Fa fibrillare per la prima volta il governo Conte, il varo della nota di aggiornamento al Def. In Cdm arriva il documento che disegna la cornice di una manovra da circa 30 miliardi. E l’intesa e’ piu’ difficile del previsto, dopo ore di trattativa burrascosa: il “niet” di Luigi Di Maio e Matteo Renzi a ogni aumento selettivo dell’Iva complica il lavoro per trovare le risorse. La maggioranza litiga. L’aria si fa tanto tesa, che all’ora di pranzo Giuseppe Conte esce da Palazzo Chigi per mandare un messaggio rassicurante: “I 23 miliardi per evitare che salga l’Iva ci sono”. Non solo: calera’, promette il premier, l’aliquota su bollette, pane e latte, ci sara’ un “superbonus della Befana” e si avviera’ il taglio delle tasse sul lavoro. Ma il nodo delle risorse non sembra sciolto: nel governo e nella maggioranza si trattera’ fino al varo della manovra, il 20 ottobre. A rendere improbo per il premier e per il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri comporre il quadro della nota di aggiornamento al Def, c’e’ non solo la necessita’ di trovare 23 miliardi per l’Iva, ma anche una crescita assai debole: lo 0,5% o 0,6% stimato nel 2020. Dall’Ue il governo ottiene un tesoretto di flessibilita’ di oltre 10 miliardi, che consentono di portare il deficit al 2,2%. Gualtieri sarebbe per una linea della prudenza: non spingersi oltre. Ma fino all’ultimo i partiti premono perche’ si tiri la corda per ottenere un decimale in piu’: salire al 2,3% darebbe 1,8 miliardi. Una boccata d’ossigeno: potrebbe non bastare. Percio’ Conte chiede ai leader dei partiti (messaggio secondo piu’ d’uno rivolto soprattutto a Renzi) di non limitarsi a criticare e fare “giochini” attribuendo a Palazzo Chigi la volonta’ di aumentare l’Iva: se volete evitare misure impopolari – dice alle due di notte, dopo un lungo vertice con i capi delegazione di M5s, Pd, Leu e Iv – indicate dove trovare i soldi. Alla voce lotta all’evasione dovrebbero essere stimati circa 5 miliardi (lo 0,3% del Pil). Ma su come reperirli in nottata il clima si fa infuocato. Franceschini parla a Di Maio e Renzi quando avverte che la “smania” di visibilita’ “logora i governi”. Il leader di Italia viva si e’ intestato la battaglia contro l’aumento dell’Iva e – dicono i suoi – “di conseguenza anche Di Maio ha irrigidito la sua linea”. Al tavolo di governo Teresa Bellanova e Luigi Marattin sono intransigenti: piuttosto che aumentare l’Iva si riveda quota 100 o si rinvii di un anno l’avvio del taglio delle tasse sul lavoro, magari si usino fondi non spesi dei Comuni. Non se ne parla, ribattono i Dem Antonio Misiani e Franceschini, che con Roberto Speranza di Leu hanno posto le tasse sul lavoro in cima all’agenda. I toni si alzano, si litiga. In mattinata parte la grancassa renziana: “Aumentare l’Iva sarebbe uno schiaffo ai piu’ poveri”, tuona l’ex premier sui social. Anche il capogruppo Dem, gia’ renziano, Andrea Marcucci, dice no ad aumenti di tasse. Ma “nessuno vuole aumentarle”, ribatte irritato Franceschini. “Bisogna tagliare le tasse in busta paga a chi non arriva a fine mese”, ribatte il segretario Pd Nicola Zingaretti. Il clima e’ pessimo. In mattinata Di Maio riunisce i suoi ministri ed esperti economici, in serata Franceschini convoca la delegazione Pd. Si serrano le fila, per un Cdm non facile. Intanto fioccano le indiscrezioni. Spunta l’idea di un “superbonus della Befana”: un rimborso fino a 475 euro per un massimo di spesa di 2500 euro, sulle spese compiute nell’anno precedente con carta o bancomat in settori piu’ a rischio evasione. Conte torna a smentire tasse come quella sulle merendine e spiega che l’obiettivo e’ incentivare le carte al posto del contante per far calare l’evasione e poter ridurre l’Iva sulle bollette dal 10% al 5%. Ma per il 2020 resta il nodo risorse.