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Atalanta show, Milan umiliato a Bergamo: Pioli vicino all’esonero

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Zapata non c’è da ottobre ma non se ne sente la mancanza, a Piatek (subentrato tra il secondo e il terzo gol nerazzurro) viene preferito l’evanescente Leao e il Milan, privo degli squalificati Hernandez e Paquetà, finisce travolto. Senza i centravanti titolari domina l’Atalanta, e lo fa con un pokerissimo che umilia i rossoneri di Pioli: finisce 5-0 per la squadra che segna di piu’, grazie alla doppietta di Ilicic, condita dalle chicche di Gomez in avvio, dell’ex Pasalic a inizio ripresa e di Muriel nel finale. Una cinquina incartata sotto l’albero di Natale col fiocchetto di un gioco enormemente piu’ qualitativo e quantitativo dai bergamaschi, in kit Christmas Edition verde col profilo di Bergamo Alta sul petto. Gasperini chiude l’anno al top, quinto posto e gli ottavi di Champions conquistati. In avvio bastano 43 secondi a Ilicic per impegnare Donnarumma, rientrando sul destro dal vertice sinistro in asse con Malinovskyi e Gomez, trequartisti alle sue spalle col solo argentino deputato ad avanzare verso la fascia mancina. Al 6′ Suso prova a suggerire nel nulla tra le linee, soluzione poi adottata da Calhanoglu (25′) proprio per lo spagnolo e parimenti senza esito. Al 9′ Bonaventura cambia campo per Suso che evita Djimsiti ma ciabatta di destro in bocca a Gollini da posizione defilata. A sbloccarla durante il forcing iniziale ci pensa il Papu, che riceve dallo sloveno, converge dalla sinistra, fa fuori Conti con finta e tunnel e insacca sotto il sette opposto. Raddoppio sfiorato tra 15′ e 16′: Pasalic da fuori scheggia la parte alta del montante dopo un’azione insistita di Gosens prima e Gomez dopo rinviata corta dalla difesa, quindi Ilicic punta Rodriguez e Romagnoli per sganciare il mancino centrale. Rari e poco ficcanti i break rossoneri. Al 18′ Musacchio sfiora appena con la tempia sul traversone a rientrare di Suso, che al 22′ prova lo scavetto per Conti, anticipato da Gollini in uscita. Nulla da fare nemmeno per la botta secca da fuori (alta) di Rodriguez e per il destro dalla distanza del turco servito da Kessie (35′). Al 40′ deve tuffarsi di nuovo per dire di no al sinistro di Ilicic, servito da Gomez; nemmeno 60 secondi e Pasalic ci prova con un tacco pretenzioso che s’impenna (preda di Donnarumma) sul corner dello sloveno da sinistra. Nella ripresa Pioli, sempre più a rischio esonero,  lascia fuori Rodriguez a favore di Calabria e Castagne a momenti bissa, calciando al volo (5′) appena sopra la traversa sul cross di Gosens di esterno. La difesa milanista fa acqua e sul contrasto vinto con Conti e’ Malinovskyi a infilarsi tra lui e Musacchio (7′) sparando a lato dal limite col destro, non certo il piede preferito. Al 14′ l’ucraino mette in mezzo dal lato corto, girata di Ilicic e deviazione di Bonaventuta in fallo di fondo non vista dalla terna. Il Milan finisce comunque stordito dall’uno-due dei locali, inserendo vanamente Piatek per Bonaventura tra un gol e l’altro: Pasalic spunta sul tiro-cross di Gosens col destro per l’allungo vincente davanti al vertice sinistro dell’area piccola e in seguito serve col filtrante Ilicic, che si smarca trafiggendo Donnarumma di destro dall’area con una botta a mezz’altezza sul palo lontano. Al 27′ cala anche il poker, ancora con il numero 72 che su schema da punizione a due (conquistata in proprio, fallo di Romagnoli) con Gomez avanza oltre la trequarti destra e da 25 metri scaglia una bomba morbidissima a scendere sotto l’incrocio opposto. Al 36′, dopo la standing ovation concessa al doppiettista (entra Muriel), potrebbe essere schiaffo a cinque dita, non fosse per il doppio salvataggio di Donnarumma di piede e Calabria di testa per opporsi Castagne (piede e fronte piena sul tap in), liberato dallo scatenato Gosens. La manita arriva lo stesso col colombiano, che al 38′ evita anche Donnarumma, uscito intempestivamente fuori area su un rilancio difensivo ma perdente nel dribbling col numero 9 di casa. Poco dopo potrebbe esserci il sesto sull’asse Djimsiti-Gosens, ma stavolta Donnarumma fa il suo; nel finale ci prova Kessie girandosi sul sinistro sull’angolo da sinistra di Calhanoglu, ma la difesa si rifugia di nuovo in corner.

