Antonio Orefice è un giovane simpatico e talentuoso attore napoletano, che interpretava il ruolo di Totò nella fiction ‘Mare Fuori’ e gli abbiamo chiesto della sua esperienza nella fiction di Rai2.
“Una bellissima esperienza, siamo stati quasi 7 mesi tutti quanti insieme, per questo bellissimo percorso.
Fin dall’inizio abbiamo capito che non era una cosa semplice. Abbiamo raccontato, ha detto Orefice, personaggi che erano totalmente diversi dalle nostre vite normali, visto che ‘Mare Fuori’, è una denuncia e racconta tutto quello che non si dovrebbe fare. Ci siamo guardati in faccia, abbiamo stretto questo rapporto quasi di fratellanza, che ci ha permesso di entrare sempre di più in questa realtà”.
Antonio Orefice
Il mio personaggio, Totò , è un ragazzino che segue la massa e fa tutto quello che lo rende forte agli occhi degli altri, ma in realtà forte non è.
Io ho cercato di mettere nel personaggio un po’ di spensieratezza e di rendere la sua figura gioiosa, cosi facendo qualche telespettatore si è anche divertito
È stata veramente una bella esperienza Io sono contento, ma soprattutto perché le persone hanno incominciato a seguirci.
-Un altro tema di Mare Fuori è senz’altro il bullismo, ci ha mai avuto a che fare?
No! io da bambino non sono mai stato bullizzato, però ho assistito a scene di bullismo, e mi sono sempre messo dalla parte di chi veniva bullizzato. Credo che sia una cosa bruttissima e anche lacerante, purtroppo è una componente che fa parte della collettività e la stessa collettività che influisce in modo negativo; Ma se noi ci mettiamo in testa che la stessa può influire in modo positivo le cose potrebbero andare meglio.
Secondo me ‘Mare Fuori’ evidenza tutto questo con la speranza, che si possa calmare addirittura non esserci mai più.
Oltre al cinema e alle serie tv, ha lavorato anche a teatro. Che differenze trova tra questi tre campi?
Io ho iniziato con il teatro. Secondo me sono le stesse emozioni, gestite in modo diverso.
Con il teatro hai un pubblico che ti ascolta e se sbagli o succede qualcosa, devi risolverlo lì. In quel momento devi stare in sintonia con tutto, non devi perdere energie, non devi perdere il filo, tutto diventa più reale. Invece nella televisione e nel cinema, se si sbaglia si può ripetere.
Le assicuro che quando il prodotto esce in tv e al cinema, ti guardi e vivi grandi emozioni, ma non si possono spiegare: bisogna provarle.
Come si prepara prima di una scena? Come studia i personaggi che deve interpretare?
Per la preparazione di un personaggio e di una scena mi comporto sempre così: penso al mio personaggio come se fosse un mio amico, mi metto lì studio il copione; si crea una sorta di complicità come se parlassi proprio con lui; è il mio personaggio, piano piano costruisco sia la scena che il personaggio.
Lei è un ragazzo giovane, come si approccia con i social? per un attore è importante?
Questa è una bella domanda! Dico la verità, io prima di ‘Mare Fuori’ non ero tanto attivo, e non ce n’era bisogno. È uscita la serie e la gente ha incominciato a seguici. Ora le persone ti cercano, vogliono sapere cosa fai, vogliono vederti e ti vogliono ascoltare ed è la cosa più bella dei social.
Bisogna essere sinceri, non c’è cosa più bella della sincerità, magari puoi fare una diretta, metti una storia e puoi raccontare un po’ di te. L’ importante è essere sinceri e veri. Fare l’attore, vuol dire fare uscire la parte più umana e vera di te stesso, niente di più bello. La stessa cosa vale per social.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Ci saranno due uscite molto belle: una a febbraio-marzo in prima serata su Rai 1 per la quale ho terminato da poco le riprese. Poi ci sarà un altro film, mi auguro esca ad aprile, quando questo problema della pandemia spero sia finito, così le persone portano andare al cinema e farsi una risata. È molto carino, si chiama “Benvenuti in casa Esposito ”, e poi il resto si vedrà.
