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Applausi a Fico tra gli stand della festa dell’Unità di Ravenna: “Alleati della Lega? No, c’è un contratto”

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Arriva alla festa dell’Unità di Ravenna scortato dall’ex ministro Graziano del Rio. Molti militanti democrat lo avvicinano, lo applaudono, qualcuno si fa una foto, altri gli dicono qualcosa contro il ministro Salvini. Lui tira dritto, non si sottrae alle foto, abbraccia alcuni volontari che servono porchetta alla festa dell’Unità. Insomma Roberto Fico nella tana del Pd tutto sembra tranne che un pesce fuori dall’acqua. Anzi, è a suo agio. E a dire il vero lo fanno sentire a casa i democratici che lo accolgono con rispetto ed educazione, come si conviene ad un presidente della Camera.

Festa dell’Unità di Ravenna. Il Presidente della Camera Roberto Fico e l’ex ministro Graziano del Rio

Il confronto alla festa del Pd è proprio con Graziano Delrio. Appena finito, Roberto Fico riesce a liberarsi da foto, baci e abbracci dei militanti democratici e si avvia verso la birreria per offrire una birra ai suoi “sostenitori”: “Sono contento se i militanti del Pd sono felici di avere il presidente della Camera qui”. Ed è un bel segnale in un contesto politico assai rissoso riconoscere al presidente della Camera quella terzietà che deriva dalla carica e anche dal modo in cui Roberto Fico sta assolvendo al suo dovere. L’ accoglienza per la terza carica dello Stato, primo dirigente del M5S a una Festa nazionale dell’Unità, va ben oltre il rispetto istituzionale.
Erano 15 anni che Fico non prendeva parte a una Festa dell’Unità.  E se gli applausi, la simpatia, il rispetto per l’ospite sono il barometro della visita, si può dire che la sintonia tra Fico e  la base dem è forte. Ma se i militanti rimpiangono il mancato accordo di governo tra M5S e Pd, Delrio ne parla come di “un compagno che sbaglia” e non si fa illusioni su alleanze future con l’ala di lotta e di governo che fa capo a Fico: “Ha sensibilità e rappresenta un’anima diversa, ma oggi tra noi le distanze sono enormi e non si colmano con una stretta di mano”. Eppure, a parte qualche contestazione sulla scelta di governare con la Lega, ogni risposta del presidente alle domande di Marco Damilano, il direttore dell’Espresso, è accolta dall’entusiasmo della platea. La nave Diciotti? «Lo dico senza remore, tutti i migranti dovevano scendere il primo giorno, non si doveva aspettare tutto questo tempo». «I centri di detenzione in Libia sono veri e propri lager e io non tollero che su queste persone si parli con la pancia». Ancora applausi  quando Fico invoca la modifica del trattato di Dublino “in una linea che metta in minoranza i Paesi di Visegrad” e quando sostiene i corridoi umanitari. Applausi da stadio quando Fico, rispondendo ad una domanda dice “a me non frega niente di rispondere a Salvini, dico quello che penso”, alza il tono della voce Fico. Fico parla alla festa Dem sembra rivolgersi anche ai cinquestelle. Ricorda gli inizi del Movimento, i meet up, la sua militanza e sottolinea di aver fondato il Movimento dopo aver bussato più volte (invano) alle porte del Pd, con la petizione sull’acqua pubblica o la lotta contro le discariche a Napoli e in Campania. Nel corso della visita più di un militante Pd gli domanda, con genuinità mai con toni bruschi, ma diretti “perché governi con la Lega?”. E lui, in un paio di occasioni, non ha difficoltà a dire la verità, quello che è: “È un contratto, non un’ alleanza. Conosco il mio Movimento e so che troppo al di là del contratto non si potrà muovere”. E i 49 milioni di rimborsi? “La Lega dovrà rispettare la sentenza, come tutti”.

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Delmastro attacca: Cospito è un influencer della sinistra

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Prima “Cospito influencer della sinistra”, poi l’attacco frontale al Csm promettendo di “spezzare le reni” al correntismo dei magistrati. Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, sceglie un evento organizzato da Fratelli d’Italia ad Aosta, per lanciare critiche e frecciate al sistema giudiziario e, in particolare, alle toghe. Parlando della vicenda Cospito, che lo vede peraltro imputato per rivelazione di segreto d’ufficio legata alla diffusione di carte riservate, il sottosegretario ha definito l’anarchico – che sta scontando 20 anni di carcere al 41-bis per un attentato alla caserma dei carabinieri di Fossano – un “influencer della sinistra”.

