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Cronache

Arrestati gli assassini di Giuseppe Matarazzo, il pedofilo di Frasso Telesino che violentò due bambine: si cerca il mandante nella famiglia delle sue vittime

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Forse una vendetta attesa. Una sorta di sentenza privata, di giustizia faidatè, arrivata dieci anni dopo. Questa la spiegazione dell’omicidio di Giuseppe Matarazzo, il pastore di Frasso Telesino, nel Beneventano, ucciso lo scorso luglio davanti casa un mese dopo essere uscito di prigione dove aveva scontato nove degli 11 anni e sei mesi di reclusione per aver abusato nel 2007 di due sorelle minorenni. Una delle due bambine non superò mai il trauma e si tolse la vita pochi mesi dopo – a gennaio del 2008 – impiccandosi. Oggi sono state arrestate due persone coinvolte a vario titolo nell’esecuzione materiale dell’omicidio del pastore. Si tratta di Giuseppe Massaro (55 anni) di Sant’Agata de’ Goti (Benevento) e Generoso Nasta (30 anni) di San Felice a Cancello (Caserta), entrambi disoccupati e con precedenti penali a carico.

 

Uno avrebbe fornito l’auto utilizzata per il delitto e la pistola. L’altro avrebbe fatto da autista. Si da’ la caccia al terzo uomo, quello che avrebbe sparato. Ma la convinzione della procura  sannita è che i due abbiano agito su mandato della famiglia delle vittime degli abusi. “L’omicidio di Giuseppe Matarazzo – ha spiegato Policastro – è stato compiuto sicuramente su commissione e i due arresti di oggi sono solo l’inizio perche’ le indagini vanno avanti alla ricerca di un eventuale intermediario e dei mandanti”. I mandanti dell’esecuzione – secondo la Procura – sono proprio da “individuarsi nell’ambito familiare della ragazzina”. In tal senso – ricorda una nota della Procura – nello stesso procedimento risulta tra gli indagati per concorso in omicidio, quale presunto mandante, il padre delle due minorenni. Dalle indagini dei carabinieri, inoltre, emergerebbe che le due persone arrestate sarebbero state pagate per l’omicidio con alcune migliaia di euro. L’omicidio di Matarazzo risale allo scorso 19 luglio. Almeno due le persone, a volto scoperto, che lo giustiziarono all’esterno della sua abitazione con cinque colpi di pistola calibro 357 Magnum. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere e’ stata firmata dal gip Flavio Cusani, su richiesta del sostituto procuratore Francesco Sansobrino. Il provvedimento restrittivo “si e’ reso necessario per il pericolo della reiterazione del reato e per l’inquinamento delle prove”. Ma il procuratore Policastro non ha escluso che uno degli arrestati “stesse alla ricerca di documenti falsi, forse per espatriare, quando ha capito che eravamo sulle sue tracce”.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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