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“Assedio” al M5s sulla giustizia, Draghi vedrà presto Conte

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Un incontro di Mario Draghi con il leader in pectore del M5s Giuseppe Conte, la prossima settimana. Il primo colloquio dopo il passaggio di consegne a Palazzo Chigi. E’ l’appuntamento cui si guarda con attenzione, nel Movimento, per sbloccare la partita della giustizia. Perche’ Conte ha chiesto di cambiare le norme sulla prescrizione proposte dal ministro Marta Cartabia e i pentastellati non possono permettersi di cedere, su una battaglia identitaria. Ma il tentativo in atto e’ approvare la riforma entro agosto. Per il timore che se non si blinda il testo prima dell’apertura del semestre bianco, quando non potranno essere piu’ sciolte le Camere, su quella riforma possano scaricarsi tutte le fibrillazioni della maggioranza. Percio’ alla Camera Pd, Lega, Fi, Azione chiedono di portare il testo in Aula il 23 luglio, come gia’ programmato, senza rinviare come invece vorrebbe una larghissima fetta del M5s. Fanno proprio l’appello di Draghi ad assicurare con “lealta’” l’approvazione in tempi rapidi delle riforme su cui poggia il Recovery plan. Il presidente del Consiglio, dopo il via libera definitivo dell’Ue al Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, sta incontrando i leader di partito della maggioranza, perche’ da loro passa la possibilita’ di non deragliare: dopo Enrico Letta e Antonio Tajani, riceve Matteo Salvini. E Salvini, all’uscita da Palazzo Chigi, dichiara: “Bisogna accelerare”. E’ un impegno sulla giustizia, tema su cui la Lega continua a raccogliere firme per referendum “che non interferiscono”, secondo Salvini, con la riforma del governo. Ma e’ un impegno anche sul fisco e la concorrenza, le due riforme che Draghi portera’ in Consiglio dei ministri entro la fine di luglio. “Se Conte o Grillo proveranno a frenare, troveranno nella Lega un avversario”, sale sugli scudi Salvini. Alla Camera, dove la riforma del processo penale e’ all’esame della commissione Giustizia, viene depositato il pacchetto di emendamenti di Cartabia, approvati in Consiglio dei ministri la scorsa settimana, con il voto anche dei Cinque stelle. Il testo e’ atteso in Aula il 23 luglio, anche se e’ quarto nel calendario, dopo altri tre provvedimenti tra cui due decreti. Ma la volonta’ politica e’ chiara e la fanno propria Pd, Lega, Fi, Azione, Iv e Leu nell’ufficio di presidenza della commissione. Mancano all’appello Fdi, che e’ all’opposizione, e il M5s, che esprime in commissione Giustizia diversi deputati ‘barricaderi’, incluso il presidente Mario Perantoni, apertamente critico verso la riforma Cartabia. I Cinque stelle sbandierano i dati diffusi dall’Anm: se passa il testo della ministra della Giustizia, rischia di non raggiungersi l’obiettivo strategico “di riduzione dei processi penali del 25%”, perche’ la riforma potrebbe rivelarsi un aggravio per gli uffici gia’ in sofferenza e quindi essere “non solo inefficace quanto dannosa e inaccettabile sul piano della tenuta costituzionale del sistema”. Parole che sono un “attacco coordinato” con il M5s, secondo il deputato di Azione Enrico Costa. Conte e’ determinato a portare a casa modifiche alla prescrizione, ad esempio sul modello tedesco che prevede dopo due anni non l’improcedibilita’ ma sconti di pena per i condannati. Gli esponenti piu’ filo-governativi del M5s sostengono che una mediazione sia indispensabile, per evitare di andare al muro contro muro e far passare la riforma senza i voti del Movimento, ma anche che non si debbano alzare troppo i toni proprio per evitare di peggiorare la situazione. Il Pd, che sostiene con forza le proposte di Cartabia, ritiene che uno spazio per far rientrare i Cinque stelle ci sia e si debba trovare, per evitare di andare al muro contro muro. Letta non ha ancora sentito Conte sul tema, ma non e’ escluso che lo faccia a breve, magari prima dell’incontro dell’ex premier con Draghi. Ma i margini di manovra sono ristretti, sia perche’ il testo dal governo e’ considerato un punto di equilibrio tra la linea del centrodestra e quella del centrosinistra, sia perche’ i tempi sono strettissimi. Per approvare il testo in Aula entro agosto c’e’ bisogno di un accordo blindato in commissione e poi un passaggio rapido in Aula, magari con un voto di fiducia sul testo. I rischi che i Cinque stelle, o gran parte di loro, si smarchino e’ altissimo. Ma, dice una fonte di maggioranza, e’ piu’ alto il rischio se si scavalla agosto, con l’inizio del semestre bianco. Dunque, nonostante la richiesta di M5s e Fdi di dare tempo per la discussione in commissione, si puntera’ a chiudere subito: Letta, Tajani e Salvini si sono impegnati con Draghi ad accelerare.