“L’Italia – ha detto – è quel Paese strano dove quando sei indagato o imputato sei un mostro, sbattuto sui giornali, ti possono portare in cella senza passare dal via, senza che tu sappia neanche perché. Poi quando finalmente diventi condannato ti si aprono le porte di quel sinistro perdonismo, per cui lo stesso Cospito diventa l’influencer della sinistra, a cui vanno come se fosse la Mecca. Oppure, per parlare di temi che non mi riguardano personalmente, tal Fricano che ficca 57 coltellate alla sua fidanzata e viene liberato perché è ingrassato”. Andando avanti nel discorso, il deputato piemontese ha attaccato anche la magistratura.

“La riforma del Csm, che preveda di ‘spezzare le reni’ al correntismo cancerogeno che lede anche l’onorabilità della magistratura – ha proseguito, citando un celebre passaggio di un discorso del Ventennio fascista – fa sì che per evitare di assistere al triste spettacolo a cui abbiamo assistito nella lettura del libro di Palamara sia necessario in maniera radicale intervenire con meccanismi di sorteggio”.

Riguardo alle parole di Guido Crosetto sui giudici, il sottosegretario ha infine sottolineato che il ministro della Difesa “che è banalmente un uomo di destra come me, ha detto ‘Io posso a venire a riferire in Parlamento in ogni istante della mia vita, assumendomi integralmente la responsabilità di quello che penso e di quello che ho detto’. E fra le cose che ha detto Crosetto, è chiaro il fatto che vi è un segmento, non l’intera magistratura, di magistrati organizzati che hanno una precisa visione politica del mondo e che a volte quella precisa visione politica del mondo influisce sulle loro scelte giuridico-professionali”.

Immediata la replica dell’opposizione, con la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, che ha definito il gergo utilizzato da Delmastro da “nostalgico autoritario”.”La sostanza – ha proseguito – è quella dell’aspirante sovversivo, l’insulto è l’unica modalità di dialogo nota. Non accettiamo questa devastazione dei rapporti istituzionali né di trasformare la riforma della giustizia in un campo di battaglia a colpi di manganello verbale. Si possono avere idee diverse su molte cose ma un sottosegretario non può degenerare al punto da citare Mussolini”.

 

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Nuova nomina alla Fao per Maurizio Martina

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Maurizio Martina, già vicedirettore generale della Fao, è stato nominato Deputy Director-General (Direttore Generale Aggiunto). La sua nomina è stata confermata dal Consiglio della Fao che si sta svolgendo oggi. In apertura della 174/ma sessione Martina ha ricevuto le congratulazioni del dg Fao QU Dongyu per il suo nuovo ruolo. Per Martina si tratta di una promozione e va a ricoprire un ruolo di peso nell’ambito dell’organizzazione Onu.

Il Dg della Fao, QU, ha descritto Martina come un professionista impegnato che “parla poco e lavora tanto”, si legge in una nota. Mentre sul suo profilo X, annunciando la nomina, QU scrive: “Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme per creare una Fao forte e dinamica per supportare meglio i membri per un futuro sicuro per tutti”. Ha applaudito la scelta l’ambasciatore d’Italia presso la Fao e le agenzie Onu con sede a Roma, Bruno Archi, ribadendo l’impegno per la sicurezza alimentare globale. “Il multilateralismo è l’unica via da percorrere e l’Italia è un vero partner”, ha detto Archi.

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Salvini sfida l’Europa, ‘via gli abusivi da Bruxelles’

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La corsa per liberare Bruxelles “da chi la occupa abusivamente” è partita. E Matteo Salvini approfitta dell’abbraccio dei suoi alleati sovranisti europei, chiamati a raccolta a Firenze per poche ore, per lanciare la sfida. All’Europa dei banchieri e della “burocrazia massonica”. Ai vertici europei incarnati da Ursula von der Leyer e Christine Lagarde. E ai suoi alleati in Italia, perché “sarebbe un errore fatale dividersi” proprio a Strasburgo al voto di giugno.

