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Economia

Apple, -25% spedizioni iPhone in Cina. Huawei vola a +24%

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Apple ancora sotto pressione in Cina. Le spedizioni di iPhone nel quarto trimestre sono calate del 25%, a fronte della crescita del 24% registrata dagli smartphone di Huawei, la rivale più agguerrita. Secondo i dati della società di ricerca Canalys, la casa di Cupertino è leader con 13,1 milioni di unità di pezzi (market share al 17%), staccando di un soffio il colosso di Shenzhen a quota 12,9 milioni, in una crescente competizione che coinvolge gli altri player cinesi. Le spedizioni totali nel quarto trimestre in Cina sono salite del 5% annuo a 77,4 milioni di unità, quelle nell’intero 2024 del 4%, a quota 285 milioni.

Huawei, dopo le difficoltà degli anni scorsi per la stretta Usa sulle esportazioni hi-tech, è emersa come uno sfidante particolarmente forte dal suo ritorno nel segmento premium nell’agosto 2023 con nuovi chipset realizzati a livello locale. Apple, invece, ha fatto ricorso a una inedita serie di sconti per stimolare le vendite nel mezzo della crescente pressione competitiva. L’azienda californiana ha ad esempio lanciato una promozione di quattro giorni in Cina, dal 4 al 7 gennaio, offrendo tagli dei prezzi fino a 500 yuan (68,50 dollari) sui suoi modelli di iPhone 16 attraverso i suoi canali ufficiali di vendita.

Le principali piattaforme di e-commerce cinesi hanno seguito l’esempio con le proprie promozioni. Il marketplace Tmall di Alibaba ha annunciato infatti sconti fino a 1.000 yuan (137 dollari) sui dispositivi della serie iPhone 15. “Mentre Apple e la sua serie iPhone 15 hanno mantenuto la loro leadership nel quarto trimestre, ora devono affrontare la crescente pressione da parte dei dispositivi di punta nazionali”, ha rilevato l’analista di Canalys Amber Liu. Oltre alle promozioni stagionali, la compagnia Usa “sta rafforzando la sua posizione competitiva e la fidelizzazione degli utenti nel segmento premium della Cina attraverso esperienze di vendita al dettaglio migliorate, programmi di permuta e piani di rateizzazione senza interessi ampliati”, ha aggiunto Liu.

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Economia

Tim crolla in Borsa,matrimonio con Poste non ha appeal

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Tim e Poste promessi sposi, Cdp le trasferirà la sua quota e poi potrebbe trasformarsi in un’alleanza industriale che l’ad Pietro Labriola peraltro non disdegnerebbe. Davanti al fatto compiuto, che qualcuno legge come una mossa del Governo per sbarrare la strada ai fondi Cvc o ai francesi di Iliad, la reazione della Borsa è la fuga. Tim aveva appena riconquistato la soglia dei 30 centesimi e la Borsa riversa una doccia fredda sul titolo, che arretra a 28 centesimi perdendo il 7,59% mentre qualcuno legge l’ipotesi di un ingresso di Poste (-0,5% a 14,7 euro) nel capitale come una mossa del governo per trovare un’alternativa nazionale agli investitori internazionali che si stavano muovendo, da Cvc a Iliad. “L’operazione in sé non modifica gli assetti, ma notiamo i commenti del ministro Giorgetti in parlamento che sembrano segnalare una posizione piuttosto fredda del governo sulle ipotesi circolate in queste settimane di progetti prospettati da CVC/Iliad” commentano gli analisti di Equita.

Il 9,8% di Tim verrebbe trasferito a Poste (in cambio la Cassa riceverebbe il 3,8% di Nexi e un conguaglio cash), di cui peraltro Cdp è il primo azionista con il 35% e il Mef il secondo con il 29,26 per cento. Il dossier, secondo quanto si apprende, sarà sul tavolo dei rispettivi cda sabato. L’ad di Tim Pietro Labriola ha spiegato, a margine del Capital Market Day, che entrambi sarebbero dei partner con una valenza industriale e in particolare la collaborazione con Poste potrebbe partire da un accordo commerciale con accordi distributivi di prodotti sulla rete di Poste per poi diventare strategico (con il consolidamento di Tim con Poste Mobile). Nell’immediato però toglie l’appeal speculativo che si era risvegliato nelle ultime sedute sul titolo. I sindacati sono preoccupati: “Assistiamo ad un disastro dietro l’altro in un settore che sprofonda in una crisi sempre più grave” dichiara la Cgil e il timore è di “un ulteriore spezzettamento”.

