Collegati con noi

In Evidenza

‘Assunzioni utilizzando i soldi per i medici gettonisti’

Pubblicato

del

Assumere nuovi medici utilizzando i fondi attualmente impiegati per ‘assoldare’ i camici bianchi a gettone. In vista della scadenza del 30 luglio, data a partire dalla quale non potranno più essere rinnovati i contratti dei medici gettonisti, il ministro della Salute Orazio Schillaci – da Napoli, dove si concludono oggi gli Stati generali della prevenzione – apre ad una ipotetica soluzione per ovviare ai ‘buchi’ di personale che il venir meno di questi professionisti rischia di determinare nei reparti e Pronto soccorso di numerosi ospedali dove, in alcuni casi, arrivano a coprire fino all’80% dei turni. Proposta subito accolta dai sindacati, ma per realizzarla, rimarcano, “vanno superate alcune criticità”. “Ciò che viene speso per i medici gettonisti può essere utilizzato per fare assunzioni: le professionalità ci sono, perchè se tanti giovani scelgono di fare i gettonisti, se non possono più farlo sono convinto che rientrerebbero dalla porta principale del Ssn”, ha affermato Schillaci.

Quanto alla clausola del contratto dei medici a gettoni, che prevede che questi ultimi non possano essere assunti dalle aziende sanitarie prima di due anni dalla scadenza del contratto stesso, il ministro ha commentato: “Andremo a vedere nel dettaglio le clausole”. Ovviamente, ha spiegato, “non possiamo lasciare i servizi sguarniti. Faremo una ricognizione con le Regioni, dobbiamo continuare ad assicurare servizi importanti come il Pronto soccorso, ma bisogna dare un messaggio chiaro, che i gettonisti non possono più continuare ad essere l’unica risposta che il Servizio sanitario da, soprattutto in reparti come l’emergenza”. Ed ancora: “Vogliamo che i medici entrino dalla porta principale del Ssn, e questo vuol dire fare un concorso, essere assunti e lavorare a tempo pieno per il Ssn. Adesso dobbiamo capire quale è la situazione Regione per Regione e quanti gettonisti operano nei vari servizi. Verificheremo che percentuale di turni ricoprono, ma bisogna dare un segnale chiaro, come già abbiamo fatto due anni fa – insiste il ministro – e cioè che non è questo il modo per andare avanti con il Ssn”.

“Magari arrivassero più assunzioni”, è il commento del segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed, Pierino Di Silverio, “ma c’è prima un problema tecnico da risolvere” precisa. Infatti, “i gettonisti vengono pagati con una quota del bilancio delle aziende definita ‘per beni e servizi’ nella quale non rientra il personale e che non ha un tetto. Per assumere il personale c’è invece un tetto di spesa, ora solo parzialmente superato. Per prendere i soldi dal primo capitolo, e trasferirli sulle assunzioni – precisa – è necessario un decreto ministeriale ad hoc sui fabbisogni di personale per superare tale vincolo legislativo. Sarebbe questo un decreto emergenziale vero”. Ciò a fronte di una situazione che, avverte Di Silverio, “si prospetta a breve gravissima, perchè le ferie estive porteranno già ad una riduzione ulteriore del personale, ma quando potranno essere prese; infatti molti medici, soprattutto nei Pronto soccorso, in ferie non potranno andare perchè verranno precettati proprio per la carenza di personale”.

Ma il punto, sottolinea, “è anche velocizzare i tempi per effettuare i concorsi e, soprattutto, aumentare gli stipendi dei medici, altrimenti i concorsi per lavorare nel Ssn andranno comunque deserti”. Sulla stessa linea anche il sindacato Cimo-Fesmed: “Se non si migliorano le condizioni di lavoro e non si adeguano gli stipendi, sarà molto difficile trovare medici disponibili ad andare a lavorare in Pronto soccorso per colmare i vuoti lasciati dai gettonisti”, rileva il presidente Guido Quici. Infatti i gettonisti, “non vogliono essere assunti: oltre a guadagnare molto di più di un dipendente, non rischiano denunce. I medici dipendenti in Pronto soccorso, invece, sono malpagati e non hanno prospettive di carriera. Se non si risolvono a monte queste condizioni – conclude – non ci saranno più medici disponibili a lavorarci”. Insomma, bene procedere a nuove assunzioni ma l’iter non è semplice. Il fenomeno va però affrontato: 1 miliardo di euro il costo per i gettonisti nel 2023, altrettanto nel 2024.

Advertisement

Esteri

Attacco a Teheran, Pezeshkian accusa Israele: “Volevano uccidermi”

Il presidente iraniano Pezeshkian accusa Israele di un attentato a Teheran. Sei missili contro il Consiglio di sicurezza: ferito, riesce a fuggire. Caccia ai traditori interni.

