A otto anni dal rogo che il 4 marzo 2013 distrusse il vecchio Science Centre di Città della Scienza a Bagnoli, la ricostruzione è ancora un miraggio. Per fare il punto della situazione, si è svolta questa mattina la tavola rotonda “Ri-costruire per il futuro”. Riccardo Villari, presidente di Città della Scienza, centra immediatamente uno dei nodi centrali della vicenda. “Si era addivenuti ad un accordo, ma nel 2017 il Comune di Napoli assume una posizione diversa: la ricostruzione deve realizzarsi a monte, vicino Coroglio. Oggi a distanza di otto anni siamo alla paralisi; l’area in cui si dovrebbe ricostruire è da bonificare, così rischiamo di perdere i soldi per la ricostruzione”. Nella giornata di ieri è arrivata la sentenza del Tar che ha ribadito la necessità di costruire il nuovo museo lontano dalla linea di costa. “Al di là del Tar – prosegue Villari – vogliamo promuovere un confronto fra le istituzioni per una soluzione condivisa. La posizione naturale del museo, per noi, è lì dov’era prima. Non demandiamo alla giustizia amministrativa la soluzione, ma troviamola col dialogo fra le istituzioni. Mi auguro che da questo confronto si individui un sentiero per poter ripartire”.
Impossibilitata a presenziare alla conferenza, svoltasi ovviamente da remoto, la ministra per il Sud Mara Carfagna affida ad un video il suo contributo. “Città della Scienza poteva correre il rischio di essere una cattedrale nel deserto, invece ha saputo attrarre giovani professionisti e visitatori da tutto il mondo, coniugando economia e conoscenze, attività museale e di ricerca da un lato, incubatore di impresa dall’altro. In questa storia straordinaria, l’incendio è una ferita non ancora rimarginata”, sottolinea Carfagna. “Le risorse per la costruzione di un nuovo spazio espositivo ci sono e serve la collaborazione di tutti affinché non vengano sprecate. Le istituzioni devono trovare un’intesa condivisa – prosegue la neo ministra -; con questo spirito convocherò presto una cabina di regia per Bagnoli, così da verificare insieme lo stato della bonifica del sito e individuare le misure necessarie per procedere in modo spedito”.
Per il ministro alla Cultura Dario Franceschini, ad otto anni dall’incendio “va dato atto a chi ha guidato il museo di aver fatto un’importante opera di rivitalizzazione, che ha portato 200mila visitatori all’anno, iniziative didattiche e formative. Ora tutte le parti coinvolte devono remare nella stessa direzione per accelerare il progetto di ripartenza. Il ministero della Cultura è disponibile a collaborare con tutte le istituzioni locali e nazionali”.
All’assessore all’istruzione del Comune di Napoli Annamaria Palmieri, chiamata a fare le veci del sindaco de Magistris, il direttore del Mattino nonché moderatore del convegno Federico Monga, chiede conto del cambio di rotta dell’amministrazione sulla collocazione del nuovo museo: dapprima favorevole al progetto lungo la linea di costa, dov’era prima, poi l’orientamento verso una scelta diversa. Per Palmieri si tratta di “un progetto condiviso, elaborato ed approvato con il contributo di tutte le amministrazioni locali e nazionali coinvolte: non solo l’autorità commissariale, ma quattro ministeri, le soprintendenze, il Comune, autorità portuale, Regione, Città Metropolitana. Quel piano oggi è legge dello Stato”.
Non le manda a dire il presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca. “Città della Scienza sarebbe già morta se la Regione non avesse deciso di tenerla in vita, stanziando tre milioni di euro all’anno. Abbiamo scelto di sostenerla per un periodo medio per permetterne il decollo, poi dovrà camminare con le sue gambe”.