Ha citato la pandemia, come la sta vivendo?
Io rispetto le regole, purtroppo il problema c’è: stiamo vivendo una situazione abbastanza complicata.
Però io sono del parere che insieme a tutte queste cose negative ci sono anche quelle belle, dobbiamo cercare di aggrapparci a queste che ci fanno stare bene, e se ci aggrappiamo a queste cose positive possiamo vivere con piu’ pace e serenità e sperare che prima o poi questo problema finirà. E io mi auguro che sia presto.
Il sigillo finale è arrivato. Non all’unanimità, e senza l’Italia. Ma tanto basta all’Europa per tracciare la via per la “mobilità a zero emissioni” da raggiungere dal 2035, salvando comunque i motori termici. Nel D-day sulle automobili ‘green’, Berlino porta a casa il bottino sui tanto invocati e-fuels, mentre Roma si astiene dal ratificare l’accordo che lascia fuori i biocarburanti. Una contesa che, nelle parole del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, Roma è pronta a tenere viva – nonostante il via libera definitivo a maggioranza delle capitali Ue – dimostrando “già nei prossimi mesi” la neutralità tecnologica dei bio-fuels cruciali per l’automotive italiano. E che Bruxelles vedrà tornare in auge quando, in autunno, sarà chiamata a presentare come promesso il regolamento per i carburanti sintetici. Uno dei tanti fronti caldi sul campo dell’energia, al quale si affianca anche la sfida appena agli albori sul nucleare: Parigi preme per i finanziamenti sui piccoli reattori modulari e le prime linee guida Ue sembrano essere ormai all’orizzonte. Dopo settimane di trattative serrate – sfociate nell’intesa sull’uso futuro degli e-fuels tra Berlino e Bruxelles annunciata sabato -, l’attesa conferma che le richieste del governo di Olaf Scholz, e soprattutto della sua componente liberale, sono state esaudite da Palazzo Berlaymont è arrivata. E in autunno l’esecutivo comunitario presenterà il suo regolamento per continuare a immatricolare anche dopo il 2035 i veicoli alimentati a e-fuels. Niente da fare invece come ampiamente pronosticato per i biocarburanti. Un salvataggio in extremis dei motori termici comunque “apprezzato” dal governo italiano, ha fatto sapere Pichetto, ma non ancora sufficiente per dare speranze anche ai biocarburanti.
Da qui la decisione di Roma di astenersi, insieme a Bulgaria e Romania, senza però fare muro votando contro la ratifica finale come fatto in ultima istanza solamente dalla Polonia. L’apertura di Bruxelles – è la strenua difesa italiana – è comunque “troppo restrittiva” e la neutralità nelle emissioni CO2 dei biocarburanti “potrà essere dimostrata” anche prima della valutazione intermedia già prevista dall’Ue nel 2026. Una scadenza che, accompagnata dalla futura analisi sui progressi compiuti dalle industrie nazionali, lascia ancora qualche speranza a Roma perché l’Ue rimetta in discussione la strada da seguire. Anche se, è il mantra che da giorni si sente ripetere nei palazzi delle istituzioni Ue, i biocarburanti emettono CO2, pur in quantità meno significativa rispetto a quelli quelli fossili, e l’intenzione di Bruxelles è di tenere il punto “rispettando il mandato legislativo” ottenuto da 23 ministri. E forte anche dell’intesa raggiunta sulle stazioni di ricarica per le auto elettriche che dovranno essere installate ogni 60 chilometri entro il 2026 sui principali assi stradali indicati nelle reti prioritarie dei trasporti europee (Ten-T). Dietro il braccio di ferro sulle auto, sulla scena delle ambizioni climatiche dell’Ue irrompe intanto in maniera sempre più prepotente il dibattito sul nucleare che in prospettiva fa già tremare l’asse Parigi-Berlino.