Pubblicato

del

Il 16 giugno, poco prima di mezzogiorno, sei missili israeliani hanno colpito un edificio strategico nella zona ovest di Teheran. All’interno si teneva una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale: presente anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che sarebbe rimasto ferito ma riuscito a fuggire.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Fars, vicina ai Guardiani della Rivoluzione, i missili hanno colpito gli ingressi e le uscite dell’edificio, nel tentativo di bloccare ogni via di fuga. Pezeshkian e i presenti si sono salvati solo grazie a un portello d’emergenza.

In un’intervista a Fox News, il presidente ha accusato direttamente Israele: “Hanno cercato di uccidermi”, ha dichiarato.

Il Mossad sotto accusa

In un clima carico di sospetti, Mehdieh Shadmani, figlia del comandante dei Pasdaran Ali Shadmani, ucciso nei raid israeliani, ha pubblicato un post sui social in cui racconta che suo padre cambiava posizione ogni poche ore, senza portare con sé dispositivi elettronici, seguendo rigidi protocolli di sicurezza.

Secondo lei, il Mossad avrebbe superato i metodi tradizionali di spionaggio, lasciando intendere l’esistenza di una falla interna o l’uso di tecnologie avanzatissime.

C’è anche chi ipotizza teorie al limite del surreale: l’ex direttore di un giornale legato alle Guardie, Abdollah Ganji, ha sostenuto che l’intelligence israeliana avrebbe fatto ricorso a scienze occulte e creature soprannaturali per localizzare i bersagli.

Caccia alla talpa

I punti chiave delle ultime analisi da Teheran convergono su tre elementi:

  1. Israele sapeva tutto, non solo i luoghi in cui si trovavano i vertici politici e militari iraniani, ma persino i rifugi alternativi. In alcuni casi, è riuscito a colpire anche i successori dei leader eliminati.

  2. All’interno del sistema iraniano cresce il sospetto di una fonte ai massimi livelli che abbia fornito informazioni al nemico, una dinamica già verificatasi a Beirut con i leader di Hezbollah.

  3. Si amplifica il mito del Mossad: una costruzione utile sia all’Iran, per giustificare le falle nella propria sicurezza, sia a Israele, per rafforzare l’immagine di onnipotenza del proprio servizio segreto.

Una guerra nell’ombra

Il conflitto tra Israele e Iran si è ormai spostato sul piano della guerra segreta, dove le informazioni valgono quanto i missili. In questo scenario, anche i social network e i canali informativi paralleli diventano strumenti di propaganda, specchi deformanti attraverso cui i nemici si osservano, si temono e si combattono.

Continua a leggere

Economia

Vincenzo Celeste, ambasciatore italiano al Coreper: il napoletano in prima linea nelle decisioni Ue

L’ambasciatore Vincenzo Celeste rappresenta l’Italia al Coreper II, l’organismo chiave che collega gli Stati membri alle istituzioni Ue. Esperienza, competenza e un ruolo strategico.

Pubblicato

del

Sono figure spesso poco conosciute dal grande pubblico, ma decisive nel cuore dell’Unione Europea. Gli ambasciatori permanenti presso la Ue costituiscono il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti), vero snodo tra gli Stati membri e le istituzioni europee. È questo organismo che prepara le decisioni più sensibili e rappresenta il primo filtro politico tra i governi e Bruxelles.

Negli ultimi anni, la loro importanza è cresciuta in modo esponenziale. Le grandi crisi – dalla pandemia al conflitto in Ucraina, dalle tensioni globali sui dazi al Green Deal – hanno imposto risposte rapide e coordinate. Durante il Covid, nonostante il lockdown, le riunioni del Coreper si sono tenute in presenza, consapevoli che le delicatezza degli scambi diplomatici richiedeva contatti diretti e continui. E ancora oggi, come nella riunione d’urgenza di ieri sui dazi, sono loro i primi ad agire.

Chi è Vincenzo Celeste, la voce dell’Italia nel Coreper II

A rappresentare l’Italia nel Coreper II, il gruppo che affronta i dossier politici più delicati – politica estera, difesa, commercio, fisco – è Vincenzo Celeste (foto in evidenza di Imagoeconomica), ambasciatore permanente presso l’Unione Europea dal 17 aprile 2023. Napoletano, con un profilo istituzionale di altissimo livello, Celeste è un profondo conoscitore dei meccanismi europei e delle dinamiche brussellesi.

Il suo percorso inizia già nel cuore della Rappresentanza italiana a Bruxelles, dove è stato primo consigliere d’ambasciata dal 2005 al 2010. Successivamente ha assunto il ruolo di coordinatore a Palazzo Chigi per le procedure di infrazione Ue, maturando una visione precisa della dialettica tra istituzioni italiane ed europee.

Ha poi affiancato Enzo Moavero Milanesi come consigliere diplomatico e vicecapo di gabinetto alla Farnesinadurante il mandato da ministro per gli Affari europei, consolidando ulteriormente il suo profilo tecnico-politico.

Dal 2019 al 2023 è stato direttore generale per l’Europa e la politica commerciale internazionale al Ministero degli Esteri, un incarico cruciale in anni dominati da trasformazioni geopolitiche e guerre commerciali.

