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Cronache

Attentato a caserma dei Carabinieri, escluso terrorismo

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L’attentato incendiario alla caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, nel Mugello, la notte del 13 gennaio ha avuto finalità politica ma non terroristica, e poiché l’anarchico Antonio Recati, 30 anni, lo ha effettuato evadendo dagli arresti domiciliari dopo aver manomesso il braccialetto elettronico – che non ha dato nessun segnale di allarme -, la giudice Angela Fantechi di Firenze ha ordinato la custodia cautelare in carcere. Così l’esito dell’udienza di convalida del fermo che ha portato in carcere il 30enne pratese. L’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere. Recati è accusato di tentato incendio. Per dare fuoco alla caserma, ricostruisce la giudice, ha raggiunto Borgo San Lorenzo con l’auto della madre e poi ha fatto rifornimento di sei litri di benzina, messa in bottiglie, quindi infilate in una busta. La benzina Recati l’avrebbe presa in un distributore delle vicinanze, dove una telecamera lo ha inquadrato, e poi l’ha appiccata ai piedi del portone dei carabinieri. La giudice esclude il pericolo di fuga, ma teme che ci sia pericolo di reiterazione di reati simili a quelli che si ricavano dai processi in cui è coinvolto Recati “per fatti analoghi e recenti” e per la sua “adesione sistematica ad un sistema di protesta che si attua in forma violenta e pericolosa per l’incolumità pubblica”.

Perciò applica la custodia in carcere. Recati era ai domiciliari con braccialetto elettronico per un attentato a una galleria dell’Alta Velocità dell’8 agosto 2023 ed è stato condannato in abbreviato a 2 anni di reclusione per sei attacchi incendiari sulla linea dell’Alta velocita Firenze-Bologna, sempre del Mugello, avvenuti tra agosto e dicembre 2022 e per questi venne arrestato. Per tali fatti era stata esclusa l’aggravante del terrorismo così come avviene anche per questo attacco incendiario alla caserma dei Cc di Borgo. Per la gip, che mette in luce l’appartenenza di Recati ad ambienti anarchici, nell’attentato “non risulta accertata in modo convincente la finalità di terrorismo che – sottolinea – è costituita dalla volontà di sovvertire l’ordine costituzionale dello Stato”; pertanto “in assenza dell’aggravante” di terrorismo “non sussistono i limiti di pena previsti per l’esecuzione del fermo, che non può essere convalidato”.

Inoltre, Recati è stato lucido nell’organizzare l’attentato ma sapendo di suoi passati gesti autolesionistici, la gip Fantechi ha chiesto al carcere di Sollicciano l’osservazione psichiatrica unita all’alta sorveglianza. Infine, su sollecitazione dei difensori, avvocati Letizia Bertolucci e Michele Passione, il 30enne sarà sottoposto a controlli medici. L’incendio non è stato banale e ha colpito un edificio che si fregia di una facciata in liberty dell’artista Galileo Chini (1873-1956), un protagonista di quello stile. “La condotta dell’indagato era idonea a creare un vero e proprio incendio”, poi spento dal piantone e dai militari corsi dagli alloggi. Danneggiati portone e facciata, esplosi in modo pericoloso i circuiti elettrici del videocitofono. E ancora: il braccialetto elettronico non ha dato allarme quando Recati è evaso da casa; ora emerge che dal luglio 2024 i carabinieri di Borgo hanno effettuato 69 interventi per il malfunzionamento, cinque volte lo hanno sostituito. Nel pomeriggio del 13 gennaio i carabinieri, in piena indagine, hanno trovato il braccialetto rotto al cinturino ma rinsaldato con la colla. Per la giudice le anomalie nel funzionamento del braccialetto sono altri indizi, che portano a ipotizzare che l’indagato volesse pure precostituirsi un alibi.

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Cronache

Cedu, ‘Italia riformi le visite ispettive fiscali in azienda’

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L’Italia deve riformare la legislazione e la prassi che regolano le ispezioni e verifiche fiscali nelle sedi di aziende e luoghi usati per attività professionali, perché attualmente le autorità dispongono di un potere discrezionale illimitato per quanto riguarda la portata e le condizioni di queste misure. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di 13 aziende, situate a Foggia o nei comuni vicini, con le ispezioni condotte dalla Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate nei loro locali che hanno implicato l’esame, la riproduzione e il sequestro di numerosi documenti.

