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Aumentano i casi di dengue in Brasile, si teme nuova epidemia di febbre anche emorragica: 14 morti e quasi 95 infetti

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Non accenna a diminuire, in Brasile, la preoccupazione per la dengue, una malattia trasmessa dalla zanzara Aedes aegypti che ogni anno miete numerose vittime nel Paese sudamericano: in base all’ultimo bollettino epidemiologico del ministero della Sanita’ locale, il numero di casi probabili di dengue – quelli che sono stati notificati al dicastero dai singoli Stati – e’ cresciuto del 19% nelle prime cinque settimane dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019. In particolare, sono stati segnalati 94.149 casi probabili fino alla quinta settimana dell’anno, rispetto ai 79.131 dello stesso periodo dell’anno scorso. Dall’inizio del 2020, c’e’ stata la conferma che almeno 14 persone sono morte di dengue in Brasile. Il tutto mentre la maggiore economia dell’America Latina registra anche i primi due casi confermati del nuovo coronavirus.

Il confronto delle morti per dengue con il 2019 e’ ancora incerto, poiche’ i numeri possono ancora cambiare in modo significativo all’arrivo dei risultati delle analisi di laboratorio e quando Stati e Comuni inviano i loro rapporti al ministero. I dati dell’ultimo bollettino, ad esempio, non calcolano ancora i casi e i decessi registrati a livello locale a febbraio. In compenso, il governo di Jair Bolsonaro sta già lavorando con uno scenario di aumento dei casi di dengue per quest’anno, mentre alcuni Comuni e Stati in tutta la nazione hanno dichiarato lo stato di allerta per una possibile epidemia di dengue, che viene cosi’ definita quando vi è un tasso di 300 casi confermati di malattia per ogni 100 mila abitanti. Per ora, gli Stati che hanno registrato il maggior numero di casi di dengue sono Acre, Mato Grosso do Sul e Paranà.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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