Un ruolo strategico per l’Italia

Celeste non è solo un esperto tecnico. In un’Europa in continua ridefinizione, la sua figura rappresenta la capacità dell’Italia di contribuire alle scelte più complesse con autorevolezza e competenza. Il Coreper è infatti il luogo dove si forgia il compromesso, dove i Paesi negoziano le decisioni prima che arrivino sul tavolo dei ministri o del Consiglio europeo.

L’esperienza e il radicamento europeo dell’ambasciatore Celeste permettono all’Italia di avere una voce solida, capace di incidere nelle trattative su dossier sensibili come dazi, sicurezza energetica, difesa comune e aiuti di Stato.

In un’epoca in cui i cittadini chiedono all’Europa risposte più rapide ed efficaci, il lavoro quotidiano di figure come Celeste è ciò che rende possibile la costruzione di un’Unione coesa e reattiva.

Continua a leggere

Cultura

Riccardo Muti a Pompei: “Ogni ritorno in Campania è un tuffo nel mio passato. La cultura del Sud va difesa”

Riccardo Muti si racconta al Mattino: l’amore per Napoli, la formazione al San Pietro a Majella, l’omaggio a Rota e la difesa della cultura del Sud con la musica.

Pubblicato

del

Riccardo Muti torna in Campania e si lascia avvolgere dalla memoria. «Ogni ritorno a Napoli o a Pompei è un ritorno all’infanzia, all’adolescenza, alla nostalgia di un passato meraviglioso, di luoghi magici», racconta in una lunga intervista al Mattino. E lo fa alla vigilia del concerto che il 24 luglio dirigerà nell’anfiteatro degli scavi di Pompei con l’Orchestra Giovanile Cherubini.

Nel ricordo di quel ragazzo che a Pompei fece la Prima Comunione nella Basilica del Rosario e che a Napoli, tra il liceo Vittorio Emanuele e il conservatorio San Pietro a Majella, pose le basi di una carriera leggendaria, c’è tutta l’intensità di un uomo che continua a difendere la cultura del Sud.

Un programma per tutti, ma non semplice

Nel programma della serata, nell’ambito della rassegna “Beats of Pompeii”, brani popolari ma non banali: Bellini, Verdi, Rota e Ravel. «Sì, è musica che tutti conoscono, ma non per questo è semplice. È un repertorio che mostra diverse sfumature della grande musica sinfonica», spiega Muti.

In particolare, “Le quattro stagioni” di Verdi da I Vespri siciliani è un passaggio che il Maestro difende con forza: «È uno dei brani sinfonici più importanti di Verdi. Eppure viene spesso tagliato a teatro: è un errore. È un delitto tagliarlo».

L’omaggio a Nino Rota, il maestro dimenticato

Nel programma anche la celebre colonna sonora de Il Padrino di Nino Rota, di cui Muti parla con affetto e riconoscenza: «Fu lui a riconoscere il mio talento e ad indicarmi il percorso da seguire. È grazie a lui se ho fatto la strada che ho fatto».

Ma aggiunge con amarezza: «In Italia Rota non è ancora considerato come merita. È stato molto di più che un autore di colonne sonore: ha scritto musica sinfonica, operistica, da camera. Tutta da scoprire».

San Pietro a Majella: promesse ancora non mantenute

Il Maestro non nasconde la delusione per lo stato del Conservatorio di Napoli dove si formò: «L’ultima volta che sono passato da lì sono rimasto molto colpito negativamente. So che la Regione ha stanziato fondi importanti e che i lavori dovrebbero partire a novembre, ma in Giappone in questo tempo avrebbero costruito un grattacielo. Basta progetti infiniti. San Pietro a Majella è un patrimonio mondiale, non solo napoletano».

Pompei e i luoghi della cultura del Sud

Il concerto a Pompei è la tappa finale di un tour iniziato a Udine e passato da Lucca. Un ritorno, due anni dopo l’esibizione nel Teatro Grande degli Scavi in occasione delle “Vie dell’Amicizia”. Ma è anche una dichiarazione d’amore per la cultura meridionale.

«Pompei, Paestum, Agrigento… sono luoghi che raccontano la bellezza e la storia millenaria del Sud», dice. E ricorda l’emozione di suonare davanti al Tempio della Concordia o al Tempio di Nettuno, mentre si alzava la luna.

La missione di un uomo del Sud

«Vorrei che questi eventi non fossero episodi isolati, ma parte di un percorso culturale forte», afferma Muti con passione. E aggiunge: «Io, napoletano da parte di madre e pugliese da parte di padre, sento il dovere di difendere i valori della cultura meridionale, tanto più attraverso la musica, che è un linguaggio universale capace di unire i popoli».

La musica, per Muti, è un ponte verso la pace, uno strumento per rendere l’uomo migliore, un messaggio rivolto soprattutto ai giovani: «Devono amare le loro radici e la loro terra. Io continuo a farlo».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto