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Cronache

Auto pirata investe e uccide un quattordicenne

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Un quattordicenne e’ stato investito e ucciso a Siracusa da un’auto pirata. Il ragazzo viaggiava su un motorino assieme a un coetaneo che e’ ricoverato in gravi condizioni. L’incidente e’ avvenuto dopo le 19 in via Lazio, a nord di Siracusa. I due sono stati trasferiti immediatamente al pronto soccorso dell’ospedale Umberto I di Siracusa, dove uno dei due e’ deceduto.

Agenti della polizia municipale e poliziotti delle volanti e della squadra mobile stanno cercando di ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente al quale non avrebbero assistito testimoni. La polizia e’ alla ricerca di qualche sistema di videosorveglianza nella zona che possa aver ripreso elementi utili per risalire all’auto pirata. La strada è a senso unico, con uno spartitraffico sulla sinistra e una pista ciclabile sulla destra. L’auto potrebbe aver investito da dietro o potrebbe anche solo averlo sfiorato e avrebbe continuato la sua marcia. Sull’asfalto non ci sono segni di frenata. Se sia stato un incidente autonomo o meno potra’ chiarirlo l’altro 14enne che si trovava a bordo della moto, che ha una cilindrata 300 e dunque non poteva essere guidata dai due minorenni; il ferito adesso e’ ricoverato in ospedale con una frattura.

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Cronache

Blitz ambientalisti in 5 città, acque colorate di verde

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Le acque che all’improvviso diventano verdi, il colore degli ecologisti. E così da Roma a Milano, da Venezia a Torino a Bologna gli attivisti di Extinction Rebellion hanno dato vita a un blitz ambientalista per denunciare “l’ennesimo fallimento politico della Cop28 e dei governi mondiali nel contrastare la crisi climatica e la sesta estinzione di massa”. Nessun pericolo per le acque, si sono affrettati a dire gli eco-attivisti: “la sostanza utilizzata per tingere di verde è fluoresceina, un sale innocuo per le persone e per la flora e la fauna, usato da geologi, speleologi e anche da idraulici”.

A Venezia, mentre il Canal Grande cambiava colore, alcuni ambientalisti si sono calati con corde e imbragatura dal ponte di Rialto esponendo uno striscione con la scritta “Cop28: mentre il governo parla noi appesi a un filo”. Solo due giorni fa erano stati i giovani di Ultima Generazione a prendere di mira la Basilica di San Marco con un lancio di fango liquido misto a cioccolato. Non sono mancati attimi di tensione: mentre centinaia di turisti si accalcavano sulle rive del Canal Grande per fare foto e video dell’acqua verde, un uomo ha preso di mira i dimostranti di Extinction Rebellion condannando la forma di protesta e gridando “con voi altro che il fascismo ci vorrebbe”.

Uno degli ambientalisti ha preso il megafono e ha risposto: “Il governo italiano ha lanciato un allarme rosso contro tutti gli attivisti climatici. Ci chiamano eco vandali e sapete come reagiamo? Fregandocene e venendo qui a lanciare il vero allarme. Venezia sarà una delle prime città al mondo a pagare le condizioni climatiche”. Sul Canal Grande la circolazione è stata bloccata e sul posto sono arrivati anche i sommozzatori dei vigili del fuoco per garantire la sicurezza durante la discesa dal ponte. Ventotto gli eco attivisti fermati e identificati per il blitz a Rialto e, fa sapere il Prefetto di Venezia Michele Di Bari, “non si esclude la possibilità di denuncia per interruzione di pubblico servizio”.

La presenza degli attivisti imbragati e sospesi dal ponte di Rialto ha infatti comportato lo stop della navigazione per un’ora e un quarto. A Milano a diventare verde sono stati i Navigli. Sul ponte Alda Merini è stata appesa la scritta ‘Il governo parla, la terra affonda’. Gli attivisti hanno anche inscenato una sorta di flash mob sdraiandosi a terra con addosso dei cartelli e hanno fatto affondare una casa di carta perché, hanno spiegato in una storia su Instagram, “stiamo letteralmente affondando”. Anche il Tevere, a Roma, si è colorato di verde. Il blitz è avvenuto all’altezza dell’Isola Tiberina.

“Respira e poi ribellati con noi”, la scritta sui volantini distribuiti ai passanti incuriositi affacciati sui ponti che hanno scattato foto. A Bologna alcuni canotti sono stati rilasciati nel canale del Reno, noto come la ‘Piccola Venezia’, che passa in centro città e su cui si affaccia la famosa finestrella di via Piella, star di Instagram. Sulla riva del Guazzatoio, oggi aperta al pubblico, gli attivisti hanno atteso l’intervento delle forze dell’ordine con un piccolo presidio. L’ultima città ad essere stata presa di mira è Torino: una quindicina di attivisti ha raggiunto le rive del Po lungo i Murazzi e ha gettato la fluorescina per poi srotolare lo stesso striscione esposto a Milano dal ponte della Gran Madre. E anche qui gli attivisti hanno utilizzato una casetta di legno ancorata sul fiume, a rappresentare le conseguenze della crisi ecoclimatica.

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Zaki, sono vivo grazie all’Italia e alla solidarietà

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“So benissimo che se sono qui è per la grande solidarietà del popolo italiano e per il sostegno internazionale. A questo devo la vita. I politici e i governi non sono proattivi, agiscono se è la cittadinanza dal basso che fa pressioni. Sì, è vero, si è parlato alla Camera e al Senato del mio caso, ma perché c’era una pressione dal basso”.