L’ad di Tim, Pietro Labriola (foto Imagoeconomica in evidenza) ha chiarito di non aver avuto ancora nessun contatto ne con Iliad ne con Poste ma, secondo Bloomberg, avrebbe già un adivsor (UniCredit) che lo dovrebbe aiutare valutare le opzioni a disposizione dei pretendenti. “In Italia, dopo Fastweb-Vodafone, si esploreranno altre combinazioni – riflettono gli analisti di Mediobanca – Dopo anni di forte concorrenza, lo spazio europeo delle Tlc sta lottando per finanziare gli investimenti in infrastrutture digitali e per remunerare gli azionisti. Il consolidamento non può essere rimandato: la nuova Commissione UE è destinata ad adottare una posizione più proattiva, sostenendo l’agenda di Draghi, aumentando gli impegni per l’innovazione e facilitando le autorizzazioni alle fusioni. Riteniamo che l’accresciuta rilevanza dell’IA sia un campanello d’allarme per i responsabili politici dell’UE, che riflette la necessità di attuare un consolidamento del settore per creare conglomerati in grado di competere su scala globale”.

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Economia

Da lunedì al via il Btp Più, tasso minimo al 2,80%

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Arriva al debutto il Btp Più, il nuovo titolo di Stato dedicato ai risparmiatori di cui il Mef ha fissato i tassi minimi garantiti: 2,80% nei primi quattro anni, 3,60% nel successivo quadriennio per chi aderisce al collocamento che parte lunedì 17 febbraio per concludersi alle 13 di venerdì 21. I tassi cedolari definitivi, che potranno essere confermati o rivisti al rialzo rispetto ai minimi in base alle condizioni di mercato del giorno di chiusura dell’emissione, saranno annunciati al termine del collocamento. I valori fissati oggi sono “perfettamente in linea con i tassi espressi dal mercato per pari scadenza”, dice il direttore generale del Mercato dei titoli di Stato (Mts), Ciro Pietroluongo. “Considerata un’inflazione intorno all’1,7% – dice Pietroluongo -, mi sembra che siano tassi abbastanza premianti. Il fatto di aver premiato ulteriormente le scadenze è un segnale ulteriore di fiducia”. Difficile anticipare la raccolta che il Mef riuscirà a realizzare, in un mercato europeo che ultimamente ha visto un rialzo dei tassi di mercato trainato dai treasuries Usa nonostante la Bce stia progressivamente tagliando. “Credo – dice Pietroluongo – che i risultati saranno comunque buoni e li immagino in linea con i precedenti, ma ogni emissione ha una vita a sé”.

Il Btp “ipotizza una certa stabilità dei tassi”, spiega poi Pietroluongo. Fonti di mercato indicano che un fattore d’incertezza, come del resto per tutte le emissioni non indicizzate ai prezzi, potrebbe essere il rischio-inflazione in uno scenario geopolitico sempre più complesso per i dazi e le tensioni commerciali globale. Tuttavia il nuovo collocamento retail, che fa parte della famiglia del Btp Valore condividendone le cedole crescenti dopo quattro anni (‘step up’) che incentivano a mantenerli in portafoglio fino a scadenza, introduce una ‘finestra d’uscita’ per chi sottoscrive fin dal collocamento. Si tratta dell’opzione di rimborso anticipato alla pari (al valore nominale del titolo), alla fine del quarto anno, dell’intero capitale investito o anche solo di una sua quota.

L’opzione, esercitabile tra il 29 gennaio e il 16 febbraio 2029, vuole incentivare i risparmiatori che dovessero essere scoraggiati dalla durata estesa a otto anni del Btp Più, scelta nella logica complessiva di allungare la durata media del debito italiano. Come per tutti i titoli di Stato, poi, c’è la tassazione agevolata al 12,5%, l’esenzione dalle imposte di successione e l’esclusione dal calcolo Isee fino ad un investimento massimo di 50.000 euro complessivi. Incentivi con cui il Mef punta a diversificare le fonti di finanziamento del debito italiano – che a dicembre in base ai dati di Bankitalia è ridisceso sotto i 3.000 miliardi a quota 2.965,7 miliardi – consolidando il portafoglio retail. Perché la Bce, compratore di peso nel passato decennio, da dicembre non c’è più e anzi sta gradualmente dismettendo il suo portafoglio titoli: a fine 2024 la quota del debito detenuto dalla Banca d’Italia, anche se ancora ragguardevole, era diminuita al 21,7% del totale dal 24,2% del 2023.

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Economia

Bankitalia, il debito a dicembre sotto i 3.000 miliardi

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Al 31 dicembre del 2024 il debito pubblico era pari a 2.965,7 miliardi, in aumento di 97,3 miliardi rispetto a un anno prima ma in flessione dal record segnato a novembre a 3.005,2 miliardi. Lo rende noto Bankitalia nella pubblicazione su fabbisogno e debito. L’aumento su anno è parzialmente compensato dalla diminuzione di 12,3 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro a 37,6 miliardi. Tale voce, a novembre, era pari a 63,9 miliardi. A far salire il debito rispetto all’anno precedente è un fabbisogno di 105,7 miliardi, oltre a scarti, premi all’emissione e al rimborso, rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e variazione del cambio (3,9 miliardi).

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