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Cronache

La fabbrica dei dossier a Torino: il caso che scuote la magistratura

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Una vera e propria fabbrica dei dossier per colpire magistrati e investigatori della Procura di Torino è finita sotto la lente d’ingrandimento della magistratura milanese. Un’inchiesta delicata, avviata nel gennaio 2023, che ha portato alla luce un tentativo sistematico di screditare pubblici ufficiali attraverso esposti anonimi, calunnie e fughe di notizie coperte da segreto d’ufficio.

L’inizio delle indagini: la lettera di Anna Maria Loreto

Tutto parte da una comunicazione ufficiale dell’allora Procuratrice di Torino, Anna Maria Loreto, ai colleghi di Milano. Nella missiva, classificata come “trasmissione atti per competenza”, vengono segnalati otto dossier anonimicontenenti accuse contro magistrati e investigatori impegnati in delicate indagini su sanità, appalti pubblici, politica e amministrazione locale.

A finire nel mirino del cosiddetto “corvo” che si aggira sulla Procura di Torino è il magistrato Gianfranco Colace, insieme al colonnello dei carabinieri Luigi Isacchini, entrambi impegnati in inchieste di forte impatto.

A partire da questa segnalazione, la sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano ha avviato un’indagine approfondita, che ha portato all’identificazione di un primo sospettato: Giovanni Carella, investigatore torinese di 35 anni.

Le accuse a Carella: il codice IMEI lo incastra

Le indagini hanno rivelato che Carella avrebbe trasmesso alcuni dossier falsi a un ampio numero di destinatari istituzionali: procuratori, ministeri, alti ufficiali dei carabinieri, della Guardia di Finanza e della DIA. Tuttavia, gli investigatori hanno accertato che non avrebbe agito da solo.

A incastrarlo sarebbe stato il codice IMEI del suo telefono, che ha permesso di collegare l’invio di una delle email anonime alla cella telefonica corrispondente alla sua residenza. Una prova schiacciante che ha portato ieri alla richiesta di rinvio a giudizio per calunnia.

Le false accuse ai magistrati: un attacco mirato

I dossier anonimi attribuivano al pm Colace una serie di presunti illeciti, tutti smentiti dagli accertamenti della magistratura milanese. Tra le accuse più gravi:

  • Favori illeciti ai propri parenti attraverso consulenze pilotate
  • Manipolazione delle indagini per avvantaggiare amici e imprenditori locali
  • Acquisto e ristrutturazione della casa con finanziamenti irregolari
  • Uso gratuito di Sky-Box all’Allianz Stadium
  • Copertura di un maresciallo coinvolto in un misterioso furto di hard disk

Le indagini hanno dimostrato che tutte queste accuse erano infondate e frutto di un’operazione mirata a screditare Colace e gli investigatori che collaboravano con lui.

Dossier con informazioni segrete: chi ha fatto filtrare i documenti?

Un elemento particolarmente inquietante emerso dall’inchiesta riguarda il contenuto degli esposti anonimi, che oltre alle accuse false contenevano informazioni riservate, accessibili solo a pochi funzionari interni al palazzo di giustizia.

Tra i documenti sottratti illegalmente figurano:

  • Fascicoli segreti su un’indagine ormai archiviata riguardante un ex comandante del NAS di Torino
  • Bozze di annotazioni interne alla polizia giudiziaria

Questo aspetto lascia supporre l’esistenza di una rete di complici all’interno delle istituzioni, che avrebbero fornito a Carella materiali coperti da segreto d’ufficio.

Un clima di tensione: magistrati e carabinieri sotto attacco

L’intera vicenda ha creato un clima pesante all’interno della Procura di Torino. In un episodio emblematico, un anonimo avviso fu recapitato alla giudice per le indagini preliminari Lucia Minutella, che doveva occuparsi dell’udienza preliminare di un’inchiesta su Bigliettopoli. Il messaggio conteneva una chiara insinuazione:

“Attenzione, Colace è un problema”

Un episodio che dimostra come l’intera macchina del fango fosse ben orchestrata e volta a influenzare le dinamiche interne della magistratura torinese.

Chi ha aiutato Carella? La pista degli “incaricati di pubblico servizio”

Sebbene le indagini abbiano già portato alla richiesta di rinvio a giudizio per Carella, gli inquirenti sono ancora al lavoro per identificare tutti coloro che hanno partecipato alla diffusione di informazioni riservate.