Per De Luca Bagnoli può rappresentare il cuore di un grande programma di sviluppo integrato, che coniughi economia, cultura, ambiente, socialità e urbanistica. Il governatore propone inoltre di “legare la vicenda di Bagnoli al Recovery Fund, il grande programma di ricostruzione che viene dall’Europa”, così da poter dare vita a “questo grande progetto di sviluppo che potrebbe cambiare il destino di un’intera comunità”. De Luca non sembra porre veti sulla collocazione del nuovo museo. “Non assumo posizioni di principio. Se non ci sono le condizioni per realizzare il progetto sulla linea di costa, prendiamo altre decisioni, ma che siano cose possibili e praticabili, non inventate”.
Ad arricchire il convegno contribuisce la partecipazione del cantautore Eugenio Bennato, originario proprio di Bagnoli. “Assistiamo ad un fatto bizzarro: l’incendio ha annullato il museo che era sulla costa, ora la burocrazia dice che lì non si può più costruire; è come se si desse peso al malfattore che ha incendiato il museo”, commenta Bennato. “Da piccolo andavo a mare coi miei fratelli sulla spiaggia di Coroglio. L’Eternit era una polvere bianca e il mare nascondeva pali di acciaio che affioravano dalla sabbia sommersa. All’inizio del Novecento il miraggio dello sviluppo industriale aveva portato a creare una fabbrica di acciaio in uno dei luoghi più belli della costa campana. Ora i tempi sono cambiati – conclude l’autore – e s’è preso coscienza che quell’area s’è trasformata in uno spazio di spettacolo, cultura ed esibizione delle grandi conquiste scientifiche”.
Per lo scrittore e sceneggiatore di successo Maurizio De Giovanni, è inspiegabile come a Napoli si continui “a non puntare sull’industria del pensiero, disorganizzata ma ugualmente fruttuosa. Si guarda spesso a Bagnoli per la creazione di un polo del cinema, un settore che funziona tanto in questa città: è il successo della città che racconta sé stessa. Si lasci che la cultura abbia voce in capitolo. È assurdo che Bagnoli non venga anzitutto presa in considerazione per un’industria culturale di questa città, l’unica che può essere immediatamente produttiva e a costo zero”.
Il commissario straordinario del Governo Francesco Floro Flores si difende dalle accuse di immobilismo che riaffiorano ogni qualvolta si parla di Bagnoli. “In due anni di attività commissariale, insieme ai colleghi di Invitalia, abbiamo fatto la bonifica dei cumuli Morgan, lasciati in giro per l’insediamento del SIN da Bagnoli Futura. Le bonifiche si stanno facendo tutte con una certa velocità. La bonifica sarà realizzata anche in quel pezzetto di area in cui dovrebbe insediarsi il nuovo museo”.
Sulla medesima lunghezza d’onda anche l’Ad di Invitalia Domenico Arcuri. “Ritenere che a Bagnoli non stia accadendo nulla è falso; si consideri poi che fino a luglio 2019 l’area era sequestrata ed era complicato intervenire fattivamente. Il PRARU (Programma di Risanamento Ambientale e di Rigenerazione Urbana, ndr) prevede funzioni d’uso, tempi, risorse e attività da svolgere. Il progetto c’è. In questi anni noi abbiamo fatto 64 gare, avviato 11 cantieri, alcuni dei quali conclusi. Stiamo realizzando la bonifica Eternit. Dire che non è stato fatto niente è ingeneroso. Nei prossimi mesi dobbiamo correre per realizzare i punti del piano; esistono risorse e bisogna utilizzare. Ci tengo a lanciare una parola di concretezza”, ha concluso Arcuri.