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Salvini alza posta, governo Meloni grazie a me e Cav

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“Se oggi per fortuna c’è il governo Meloni, fu grazie alle strategie messe a punto col Cavaliere a Villa Zeffirelli”. Lo fa notare, senza mezzi termini, Matteo Salvini nello stralcio del suo libro ‘Controvento’, reso noto oggi. Un nuovo, ennesimo, messaggio a Giorgia Meloni con il leader della Lega che alza la posta mentre è impegnato a portare a casa partite importanti come il Ponte e l’Autonomia anche in vista delle europee. Il leader della Lega sottolinea tra l’altro di sperare che “il generale Vannacci accetti di essere candidato con noi della Lega”. E interviene anche sulle polemiche per l’emendamento al decreto Pnrr sui consultori. “L’ultima parola sull’aborto – osserva – spetta alle donne, sempre e comunque”.

E proprio a partire da questo tema un segnale, forte e chiaro, è arrivato dal partito anche ieri nel voto sull’ordine del giorno del Pd al decreto sul Pnrr. Con quindici astensioni tra i deputati leghisti che certamente partono dalla “libertà di coscienza” su temi etici lasciata dal partito ma che nel linguaggio della politica non possono che essere lette anche come un altolà. Un messaggio che va ad aggiungersi alla posizione della Lega sul premierato, la riforma che in base al patto nel centrodestra marcia di pari passo con l’Autonomia. Ecco allora che il partito di Salvini non dà ancora il proprio ok alla calendarizzazione in Aula del provvedimento a Palazzo Madama fino a quando la commissione Affari Costituzionali di Montecitorio non avrà licenziato il ddl Calderoli. Ma i segnali tra alleati sono incrociati.

E se la premier ha già detto che il governo non comprimerà i tempi parlamentari, a parlare è anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani che conferma la data del 29 aprile per l’approdo in Aula per la discussione generale; poi “tra maggio e giugno – aggiunge però – è probabile che verrà approvata”. E’ chiaro che molto si gioca sulla dead line delle europee. Con la Lega che punta a portare a casa l’obiettivo, se possibile, prima dell’8 e 9 giugno ma negli off the record ammette le resistenze degli alleati a concedere assist di questo tipo in chiave elettorale.

D’altra parte, anche gli esiti elettorali europei potrebbero pesare sul destino del provvedimento anche se – si sottolinea da fonti dell’esecutivo in chiave Autonomia – comunque vadano le cose e anche se i pesi specifici dovessero cambiare sarà necessario garantire equilibri parlamentari che evitino eccessivi logoramenti. Intanto, durante il comizio di chiusura del centrodestra dalla Basilicata a sostegno di Vito Bardi, il leader azzurro Tajani garantisce ai cittadini lucani: “Stiamo lavorando per una Autonomia equa anche per i cittadini del sud”. Ma intanto in Veneto continua la battaglia su questo fronte così come sul terzo mandato. “I ritardi sull’Autonomia sono colpa della Lega – punzecchia infatti l’ex leghista, ora parlamentare azzurro Flavio Tosi – quindi Zaia se la prenda con i suoi” anzichè con Tajani.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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