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Attacco a Capitol Hill, arrestato Steve Bannon

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“Abbatteremo il regime di Joe Biden, voglio che restiate concentrati su quello che stiamo facendo ogni giorno… questo e’ tutto rumore”: usa toni di sfida l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon mentre si consegna all’Fbi, tre giorni dopo essere stato incriminato per oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di collaborare all’indagine parlamentare sull’assalto al Capitol del 6 gennaio, quando i fan di Donald Trump violarono il tempio della democrazia americana per impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. E alza i toni ancora di piu’ dopo essere stato rilasciato in liberta’ vigilata in attesa della prima udienza, fissata per giovedi’: “Non cedero’, hanno preso la persona sbagliata… Siamo stanchi di giocare in difesa, ora giocheremo all’attacco”, sbotta, accusando il ministro della giustizia Merrick Garland, la speaker della Camera Nancy Pelosi e il presidente Joe Biden di aver voluto la sua incriminazione. Un messaggio che vuole far rimbalzare soprattutto nei media e nei social di destra, presentandosi in qualche modo come un martire e mobilitare la base trumpiana. Anche in vista delle elezioni di Midterm del 2022, dove i candidati repubblicani hanno gia’ il maggior vantaggio nelle preferenze di voto degli ultimi 40 anni, secondo un sondaggio di Abc News e Washington Post. Fa comunque un certo effetto vedere uno degli uomini piu’ potenti e inquietanti della presidenza Trump finire arrestato e processato per aver offeso il parlamento. In tribunale rischia da un mese a un anno per ciascuno dei due capi di imputazione contestati: il primo per non aver testimoniato, il secondo per non aver consegnato i documenti richiesti. Reati per i quali non puo’ confidare, almeno per ora, in quella grazia che Trump gli aveva concesso dopo che era stato accusato di truffa e riciclaggio per aver usato a scopi personali i soldi raccolti a favore del muro col Messico.

L’incriminazione inoltre serve come monito per gli altri ex collaboratori del tycoon che negano la loro cooperazione alla commissione della Camera che sta indagando sull’attacco al Capitol, come hanno sottolineato il presidente Bennie Thomson e la sua vice Liz Chaney, una dei pochi repubblicani anti Trump: “L’incriminazione di Bannon dovrebbe mandare un chiaro messaggio a chiunque pensi di poter ignorare la commissione o tentare di ostacolare la nostra indagine: nessuno e’ al di sopra della legge”. Il prossimo della lista potrebbe essere l’ex capo dello staff Mark Meadows. I deputati-inquirenti pensano che Bannon ed altri ex esponenti dell’entourage di Trump possano avere informazioni sui legami tra la Casa Bianca e la folla che invase il Capitol, sospettando un’azione preordinata e concertata. Nel caso dell’ex stratega del tycoon hanno citato i suoi commenti alla radio alla vigilia dell’assalto, quando disse “domani si scatenera’ l’inferno”. Ma molti ex collaboratori per ora si trincerano dietro al privilegio esecutivo che Trump ha invocato per bloccare deposizioni e documenti, ottenendo nei giorni scorsi una temporanea vittoria legale in una vicenda che tuttavia e’ destinata a trascinarsi (con tempi lunghi) alla Corte suprema. La commissione inquirente, che ha gia’ interrogato oltre 150 persone, sta accelerando per concludere l’indagine entro le elezioni di Midterm del prossimo autunno.

Per due motivi: il primo e’ per il timore dei democratici di perdere il controllo della Camera a favore dei repubblicani, che potrebbero cosi’ seppellire i lavori; il secondo e’ per presentarsi al voto possibilmente con nuove accuse contro Trump, dopo la sua assoluzione nel secondo processo di impeachment. Senza escludere, secondo alcuni analisti, la sezione terza del 14esimo emendamento, che con un voto di maggioranza semplice puo’ bandire dai pubblici uffici un funzionario esecutivo coinvolto “in insurrezione o ribellione” contro la costituzione. Per questo la commissione ha emesso una raffica di mandati di comparizione per gli esponenti del cerchio magico di Trump: tra loro l’ex consigliere Stephen Miller e l’ex portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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