Doppio criterio per gli indennizzi alle imprese, che dia maggior sostegno alle attivita’ piu’ colpite dalla pandemia. Ma anche una nuova tranche di aiuti alle famiglie, guardando a sta peggio, con il rifinanziamento di due o tre mensilita’ di Reddito di emergenza. Approvata la richiesta di scostamento da 40 miliardi insieme al Def, il governo e’ gia’ al lavoro per definire il prossimo decreto Imprese perche’, scrivono il premier Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco, questo e’ il momento di “impartire la spinta piu’ decisa all’economia e sostenere con piu’ vigore le fasce maggiormente colpite della popolazione” in modo che tutto il Paese si faccia trovare pronto alle riapertura. I primi tre miliardi di nuovi aiuti alle imprese – 11 in tutto approvati con il decreto Sostegni 1 – sono gia’ stati distribuiti in due settimane a 1 milione di partite Iva e con il prossimo decreto, assicura il premier in conferenza stampa, si cerchera’ ancora di fare veloce ma anche di andare piu’ mirati verso chi ha avuto piu’ difficolta’, abbinando al fatturato i dati sulle perdite effettive che emergeranno dai bilanci. “Naturalmente non si puo’ aver tutto” spiega Draghi: con il fatturato, come si e’ fatto finora, “i tempi sono molto rapidi, con altri parametri” i tempi si allungheranno “di tre o quattro settimane”. Il solo dato del fatturato finora ha consentito all’Agenzia delle Entrate di erogare gli indennizzi rapidamente ma non si e’ rivelato pienamente efficace, come hanno fatto notare anche i principali osservatori istituzionali. Per questo, dice il premier, “il ministero sta pensando ad aggiungere, oltre a quello del fatturato, anche un criterio che riguarda l’utile, l’imponibile fiscale”. Il meccanismo e’ ancora allo studio del Mef, e si registra qualche difficolta’ nel coniugare tempistica ed equita’ dell’intervento: qualcuno ipotizza che sarebbe addirittura necessario anticipare la dichiarazione fiscale, cosa davvero improponibile visto i tempi. Per questo si starebbe valutando anche se introdurre come regime opzionale la possibilita’ di chiedere il calcolo dell’indennizzo con il nuovo metodo. Se si seguisse la via del considerare le effettive perdite che emergono dai bilanci – modello perorato dalla Lega – si potrebbe profilare un nuovo round di ristori sulla base del fatturato (per altri 11 miliardi) che andrebbero in automatico, in sostanza sotto forma di “acconto” mentre con una seconda domanda, una volta approvato il bilancio, l’impresa potrebbe chiedere il ‘saldo’ che vada effettivamente a compensare le perdite. Da vedere, pero’, se non sara’ necessario riclassificare alcuni costi gia’ coperti nel corso del 2020 attraverso una serie di misure – dal taglio degli oneri di sistema delle bollette alla cancellazione per alcuni settori delle rate dell’Imu al credito d’imposta per gli affitti – che peraltro saranno riproposte con il prossimo decreto. L’intenzione resta comunque quella di coprire due mesi, segnati peraltro ancora dalle chiusure per contenere il contagio. L’altro grande capitolo riguardera’ il sostegno della liquidita’: si trattera’ quindi di rifinanziare il Fondo di garanzia per le Pmi, mentre si tenta di alzare da 30mila a 100mila il tetto ai prestiti garantiti dallo Stato, ma anche di prorogare fino alla fine dell’anno le moratorie sui prestiti e di “potenziare gli incentivi alla ricapitalizzazione”.
Fabio Benasso, presidente e amministratore delegato di Accenture Italia, dice che “servono voglia, forza, coraggio per vivere la trasformazione nella quale siamo tutti siamo immersi”. Il momento è quello difficile del covid. Accenture investirà sul capitale umano. Da qui la decisione di puntare sulle Academy per formare i giovani sui nuovi mestieri. E così a Napoli e Cagliari, Accenture ha creato un polo con 2500 giovani che si confrontano a livello internazionale. “Molte multinazionali stanno scoprendo il giacimento di competenze che assicura l’ Italia, dal Nord al Sud. Il capitale umano forse è la vera moneta di scambio che il nostro Paese può giocarsi in questa fase nella qual tutti i Paesi sono alle prese con le medesime difficoltà sul modo di avviare la ripartenza. «Penso alla realizzazione di veri e propri Hub di Innovazione, poli nei quali possiamo offrire non solo competenze, ma anche ambienti favorevoli dal punto di vista delle condizioni, pensiamo anche alla bellezza dei luoghi e alla qualità della vita.