Lo ha detto Patrick Zaki in un evento all’Auditorium della Nuvola dell’Eur a Roma che chiude il sabato di Più Libri più Liberi. “Il carcere è una ferita che non passa mai”, “chiunque abbia avuto la mia sorte e lavora nella difesa dei diritti umani ha il timore o di essere detenuto di nuovo o di tornare in quella piccola cella. È inesorabile che ti poni un sacco di domande. Non sono lo stesso uomo che è entrato la dentro, quell’esperienza ha cambiato il mio modo di pensare” ha raccontato Zaki in dialogo con Pegah Moshir Pour e Marianna Aprile in occasione dell’uscita del suo libro ‘Sogni e illusioni di libertà. La mia storia’ (La nave di Teseo). “Ogni giorno c’è qualcosa di piccolo, banale, ovvio che ti fa sentire la paura di ritornare in galera. Ora non riesco a stare in un luogo dove non vedo una finestra. Un odore, qualche cosa che sento può ricondurmi a quello, alla piccola cella al Cairo. Il carcere è una ferita. So che il mio non è un riprendere da dove ero partito, ma un riadattarsi”.

Zaki ha anche raccontato di essere sempre rimasto in contatto con i compagni di prigionia, con i loro familiari. “Cerco di seguire le notizie di scarcerazioni. In questo momento non è facile perché tutti i fari sono puntati su quello che succede nelle guerre e il numero delle scarcerazioni diminuisce. Io ne faccio un compito quotidiano di scrivere lettere ai miei compagni di prigione. Io che ci sono stato dietro le sbarre so che la peggiore sensazione è quella di essere dimenticati. È questa la paura. Mia madre in questo mi ha molto aiutato, perché mi ha sempre informato di quello che accadeva e questo mi ha dato la forza di resistere. Sotto questo profilo sono stato fortunato. Per questo mi consumo a scrivere e parlare dei prigionieri di coscienza nel mio Paese” spiega. Superato anche il senso di colpa verso la sua famiglia alto borghese che non aveva tradizioni di impegno politico. “La mia famiglia non era particolarmente politicizzata.

Il timore che si cominciasse a esercitare pressioni su di loro era grande. Se non avessi avuto la forza che ho avuto grazie al popolo italiano potrei raccontare una storia diversa, il familiare licenziato o altro. Credo di essere riuscito a fare progressi sul piano personale, ma mi chiedo ancora se potrà succedere qualcosa alle persone che mi stanno intorno. E pensate cosa vuol dire essere madre di un detenuto” dice. E aggiunge: “Il mio sistema di supporto sono le donne. La mia rete quando erano in galera sono state mia madre, mia sorella, la mia fidanzata che ora è mia moglie. In Italia la pietra angolare della mia scarcerazione è stata Rita Monticelli, è lei che mi ha mantenuto viva l’attenzione”.

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Uccide padre per errore, accusato di omicidio volontario

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Avrebbe organizzato con il padre e un amico un’aggressione contro due persone nelle campagne di San Marzano, in provincia di Taranto. E durante la discussione, dopo aver estratto una pistola per sparare contro i due rivali, ha ferito per errore suo padre a una coscia, uccidendolo. È accaduto la sera del 7 dicembre nelle campagne di San Marzano, per questioni legate all’utilizzo dei cavalli da traino nella festa di San Giuseppe. Con l’accusa di omicidio volontario è stato fermato dai carabinieri il 27enne Angelo D’Angela, l’uomo che avrebbe esploso il proiettile che ha ferito per errore alla gamba il 59enne Antonio, che è poi morto dissanguato.

Fermato anche il 42enne Massimiliano Papari che avrebbe partecipato all’aggressione. Quest’ultimo è accusato di concorso in omicidio. Alla base della presunta spedizione punitiva ci sarebbero vecchi dissidi legati all’utilizzo dei cavalli che la vittima, titolare di un’azienda agricola, allevava. La discussione sarebbe iniziata al circolo dei carrettieri che partecipa all’organizzazione del tradizionale corteo e sarebbe proseguita in un secondo momento in contrada Principe. È qui che la lite sarebbe degenerata fino a quando Angelo D’Angela ha deciso di sparare.

Alle due persone affrontate i D’Angela e Papari addebitavano la responsabilità di un incendio doloso avvenuto l’estate scorsa in un terreno degli stessi D’Angela a cui fu incendiato un camion. Il confronto è proseguito a parole fino al momento della sparatoria. Il proiettile esploso dal 27enne, però, non ha raggiunto il bersaglio al quale mirava, ma ha ferito alla coscia sinistra suo padre, recidendo l’arteria femorale. D’Angela è morto dissanguato nonostante il tentativo del figlio di salvarlo, trasportandolo all’ospedale Giannuzzi di Manduria.

Qui i medici hanno fatto il possibile per aiutarlo ma non c’era più nulla da fare. La salma è stata posta sotto sequestro in attesa dell’autopsia. Il figlio è stato da subito interrogato dagli investigatori che hanno anche sentito altri parenti. Secondo il pm Francesco Ciardo, il 27enne, pur sparando contro un’altra persona, aveva comunque intenzione di uccidere, anche se il colpo, nella concitazione degli eventi, ha raggiunto suo padre che non era il suo reale obiettivo. Da questa circostanza nasce l’accusa di omicidio volontario.

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