Con una fuga in avanti orchestrata dalla Francia, tredici Paesi, tra i quali l’Italia in qualità di ‘osservatore’ insieme a Belgio e Paesi Bassi, si sono riuniti intorno al tavolo della direzione generale Energia della Commissione europea per definire le priorità di investimento future, puntando dritti verso il mini reattori nucleari. E, al termine della riunione, la Rappresentanza francese presso l’Ue ha diffuso una nota congiunta per sottolineare l’unità dell’alleanza davanti al futuro dell’atomo di ultima generazione, assicurando che fosse stata validata da tutti i 13 partecipanti alla riunione, compresi gli osservatori. Un piccolo caso diplomatico, seguito poi dalla smentita da parte di fonti del ministero dell’Ambiente che hanno indicato come l’Italia non abbia firmato “alcun documento”. Segno che per valutare il ruolo del nucleare in tutta Europa servirà ancora tempo. Ma Bruxelles ha già in mente alcune “linee guida”.
Prima il caso della liberalizzazione delle vendite promozionali, che compaiono nelle bozze ma che il ministero si affretta a smentire. Poi il via libera, atteso, che invece non arriva. Il Consiglio dei ministri che stanzia 5 miliardi per rinnovare – di molto ridotti – gli sconti taglia-bollette e mettere una toppa al buco da 2,2 miliardi del payback che pesa sulle aziende del biomedicale non approva il disegno di legge sulla Concorrenza mentre dà il via libera a uno scudo per i reati fiscali. Il nuovo ddl sulla concorrenza andava avviato già nel 2022 e rappresenta uno degli obiettivi del Pnrr per quest’anno. Ci sarebbero problemi di copertura, in questo caso, in particolare per il capitolo energia. Ma ci sarà anche da superare l’esame di Bruxelles per la revisione delle regole per le concessioni degli ambulanti.
Il Cdm, che inizia molto in ritardo e dura quasi due ore, approva se non altro il nuovo codice degli appalti, un altro target del Pnrr, oggetto della successiva cabina di regia presieduta da Raffaele Fitto. E nel decreto bollette, che diventa di fatto un omnibus, infila un pacchetto sanità e anche una sostanziale riscrittura del calendario delle sanatorie fiscali. Ma rispunta anche lo stop ad alcuni reati fiscali – su cui era montato uno scontro violento con le opposizioni durante la manovra – quando “le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità previste”. Si introducono, come spiega il comunicato finale del Cdm, alcune “cause speciali di non punibilità” per gli omessi versamenti di Iva e ritenute e per l’indebita compensazione. Solo appunto se il dovuto è stato versato. Il provvedimento più celebrato dall’esecutivo, però, è lo stop ai cibi sintetici, cui viene dedicata per intero la conferenza stampa post Cdm e che Giorgia Meloni scende a festeggiare insieme alla Coldiretti al flash mob andato in scena per tutto il pomeriggio accanto a Palazzo Chigi. La premier si fa attendere a lungo dai ministri e anche Antonio Tajani è impegnato, prima del Cdm, sul dossier migranti – al centro dell’agenda dell’esecutivo – in particolare per cercare di sbloccare i finanziamenti alla Tunisia.