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Baseball: Juan Soto ai Mets, 15 anni per 765 milioni di dollari

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La superstar del baseball dominicano Juan Soto ha accettato di unirsi ai New York Mets con un contratto record della durata di 15 anni ed un compenso di 765 milioni di dollari. Sia ESPN che il sito web ufficiale della Major League Baseball hanno riportato la notizia. E’ il contratto più ricco nella storia dello sport professionistico nordamericano. Eclissa quello da 700 milioni di dollari in 10 anni che i Los Angeles Dodgers hanno firmato con la star giapponese Shohei Ohtani l’anno scorso. Secondo ESPN il contratto di Soto con i Mets potrebbe in realtà valere più di 800 milioni, bonus compresi. Soto, nativo di Santo Domingo, segna un momento cruciale per la franchigia del Queens, che, accarezzato nella scorsa stagione il sogno di tornare alla World Series per la prima volta dal 2015, punta adesso a costruire una squadra in grado di contendere il titolo per le prossime stagioni.

Soto, 26 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, è un battitore di straordinarie abilità e intelligenza. Dopo aver debuttato a 19 anni e 207 giorni il 20 maggio del 2018 con i Washington Nationals, Soto ha vinto 5 Silver Slugger Award, un titolo di battuta (nel 2020), e per 4 volte ha ricevuto la convocazione per l’All-Star Game. Nel 2019 ha vinto, da protagonista, una World Series con i Washington Nationals e, tra 2021 e 2024, è finito per due volte nella top-3 MVP, della National League prima e dell’American League poi. Nella stagione appena conclusa è stato determinante nel primo titolo in 15 anni conquistato dai New York Yankees (il pennant American League), piegando i Cleveland Guardians a suon di fuoricampo (3 in cinque partite), l’ultimo dei quali determinante nella decisiva gara cinque.

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Esteri

La caduta di Assad e il dilemma dell’Iran sempre piùà debole in un Medio Oriente in trasformazione

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A 1.696 chilometri di distanza, a Teheran, i mullah osservano con sgomento l’inaspettata avanzata dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Damasco. La scena dei miliziani che entrano nella residenza presidenziale di Bashar al-Assad, scattando selfie tra le sue lussuose auto sportive, è un’immagine simbolica del collasso di uno degli ultimi bastioni dell’alleanza sciita in Medio Oriente. Fonti vicine ai funzionari iraniani descrivono un’atmosfera di shock e presagio tra i leader della Repubblica Islamica.

L’Iran, che per anni ha sostenuto Assad con soldi, milizie e supporto strategico, si trova ora a fare i conti con la perdita del suo unico alleato arabo sciita. La caduta del regime di Assad rappresenta per Teheran la terza sconfitta regionale dopo il ridimensionamento di Hamas e Hezbollah da parte di Israele, un colpo pesante per l’asse della resistenza contro il nemico storico: Israele.

Il ruolo dell’Iran e il cambio di strategia

Durante il culmine della guerra civile siriana, l’Iran e la Russia hanno giocato ruoli complementari nel mantenere in vita il regime di Assad. Teheran ha inviato i suoi migliori generali, tra cui il leggendario Qassem Soleimani, e ha schierato Hezbollah per sostenere l’esercito siriano. Ma gli ultimi mesi, segnati dalla guerra a Gaza e dal crescente isolamento, hanno visto indebolirsi questo sodalizio.

Con l’avanzata dell’Hts, l’Iran ha dapprima promesso sostegno totale ad Assad, per poi cambiare tono nelle ultime ore. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha parlato di un “approccio adeguato”, segno di una possibile ritirata strategica. Secondo indiscrezioni, l’Iran avrebbe già negoziato con Hts garanzie per la protezione dei siti religiosi sciiti e un’uscita sicura delle proprie truppe dalla Siria.