L’economia della conoscenza va costruita sul rapporto aziende-scuola-Università-academy. E il punto di snodo sta diventando sempre di più l’ orientamento. Le Università cosa sono se non piattaforme di aggiornamento. Captano i segnali di cambiamento e li canalizzano verso le competenze da formare. La stessa cosa che stanno vivendo le imprese. Cambiare, continuamente”.
La pandemia ha spinto al ribasso il tasso di occupazione in tutta Europa ma l’Italia ha registrato un calo maggiore della media soprattutto per le donne nonostante il massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali. Secondo i dati Eurostat riferiti al 2020 appena aggiornati, in Italia il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni e’ sceso dal 59% del 2019 al 58,1% a fronte di un calo in Ue dal 68,5% al 67,7%. L’Italia ha il dato assoluto peggiore dopo la Grecia che comunque limita il calo dal 56,5% al 56,3%. Fa peggio invece in termini di variazione annuale media la Spagna il cui tasso di occupazione scende dal 63,3% al 60,9%. Il dato del 2020 non tiene conto delle nuove regole sul calcolo dei lavoratori che non considerano occupate le persone che sono in cassa integrazione da oltre tre mesi. . Per le donne in Italia il calo e’ piu’ ampio, dal 50,1% al 49% (-1,1 punti), a fronte della diminuzione dal 63,1% al 62,5% della media Ue (-0,6 punti). Tra le donne di eta’ compresa tra i 15 e i 64 anni quindi nel 2020 risultava al lavoro meno di una su due, il dato peggiore ancora dopo la Grecia (al 47,5%) ma soprattutto lontanissimo da quello della Germania che secondo i dati provvisori addirittura migliora la percentuale al 73,2%. Se per le donne il divario con la media Ue e’ di 13,5 punti per gli uomini con un tasso di occupazione al 67,2% il gap e’ di 5,7 punti. Questi dati tengono conto del fatto che si sono persi posti di lavoro soprattutto nei servizi e nel lavoro a termine, settori con una piu’ ampia presenza femminile. Nel complesso in Italia nella media 2020 tra i 15 e i 64 anni risultavano occupate 22.223.000 persone con un calo di 464.000 unita’ rispetto al 2019. Nello stesso periodo la Francia ha perso 248.000 posti scendendo a 26,56 milioni di occupati. La Germania ha perso 626,000 occupati, ma con oltre 40 milioni di persone al lavoro. E questo calo si e’ registrato in Italia nonostante il blocco dei licenziamenti e il largo uso degli ammortizzatori sociali, Ma la pandemia ha pesato soprattutto sulla sfiducia. E’ aumentato infatti, guardando ai dati complementari del mercato del lavoro, l’esercito di coloro che si dichiarano disponibili a lavorare ma non si impegnano nella ricerca di un’occupazione e quindi non rientrano nella disoccupazione. Si tratta di 3.045.000 persone tra i 15 e i 74 anni, in aumento di quasi 200.000 unita’ sul 2019, il dato piu’ alto in Europa. Di fatto si tratta di un terzo degli sfiduciati complessivi nell’Ue a 27 (8,6 milioni) che solo in Germania sono circa 1,1 milioni con quasi il doppio degli occupati. L’Italia oltre al primato degli sfiduciati ha anche quello dei Neet, ovvero dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in un percorso di formazione. Tra il 2019 e il 2020 sono passati dal 22,1% al 23,3% delle persone in questa fascia di eta’, il dato peggiore in Ue con 2,1 milioni di persone. Nel 2020 si interrompe la discesa della percentuale dei Neet iniziata nel 2015. E se la disoccupazione in Ue e’ salita dal 6,7% al 7,1% in Italia in media annua si e’ ridotta dal 10% al 9,2% a causa della sfiducia nella possibilita’ di trovare lavoro in questa situazione di emergenza con la rinuncia alla ricerca e l’aumento della platea degli inattivi. La transizione tra disoccupazione e inattivita’ che era al 36,2% nel 2019 e’ salita al 44,5%, dato peggiore in Ue (media Ue a 27 era al 30,1%).