Sono stati recuperati dalla Guardia costiera libica e riportati indietro i 20 migranti che avevano lanciato l’allarme attraverso il numero di emergenza di Alarm Phone. Ne ha dato notizia, con soddisfazione, il ministro dell’Interno Matteo Salvini. “I famosi 20 che ‘stavano affondando’ sono stati prontamente salvati dalla Guardia Costiera libica e riportati a terra. Molto bene!”, e’ il commento del ministro. Opposto il giudizio di Alarm Phone: “La cosiddetta Guardia costiera libica ha intercettato la barca. Le 20 persone saranno riportate in una zona di guerra da una milizia finanziata dall’Ue. E’ una vergogna che questo respingimento illegale e disumano avvenga nell’indifferenza generale”. Dopo che l’allarme era stato lanciato dai migranti (“Se non arriveremo in Italia moriremo tutti”, aveva detto al telefono uno dei venti a bordo), dalla ong Sea Watch era partita l’accusa: “Ne’ gli Stati ne’ le compagnie private vogliono aiutarli”. Mentre Salvini aveva risposto che la barca “e’ in Libia, lontanissimo dall’Italia”. Oltre ai venti a bordo, sono stati segnalati otto dispersi. Dalla Libia in fiamme, dunque, continuano a partire carrette del mare dirette verso l’Europa. L’Unhcr parla di “condizioni di insicurezza” a Tripoli ed oggi ha trasferito 120 migranti da un centro di detenzione ad una struttura protetta. “Visto che la Libia non e’ sicura – spiega l’Agenzia dell’Onu – i migranti soccorsi non devono esser riportati li'”.
E il Mediterraneo centrale e’ un mare sempre piu’ a rischio per la mancanza di mezzi di soccorso, dopo la chiusura della missione Ue Sophia e l’offensiva anti-ong. L’unica nave umanitaria presente e’ la Alan Kurdi di Sea Eye, che si trova fuori dalle acque territoriali di Malta con a bordo 63 migranti salvati una settimana fa e respinti prima dall’Italia e poi da La Valletta. Ed i mercantili privati, anche dopo il recente caso di dirottamento subito da parte di migranti soccorsi, sono sempre piu’ restii a intervenire. Alle sei del mattino, a quanto fa sapere Alarm Phone, la telefonata di allarme: una ventina di persone, tra cui anche donne e bambini, su un barcone che ha perso il motore e vaga nelle acque tra Tunisia e Libia. “Tutte le autorita’ sono state informate, ma nessuno sforzo e’ stato fatto. Senza dubbio, se i dispersi fossero europei e bianchi un’operazione di salvataggio sarebbe gia’ stata effettuata”. Da un aereo della missione Sophia che ha sorvolato l’area e’ stata data l’indicazione di chiamare le autorita’ tunisine, che pero’ non sono intervenute. Sea Watch nel pomeriggio ha chiesto all’armatore olandese Vroon, le cui navi VOS Triton e Aphrodite sono vicine all’imbarcazione alla deriva, la disponibilita’ a intervenire. Ma anche in questo caso non ci sono state risposte. E senza risposte, ormai da una settimana, si trova anche la Alan Kurdi, che si tiene fuori dalle acque maltesi, senza aver avuto l’autorizzazione a sbarcare i 63 salvati, tra i quali due bimbi di 11 mesi e 6 anni e due donne incinte. Ieri una giovane nigeriana che era collassata e’ stata trasferita a Malta, ma le autorita’ della Valletta non hanno finora concesso il porto sicuro alla nave umanitaria. Sempre ieri un’imbarcazione della ong Moas ha portato rifornimenti sulla nave. La Mare Jonio, di Mediterranea saving humans, intanto, si prepara a tornare in mare dopo il sequestro e l’indagine a carico di capitano e capo-missione da parte della procura di Agrigento. A bordo ci sara’ anche il senatore Gregorio De Falco, ex M5s ora al Gruppo Misto. “Non vorrei – ha spiegato – essere un passeggero zavorra, ma avere una funzione di utilita’ a bordo, mettendo a servizio la mia esperienza di ufficiale di Marina”.