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Armi, droni, Humvee, aerei: ecco l’arsenale Usa in Afghanistan finito in mano ai talebani

40 Black Hawk e Droni, 2 mila carri armati, 600mila armi automatiche, 16mila Visori, gipponi, ecc.
Ora gli Usa pensano a bombardare i depositi. E gli USA pensano che i Talebani non li abbiano da giorni spostati in altri luoghi?

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La fuga degli americani dall’Afganistan assomiglia sempre più a quella di un’armata brancaleone. Non sembra essere un normale ripiegamento con una exit strategy militare. Per quel che si capisce sembra che gli americano siano quasi scappati, lasciando sul campo armi, munizioni, elicotteri, droni, equipaggiamenti tecnologici sofisticati con visori notturni. E anche jeep, aerei. Un arsenale che gli americani non hanno ovviamente abbandonato e lasciato ai talebani. No, armi e tecnologie di guerra erano per il cosiddetto esercito regolare afghano, quell’esercito di 300mila uomini scappati a gambe levate non appena gli eserciti amici della Nato e Usa sono tornati a casa. Militari afghani addestrati per anni a fare la guerra e scappati alla vista dei talebani. Scappando hanno lasciato anche  sette nuovissimi elicotteri le cui foto erano state pubblicate, solo un mese fa, sui social del ministero della Difesa afghano con la benedizione del Segretario alla Difesa Lloyd Austin che in quell’occasione aveva detto: “Questo tipo di supporto sarà d’ora in poi costante”.

Nel giro di pochi giorni i tagliagole talebani hanno preso il Paese e le armi dell’esercito. Quel che non è stato distrutto dagli americani quando hanno capito quel che accadeva, ora è nelle loro mani. I numeri delle armi Usa e Nato in mani talebani non sono definitivi. Valutazioni d’intelligence fatte sul campo ci dicono che i fondamentalisti hanno fatto bottino di circa 2000 Humvee, parliamo di veicoli corazzati  veloci e poi i droni militari ScanEagle. Questi droni viaggiano per 15/20 km guidati da remoto e possono sganciare bombe. Poi sempre in mano talebana ci sarebbero almeno 40 fra aerei ed elicotteri di ricognizione, compresi quei Black Hawk che dovevano essere il più grande vantaggio dell’esercito afghano sui talebani. Parliamo di elicotteri tattici armati fino ai denti con mitragliatrici e missili. Insomma oggi i talebani hanno armi così importanti e precise da scoraggiare qualunque esercito che in questo momento sarebbe invasore.

Quale è la paura? Facile, le armi Made in Usa non saranno certo usate contro eserciti Nato e Usa ancora sul campo, nell’enclave dell’aeroporto, ma possono essere utilizzare per regolare conti con nemici e signori della guerra che non si sono sottomessi, per uccidere civili. Sono armi che possono anche essere vendute o cedute a gruppi terroristici amici come Al Qaeda o Isis. O, addirittura, cedute ai più diretti avversari degli americani: Cina e Russia.

E’ questo uno degli incubi per l’amministrazione Biden, la cui immagine è ormai ridotta ad una barzelletta in Patria per come gli Usa hanno lasciato l’Afghanistan. Ora la necessità è quella di valutare possibili azioni da mettere in atto: compresi attacchi aerei per distruggere almeno le attrezzature più voluminose, come gli elicotteri. Un’operazione oggi però rischiosa: c’è il rischio di innerovosire i talebani proprio mentre è ancora in atto la fase delicatissima di evacuare gli americani e gli afghani “amici”, cioè ex collaboratori e attivisti che temono per la loro vita.

Alle grinfie dei fondamentalisti è stato invece sottratto un numero consistente di aeroplani. Fra 2003 e 2016 gli Stati Uniti avevano infatti fornito alle forze afgane ben 208 velivoli. Ebbene, nell’ultima settimana, buona parte di quegli aerei sono stati portati in Uzbekistan da piloti afgani in fuga dai talebani.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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