Nel fascicolo di Milano si legge chiaramente che a fornire supporto al sistema dei dossier anonimi sarebbero stati “incaricati di pubblico servizio”, figure interne alle istituzioni che potrebbero aver giocato un ruolo chiave nella diffusione delle calunnie.

Conclusioni: un tentativo di destabilizzazione della giustizia

L’inchiesta milanese sta facendo luce su un sistema di attacchi orchestrati contro magistrati e investigatori impegnati in inchieste sensibili.

Se confermato, il tentativo di delegittimare la Procura di Torino con un sistema di calunnie e fughe di notizie riservaterappresenterebbe un grave attacco all’indipendenza della magistratura e alle istituzioni giudiziarie italiane.

Il rinvio a giudizio di Carella è solo il primo passo: l’inchiesta continua per individuare tutti i responsabili di questa oscura operazione. Per tutti gli indagati vale il principio costituzionale della innocenza di qualunque indagato fino al terzo grado di giudizio.

 

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Cronache

Michele Criscitiello, tra polemiche e squalifiche: il precedente del dicembre 2024

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La recente vicenda del licenziamento in diretta televisiva di Manuel Parlato, avvenuto senza preavviso durante una trasmissione su Sportitalia, ha acceso un nuovo faro sul comportamento spesso sopra le righe di Michele Criscitiello (foto Imagoeconomica), giornalista, editore televisivo e presidente della Folgore Caratese. Tuttavia, questa non è la prima volta che il personaggio finisce al centro di polemiche per atteggiamenti discutibili.

Uno dei precedenti più eclatanti risale al dicembre 2024, quando la Procura della Lega Nazionale Dilettanti lo ha duramente sanzionato per il caos scoppiato durante una partita tra la sua squadra, la Folgore Caratese, e il Club Milano.

Squalifica e accuse gravi: insulti razzisti e rissa in campo

Le accuse mosse dalla Lega Nazionale Dilettanti nei confronti di Criscitiello sono state pesantissime. Secondo il verdetto:

  • Multa di migliaia di euro per la società
  • Due giornate a porte chiuse per la squadra
  • Squalifica di un anno e mezzo per Criscitiello

Ma cosa sarebbe accaduto quel giorno sul campo?

Secondo la ricostruzione della Procura sportiva, il presidente della Folgore Caratese avrebbe insultato l’arbitro Wael Abu Ruqa, della sezione di Roma 2, con espressioni offensive e discriminatorie a sfondo razziale. Inoltre, avrebbe seguito l’arbitro fino allo spogliatoio cercando di farlo cadere e colpendo la porta con tre pugni in segno intimidatorio.

E non è tutto: al termine della partita, Criscitiello avrebbe sputato su alcuni calciatori avversari mentre lasciavano il terreno di gioco, scatenando una rissa tra i tesserati delle due squadre.

La replica di Criscitiello: “Accuse inventate, è un colpo basso”

Di fronte alla squalifica, Criscitiello ha immediatamente respinto ogni addebito, sostenendo che le accuse sarebbero state montate ad arte per danneggiarlo.

“Sono falsità, tutte documentate, è un colpo basso di Gravina nei miei confronti”, ha scritto sui social, riferendosi al presidente della FIGC, Gabriele Gravina, con cui ha spesso avuto attriti.

Secondo Criscitiello, la squalifica sarebbe stata un’azione ritorsiva per le sue critiche nei confronti della gestione federale, portate avanti sia attraverso Sportitalia che sui social media.

“La battaglia mediatica nei confronti di Gravina e della FIGC si è spostata dalla TV al campo di calcio. La Federazione per la prima volta squalifica un non tesserato (io) con accuse infondate. Inammissibile”, ha scritto su X (ex Twitter).

Un personaggio divisivo tra giornalismo e gestione sportiva

Questo episodio, così come il licenziamento di Manuel Parlato in diretta, conferma come Criscitiello sia un personaggio controverso, capace di attirare l’attenzione per il suo atteggiamento provocatorio e spesso aggressivo.

La sua doppia veste di giornalista sportivo ed editore da un lato, e di presidente di una squadra di calcio dilettantistica dall’altro, lo pone spesso in conflitti di interesse e situazioni scomode.

Quello che emerge, però, è un modus operandi che si ripete: dalle accuse di razzismo e violenza sui campi dilettantistici, alla gestione autoritaria della sua emittente, fino alla decisione di licenziare un giornalista in diretta senza preavviso.

La domanda che sorge spontanea è: dove finisce la provocazione e dove inizia il problema? 

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