Gli scenari futuri per Teheran

La caduta di Assad pone l’Iran di fronte a un bivio:

  1. Accettare un Medio Oriente senza influenza iraniana: Un simile scenario rappresenterebbe un colpo ideologico devastante per la Repubblica Islamica, ma potrebbe facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, specialmente su questioni legate al programma nucleare.
  2. Adottare una linea radicale: La paura dell’Occidente è che l’Iran, spinto dai falchi del regime, possa rivedere la sua dottrina nucleare fino a sviluppare un’arma atomica, nel tentativo di recuperare peso geopolitico in un Medio Oriente sempre più frammentato.

Un Medio Oriente in trasformazione

La presa di Damasco da parte dell’Hts non è solo la caduta di un regime, ma anche il simbolo di un nuovo equilibrio geopolitico. Per l’Iran, significa un’erosione del suo ruolo storico nella regione. Per il mondo, è un segnale di instabilità in un’area già segnata da conflitti e rivalità secolari.

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Esteri

Siria: il ritorno di Al-Jolani e il futuro incerto di un Paese frammentato

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Un anno fa, Abu Mohammed al-Jolani si presentava al mondo come un leader trasformato, lontano dall’immagine del jihadista qaedista che inneggiava all’11 settembre. Ora, tornato nel quartiere damasceno di Mazzeh dove è cresciuto, si inginocchia e bacia la strada, ma lascia aperte molte domande: sarà un pragmatico leader locale o un ritorno al jihadismo globale?.

Il suo movimento, l’Hayat Tahrir al-Sham (Hts), si è evoluto negli ultimi anni, distanziandosi dalla retorica globale dell’Isis per concentrarsi su un’agenda locale. Tuttavia, il gruppo resta una presenza controversa, al centro di tensioni politiche e militari che attraversano la Siria.

Un puzzle di alleanze e conflitti

La Siria di oggi è una realtà frammentata, con una moltitudine di attori e interessi contrastanti:

  • Hts: Da erede di Al-Nusra, il gruppo ha cercato di rimodellarsi come una forza politica e militare pragmatica. Ha unito diverse fazioni ribelli, consolidando il controllo su territori strategici come Idlib e gestendo il confine turco di Bab al-Hawa, fondamentale per il passaggio degli aiuti umanitari.
  • Esercito Nazionale Siriano (Ens): Sostenuto dalla Turchia, l’Ens è accusato dall’ONU di crimini di guerra e continua a combattere contro Assad, i curdi siriani del Ypg e, talvolta, lo stesso Hts. Tra i suoi ranghi vi sono combattenti arabi e micro-formazioni di mercenari islamisti.
  • Forze Democratiche Siriane (Fds): Predominantemente curde, le Fds controllano il Nord-Est della Siria, con il supporto americano negli anni della lotta all’Isis. Hanno consolidato le loro posizioni in risposta all’avanzata di al-Jolani, temendo nuovi attacchi.

L’evoluzione dell’Hts e il ruolo di al-Jolani

L’Hts è riuscito a costruire un governo nei territori che controlla, il Governo di Salvezza Siriano, offrendo una relativa sicurezza e amministrazione. Grazie ai finanziamenti dei Paesi del Golfo e a una strategia politica abile, al-Jolani ha consolidato alleanze e preparato un’offensiva che ha portato il suo movimento al centro delle dinamiche siriane.

Secondo Joshua Landis, esperto dell’Università dell’Oklahoma, «al-Jolani si è dimostrato un politico abile, capace di rimodellare il suo gruppo e stringere nuove alleanze». Tuttavia, molti osservatori restano scettici, definendo il pragmatismo dell’Hts come una semplice maschera tattica.

Un futuro incerto

Dopo tredici anni di guerra, la Siria resta un puzzle difficile da comporre. Il Paese è diviso tra fazioni rivali e influenze esterne, con le minoranze cristiane, armene, alawite e sciite che temono per il loro futuro. La domanda centrale, però, resta: che ruolo giocherà al-Jolani nel destino della Siria? La sua figura, tra pragmatismo e passato estremista, continua a generare timori e speranze in un Paese lacerato dalla guerra.

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