tycoon. Ma mentre lo zar intensifica la sua strategia guerrafondaia con un conseguente strascico di morte, Mosca, da parte sua, ha dovuto sospendere brevemente la circolazione dei treni nella regione meridionale di Rostov dopo un attacco con droni da parte di Kiev, oltre settanta sono stati abbattuti, che hanno causato il ferimento di un ferroviere.

Ad essere presa pesantemente di mira dalla ferocia russa è stata invece Odessa, nel sud del Paese, dove si è registrato almeno un morto e diversi feriti, fra cui un bambino, stando alla ricostruzione del sindaco della città, Gennady Trukhanov, e del capo dell’amministrazione militare regionale, Oleg Kiper che hanno riferito di palazzi e condomini danneggiati dai raid. Fuoco a volontà anche nella regione di Dnipropetrovsk, con almeno due vittime, mentre alcune strutture civili come un ambulatorio, una scuola, un centro comunitario e diverse abitazioni private sono state sventrate. A denunciare la pioggia di missili e droni, il presidente Volodymir Zelensky che ha parlato di oltre 300 velivoli senza pilota d’attacco e oltre 30 missili di vario tipo.

“Le regioni di Donetsk, Kirovohrad, Dnipropetrovsk, Sumy, Kherson, Volyn, Zaporizhzhia, Mykolaiv, Odessa e Zhytomyr sono state colpite”, ha precisato il leader ucraino, aggiungendo che “infrastrutture critiche sono state danneggiate a Sumy con migliaia di famiglie rimaste senza elettricità. Il governo ucraino – ha aggiunto Zelensky – sta “collaborando con i Paesi europei al di fuori dell’Unione europea affinché aderiscano” ai regimi sanzionatori previsti dal 18mo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Dal Wall Street Journal arriva intanto l’indiscrezione che l’amministrazione Trump potrebbe ridistribuire le forniture di armi agli alleati, preparandosi in futuro a dare priorità ai Paesi che sono disposti a fornire armi all’Ucraina, compresi i sistemi di difesa aerea Patriot, provenienti dalle loro scorte. In particolare, l’amministrazione Usa avrebbe spostato la Germania al primo posto nella lista per ricevere i Patriot, il che consentirebbe a Berlino di trasferire all’Ucraina i due sistemi di cui dispone, riporta il giornale che cita tre funzionari statunitensi. La promessa degli Stati Uniti di sostituire rapidamente i Patriot tedeschi è il primo esempio in cui il Pentagono facilita le consegne di armi all’Ucraina da quando il presidente Trump ha annunciato all’inizio di questo mese di essere favorevole all’invio di ulteriori armi. Allo stesso tempo, la mossa ha anche evidenziato la difficoltà di fornire i Patriot e altre armi a Kiev, poiché la produzione in Occidente fatica a tenere il passo con le richieste di aiuto dell’Ucraina.

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Due italiani nel centro migranti di Alligator Alcatraz

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Due italiani si trovano ad Alligator Alcatraz, il nuovo centro di detenzione per migranti illegali che sorge sulle paludi della Florida, le famose Everglades popolate da alligatori, coccodrilli e pitoni, e descritto da uno dei due come “un campo di concentramento”. Secondo quanto si apprende si tratta dell’italo-argentino Fernando Eduardo Artese, 63 anni, e del siciliano Gaetano Cateno Mirabella Costa, di 45. “Il Consolato Generale d’Italia a Miami e l’Ambasciata d’Italia a Washington – ha fatto sapere la Farnesina – stanno seguendo la vicenda con la massima attenzione, mantenendosi in costante contatto con i famigliari dei connazionali e continuando a interessare le Autorità dell’Immigration and Customs Enforcement per reperire informazioni aggiornate sullo stato di salute dei connazionali e sulle tempistiche previste per il loro rimpatrio”. Fernando Eduardo Artese è stato arrestato a fine giugno poco prima di imbarcarsi in un viaggio con la figlia Carla che li avrebbe portati dalla Florida alla California, e poi in Argentina e Spagna.

I due volevano documentare la loro traversata aprendo un canale YouTube dal nome ‘Argentinomade’. Qualche ora prima di partire, però, Artese è stato arrestato vicino a Jupiter, in Florida, con un mandato di cattura legato a un’accusa di guida senza patente di marzo scorso. Carla ha raccontato ai media della Florida che suo padre, immigrato senza documenti, non si era presentato all’udienza in tribunale dopo aver appreso che alcune persone erano state fermate dalle autorità dell’immigrazione mentre comparivano davanti al giudice. Artese è stato quindi portato al carcere delle Martin County e la sua famiglia ha pagato una cauzione da 250 dollari per farlo uscire ma non è bastato. Il 63enne è stato trattenuto lo stesso ai fini dell’immigrazione. “Non lo vediamo dal 25 giugno, ed è ad Alcatraz dal 3 luglio”, ha detto la figlia assicurando che il padre voleva lasciare gli Stati Uniti. Ai microfoni del Tampa Bay Times, Artese ha descritto la prigione come “un campo di concentramento. Ci trattano come criminali, è una ricerca di umiliazione”.

“Siamo tutti lavoratori e persone che lottano per le nostre famiglie”, ha aggiunto. Artese era entrato quasi 10 anni fa negli Usa dalla Spagna usando il suo passaporto italiano con un programma di esenzione del visto per 90 giorni, superando poi il periodo consentito. La sua famiglia lo ha seguito nel 2018: sua moglie, 62 anni, ha un visto per studenti e la figlia 19enne è arrivata legalmente. Gaetano Cateno Mirabella Costa, emerge dal suo profilo Facebook, vive in Florida da alcuni anni anche se sarebbe originario della Sicilia, di Fiumefreddo, a Catania. Il 3 gennaio del 2025 – emerge dal sito dello sceriffo della contea di Marion – è stato arrestato per possesso di droga e liberato qualche giorno dopo. Il 17 marzo è stato nuovamente arrestato e poi rilasciato il 22 marzo. Non è chiaro quando sia stato portato nel centro della Florida. Il carcere di Alcatraz Alligator, dove si trovano Artese e Mirabella Costa, è stato fortemente voluto da Trump per mostrare il suo pugno duro contro i migranti. Il presidente lo ha visitato e pur ammettendo che è un centro “controverso” ha sottolineato che non gliene “frega nulla”. “Potrebbe essere più duro della vera Alcatraz”, ha aggiunto.

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