Andrea Leccese, 43 anni, è un saggista e pioniere del sindacalismo militare. Esperto di misure di prevenzione. Pugliese di nascita.
Partiamo dall’ultimo libro, Malapuglia, edito dalla Castelvecchi. Un libro a mio modesto avviso efficace nella sua semplicità. Perché lo hai scritto?
Un paio di anni fa mi sono accorto che non c’era un solo saggio che parlasse delle mafie pugliesi. E questo mi è sembrato un evidente sintomo di sottovalutazione. Così ho deciso di scrivere “Malapuglia”, che a dispetto del titolo è un atto d’amore verso la mia Regione. Come diceva Sciascia, i mali sociali sono come le malattie individuali: nasconderli non serve certo a risolverli.
Sei un antesignano dei sindacati nelle forze armate, ci spieghi in due parole la loro utilità?
Due parole sono poche, ma ci provo. Direi che democratizzazione è segno di maggiore efficienza. Il carabiniere più tutelato, più preparato e più motivato lavorerà meglio. Lapalissiano. Il sindacato dovrà difendere più efficacemente i diritti civili e sociali dei lavoratori con le stellette, anche per il bene della collettività. Per questo, le nuove organizzazioni sindacali dovranno evitare assolutamente quelle tendenze corporativiste che – come sostiene Guglielmo Picciuto, altro pioniere del sindacalismo militare – inquinano ormai da molto tempo il comparto sicurezza. Abbiamo bisogno di sindacati, non di dannose corporazioni, magari al guinzaglio delle forze più retrive del Paese!
Nei tuoi articoli ti sei occupato spesso dei depistaggi, vero e proprio problema storico del nostro Paese. Come limitarli?
Ho scritto in particolare dei depistaggi sulla strage di piazza Fontana. Ci furono allora dei traditori, all’interno della polizia giudiziaria, che per qualche motivo si misero al servizio di chi allora decise di fare politica con le bombe. E allora torniamo al tema del sindacato. Nel 1974, Stefano Rodotà sostenne, senza mezzi termini, che una polizia sindacalizzata, integrata nella società, sarebbe stata meno disponibile a sporche operazioni di potere.
Oggi per chi combatte il malaffare e la mafia e di moda il mascariamento, la delegittimazione. Me ne dai una descrizione?
Ma chi combatte la mafia e il malaffare è sempre stato bersaglio di cose del genere. Se fai fino in fondo il tuo dovere e stanno con le spalle al muro, allora cercano di screditarti. Mi tornano in mente le “bufale” – oggi le chiameremmo fake news – messe in circolazione contro il processo Andreotti, per fare un esempio. E consentimi una citazione cinefila: penso al giudice Salvemini (Alberto Sordi) nel film “Tutti dentro”, un magistrato irreprensibile che, quando ficcò il naso in un’inchiesta su personaggi molto potenti, da inquisitore si ritrovò inquisito. Rimase cioè schiacciato dalla controffensiva del sistema, tanto da chiedersi «se è ancora utile investire tante energie per l’applicazione delle leggi o se invece, rinunciando a vacue speranze e ad aspettative mai ripagate, non ci convenga accettare l’ingiustizia come regola e non come eccezione». Io direi che vale sempre la pena lottare per la legalità, per applicare la Costituzione fino in fondo, giorno dopo giorno, ognuno per la sua parte, con le utopie quotidiane di cui parla Zoja.
Ora una domandina standard per la nostra rubrica: che rapporto hai con la paura?
Be’ io cerco di limitare più possibile il peso della paura sulle mie decisioni.
Il nostro Paese si trova sempre in una posizione delicata. Riuscirà ad uscirne secondo te?
No, io non ho la pretesa di dettare ricette di palingenesi nazionale. Certo la migliore agenda politica possibile dovrebbe avere lo scopo di applicare finalmente i principi costituzionali, che sono stati scritti nel periodo di gran lunga più felice della nostra storia. Ricordiamocelo.
Hanno tentato di scappare utilizzando un lenzuolo i due detenuti che ieri hanno provato a evadere dal carcere di Bellizzi, ad Avellino. I due carcerati sono stati però bloccati dalla polizia penitenziaria, mentre cercavano di superare il muro di recinzione. Un terzo, che come gli altri due si era allontanato dalla sezione di isolamento, sentendosi braccato, ha invece deciso di rientrare. Nel frattempo, all’esterno, era già scattato il piano predisposto per il contrasto alle evasioni dai penitenziari: il carcere è stato cinturato dalle forze dell’ordine e il funzionario della Polizia di Stato delegato dal questore di Avellino Pasquale Picone, raggiunto il complesso penitenziario, ha coordinato la “macchina organizzativa” tenendo costantemente informati sia il questore, sia l’autorità giudiziaria. Sono state anche fatte arrivare ulteriori pattuglie per presidiare le vie di fuga dalla città. I due detenuti, identificati, sono posti in altra cella sotto stretto controllo della polizia penitenziaria. Solo a notte fonda la situazione è rientrata.
“Il sistema penitenziario campano oramai è allo sbando – commentano il presidente e il segretario regionale dell’Uspp Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio – oramai tra i detenuti si è diffuso un senso di impunità perché non vengono applicati criteri sanzionatori. Chiediamo ai vertici del dipartimento nonché alla politica di valutare l’operato del provveditore della Campania perché a tutt’oggi non è riuscito neanche a mandare un supporto al carcere di Avellino”. “Oramai in Campania la situazione è fuori controllo”, dichiara il segretario regionale del Sappe in Campania Tiziana Guacci. Siamo molto preoccupati per la situazione del carcere di Avellino ma anche degli altri istituti penitenziari campani. Da tempo aspettiamo segnali dai vertici dipartimentali: abbiamo richiesto un tavolo di confronto con il prefetto al fine di trovare soluzioni condivise visto che la situazione rischia di compromettere l’ordine pubblico”.
È di tre morti il bilancio di un incendio avvenuto ieri sera intorno alle 23.00 a Milano in un emporio di articoli cinesi in via Ermenegildo Cantoni 3. Le vittime sono tutte giovani e di nazionalità cinese: si tratta di due fratelli di 19 e 17 anni ed un’altra di 24 anni. Sul posto sono intervenuti cinque mezzi del Comando di Milano che hanno lavorato tutta la notte per domare le fiamme e poi procedere alla messa in sicurezza del magazzino.
Carabinieri e polizia scientifica stanno indagando per capire le dinamiche dell’evento. Sul posto anche 118 e polizia locale. I Vigili del fuoco stanno ancora lavorando per procedere al raffreddamento degli ambienti ed al conseguente smassamento.
Nuova vittima sul lavoro in provincia di Brescia. Un operaio di 55 anni è infatti morto travolto da un carico. È accaduto nei capannoni della Bettoni Plastiche di Torbole Casaglia. L’uomo stava movimentando un carico quando ha perso l’equilibrio e il peso lo ha schiacciato.