“Sbaglia” insomma Antonio Tajani, numero uno di Forza Italia, a disdegnare il patto che unisce i leghisti ai tedeschi di Afd e a Marine Le Pen. E sbaglia chi, non facendo fronte comune, rischia di favorire l’inciucio bis tra popolari e socialisti. Salvini è convinto che, su questo, sia all’opera il commissario Ue, Paolo Gentiloni. Perciò da Firenze parla all’Europa (anche) perché tutta l’Italia intenda. Frecciate a parte, il leader della Lega arriva alla convention, alla fortezza da Basso, sorridente e mano nella mano con la fidanzata Francesca Verdini.

Lei gioca in casa, lui meno ma lusinga la capitale rinascimentale con un gioco di parole: “Penso che oggi sia una giornata storica, perché può vedere la luce il Rinascimento dell’Europa che sarà fondato sul lavoro”. Solo al sindaco Dario Nardella contesta “una caduta di stile” per essersi “permesso di dire chi ha diritto di visitare i musei e chi no”, dopo il tour agli Uffizi, la sera prima, di Salvini e gli altri sovranisti. Non lo preoccuopano le contromanifestazioni che attraversano il centro nel pomeriggio e senza tensioni, a parte lo striscione ‘Salvini, Le Pen Firenze vi schifa’.

Sulla convention dei partiti che aderiscono al gruppo Identità e democrazia (che ha organizzato l’evento) il leghista respinge il bollino di “cantiere nero” promuovendola a “un’onda blu”. Poco dopo le 11 la sala si riempie. Capienza annunciata 2000 persone e a colpo d’occhio, l’obiettivo è centrato, Ma resta off limits per i giornalisti. Una manifestazione che non ha niente a che vedere con quella romana del 13 ottobre. Stavolta tutto è in grande, ci sono i leader di 12 partiti stranieri, lo slogan è ‘Free Europe’ e c’è il quartier generale della Lega, dai ministri ai governatori fino al presidente della Camera e responsabile esteri del partito, Lorenzo Fontana. Pesano alcuni forfait eccellenti, anche se annunciati, come la leader francese del Rassemblement national, star di Pontida lo scorso settembre, e l’ultranazionalista Geert Wilders, fresco del trionfo elettorale nella sua Olanda.

Entrambi mandano un videomessaggio. Pochi minuti per salutare l’amico e alleato e rispolverare vecchi cavalli di battaglia. Per Le Pen è la lotta ai migranti irregolari (“Per la signora Von Der Leyen l’immigrazione non è un problema, ma un progetto”), per Wilders la difesa dei valori nazionali, rivendicando la vittoria in patria come “un terremoto politico per i pesi massimi dell’Europa”. Dai leader presenti inevitabile l’omaggio al padrone di casa, salutato più volte con l’appellativo ‘capitano’,ormai dimenticato in Italia. Poi slogan e picconate vecchio stile contro l’Europa e non solo.

Dal leader bulgaro Kostadin Kostadinov (“Oggi l’Ue è una minaccia per l’Europa” sentenzia minacciando “una serie di referendum per uscire dall’Ue”) al tedesco Tino Chrupalla, presidente di Afd (la nuova Europa è una casa “con un giardino per i bambini e un muro contro gli indesiderati” mentre l’Ucraina “non può vincere questa guerra”) fino al polacco Roman Fritz (che rilancia le parole chiave “Dio, onore, patria, famiglia, verità, giustizia e libertà” e la guerra al politically correct”). Concetti che Salvini ascolta ma da cui, nell’intervento finale sul palco, sembra distanziarsi.

“Oggi non c’è un’alleanza politica e partitica ma un sentimento di amicizia: qui si sono alternati leader che, come in una storia d’amore e professionale, conoscono alti e bassi”. Parole scelte forse per rassicurare il centrodestra italiano garantendo che “il governo Meloni non è assolutamente in discussione”. Quindi disegna la metafora dello scontro tra Davide e Golia con l’happy end immaginato per Id e per la Lega nei panni di Davide contro il gigante che chiama “il Golia Soros”. Due ore e mezzo dopo cala il sipario. Restano la foto di gruppo con tutti i leader e le loro bandiere e, nell’entrata accanto, la fiera dei tatuatori.

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