La riunione peraltro è preceduta da qualche intoppo: il ministero del Made in Italy deve correre a smentire che con il nuovo ddl concorrenza si intenda rivisitare il calendario dei saldi, una norma che i tecnici – sulla base delle indicazioni dell’Antitrust – avrebbero inserito nelle prime bozze senza avere ricevuto il placet politico e che aveva fatto scattare l’allarme soprattutto tra i piccoli commercianti. Arrivano poi i dubbi sulle coperture e l’esame non va oltre la fase iniziale. Serviranno approfondimenti dicono dall’esecutivo. Mentre nel nuovo Codice appalti – una “rivoluzione” secondo Matteo Salvini – l’esecutivo si sarebbe “scordato” i consorzi artigiani, come denuncia la Cna, impedendo così di fatto agli artigiani l’accesso alle gare. Ma il vicepremier non è in conferenza stampa a spiegare le novità, perché, fa sapere il Mit, resta a Palazzo Chigi impegnato nella cabina di regia sul Pnrr. Il codice porta l’impronta del nuovo governo, come evidenzia una nota del ministero illustrando una norma definita “prima l’Italia”, che premia chi utilizza materiali italiani. Europei tuttalpiù. Nemmeno la premier va in conferenza stampa – in serata dovrebbe tenersi l’ennesima riunione sulle nomine. Ma sui social rimarca che la “priorità” per il governo resta quella di “sostenere concretamente cittadini e imprese”, come fa con i 5 miliardi bollette e sanità. Ai cronisti si presenta Francesco Lollobrigida, accompagnato dal ministro della Salute Orazio Schillaci, per rivendicare lo stop ai cibi sintetici, anche per sventare il rischio “di ingiustizia sociale, in una società in cui i ricchi mangiano bene ed i poveri no”.
Entusiasti per lo scampato pericolo gli agricoltori che a sorpresa ricevono in serata la visita della premier. Il disegno di legge vieta la produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici, un cavallo di battaglia di Fdi, citato spesso anche dalla premier in occasione della partecipazione agli eventi degli agricoltori. Il principio base è quello di “precauzione” dice Schillaci, che non fa direttamente menzione invece del pacchetto sanità (approvato però in Cdm) che prevede più fondi per gli straordinari dei medici in Pronto soccorso, limiti ai camici bianchi a gettone e l’introduzione di una nuova aggravante per chi aggredisce medici e infermieri, per arginare i fenomeni di violenza in corsia. Anche il nuovo reato ha avuto bisogno di qualche limatura tecnica, con gli uffici della Giustizia mobilitati.
“Un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022”. E torna a rialzare la testa, dopo la pandemia, anche l’usura, “il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%). Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura”. Lo dicono i dati emersi da una ricerca dell’Ufficio studi di Confcommercio presentati oggi in occasione della decima Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” con gli interventi del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, Ivano Maccani.
Sull’usura, “il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove si registrano percentuali più elevate e dove, in particolare, l’usura è indicata in aumento da oltre il 30% delle imprese. A Roma questo fenomeno è segnalato in crescita dal 28,5% degli imprenditori”. Inoltre, sempre secondo le stime di Confcommercio, “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro. In termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro”. “È preoccupante ritrovarci qui anche quest’anno ad osservare che, tra le diverse categorie di criminalità che colpiscono i nostri settori, è l’usura ad essere il fenomeno illegale percepito ancora in maggior aumento dagli imprenditori”, ha esordito Sangalli, “un fenomeno insidioso e particolarmente doloroso, che più di altri rischia di essere circondato da un silenzio assordante”.
“Gli strascichi dell’emergenza pandemica – ha quindi sottolineato -, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura. Anche per questo, quando chiediamo moratorie, fiscali e creditizie, non chiediamo salvagenti per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove, sulla pinna della criminalità organizzata”. “Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo oggi – si è quindi appellato -: denunciare si deve, si può e conviene. Si deve, perché è un dovere civile. Si può, perché è una scelta di cui ciascuno è responsabile. Conviene perché il costo complessivo dell’illegalità per commercio e pubblici esercizi è di 24 miliardi di euro sul fatturato”. “Dobbiamo fare il possibile per rintracciare questi fenomeni e portarli a soluzione – ha affermato in proposito Piantedosi -. C’è una fiducia crescente nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, serve più sensibilizzazione e formazione; il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sè la tragedia che si sta vivendo. Bisognerà pensare anche ad un sostegno psicologico individuale”. Gli strumenti comunque, ha aggiunto riferendosi sia al Fondo di solidarietà gestito dal ministero dell’Interno sia al Fondo di prevenzione gestito dal ministero dell’Economia, “possono non essere esaustivi ma ci sono, anche se – è l’impegno preso – va studiato un salto di qualità”.