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Politica

Ancora sbarchi, il Governo cerca soluzioni sui migranti

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Riprendono nel weekend le partenze di migranti, dopo alcuni giorni di stop. Oltre 500 sono arrivati nelle ultime ore a Lampedusa: recuperato anche un cadavere in mare. Mentre la Guardia costiera tunisina ne ha riportati a terra 511. E 140 sono stati intercettati da un’unità libica. A Cutro è stata trovata la 92/a vittima del naufragio del 26 febbraio. Martedì pomeriggio a Palazzo Chigi la presidente Giorgia Meloni farà il punto sul dossier in una nuova riunione – analoghe si sono svolte nelle scorse settimane – con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini ed i ministri di Interno e Difesa, Matteo Piantedosi e Guido Crosetto. Del tema la premier ha parlato ieri con il capo dello Stato, Sergio Mattarella. I primi 3 mesi dell’anno si sono chiusi con 27.280 sbarcati, il quadruplo rispetto allo stesso periodo del 2022, quando erano stati 6.800. Il sistema d’accoglienza è sotto pressione: 120mila presenze rispetto alle 80mila di un anno fa.

Preoccupa la Tunisia che, ha convenuto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, “ha bisogno di aiuti per gestire in modo umanitario i flussi dall’Africa subsahariana”. Sempre martedì, inoltre, potrebbero arrivare i pareri del Governo sui 126 emendamenti al decreto legge Cutro all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato: 21 sono stati presentati dalla Lega che chiede una maggiore stretta. Il bilancio dei flussi del primo trimestre preoccupa. Le proiezioni disegnano scenari di oltre 300mila arrivi a fine anno. E l’Esecutivo gioca su più tavoli per cercare di arginare i viaggi attraverso il Mediterraneo centrale. In primo piano c’è il pressing per sbloccare la prima tranche di aiuti del Fondo monetario (300 milioni di dollari) alla Tunisia, sull’orlo del collasso economico ed ormai meta a sua volta di immigrazione, con diverse centinaia di migliaia di subsahariani presenti dentro i propri confini che non riesce più a controllare.

Dalle coste di Sfax parte il maggior numero di barchini. Un business molto redditizio per i trafficanti che arrivano a farsi pagare mille euro per la tratta verso Lampedusa. C’è poi il negoziato con Bruxelles: Meloni è impegnata a far salire in alto il tema nell’agenda europea. C’è quindi Piantedosi, alle prese con il problema più immediato: sistemare chi sbarca. Il titolare del Viminale – che una settimana fa ha invitato i prefetti ad attivarsi per reperire strutture di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati (sono già 2.600 quelli arrivati quest’anno) – ha messo sul tavolo alcune proposte: con l’ok di Crosetto, la Difesa metterà a disposizione navi ed aerei militari per svuotare l’hotspot di Lampedusa – ormai costantemente sovraffollato – nelle giornate di maggiore picco di presenze. Si punta poi a potenziare i rimpatri, dal momento che il grosso dei migranti – è il ragionamento del ministero – proviene da Paesi cosiddetti sicuri e non avrebbe i requisiti per ottenere la protezione. L’obiettivo è quello di adottare alla frontiera procedure accelerate per l’esame delle domande di protezione, in modo da dare una risposta in tempi più veloci ed agevolare così il rimpatrio per chi non ottiene il diritto di restare in Italia.

Collegato a questo aspetto è il potenziamento della rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio, dove trova posto chi rifiuta di di farsi identificare. Ne servono di più – almeno uno per regione – e con una maggiore capienza. In questa direzione vanno anche alcuni degli emendamenti proposti dalla Lega al dl migranti; c’è, ad esempio, il prolungamento dei tempi di detenzione all’interno dei Cpr dagli attuali 90 giorni prorogabili per altri 30, a 180 giorni prorogabili sempre di 30; nonchè un’ulteriore stretta sulla protezione speciale. Il decreto, che dovrebbe arrivare in Aula tra il 18 e il 20 aprile, va convertito in legge entro il 9 maggio.

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Offese a Kyenge, Calderoli condannato a 7 mesi

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Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, in Tribunale a Bergamo nel nuovo processo per la vicenda delle offese all’allora ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che il 13 luglio 2013 definì “orango” alla festa della Lega di Treviglio (Bergamo) durante un comizio. L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. La Cassazione aveva annullato le precedenti condanne in primo e secondo grado. A dicembre il reato andrà in prescrizione.

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Politica

Stop ai controlli sul Pnrr,tensione Corte conti-governo

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Nessun passo indietro, ma la promessa di trovare un nuovo “modello” di relazioni, “nel rispetto delle competenze”. E per elaborare, insieme, un “codice dei controlli”, che fissi una volta per tutte le regole. Nel giorno in cui ufficialmente cambia i poteri della Corte dei Conti sul Pnrr, escludendo il “controllo concomitante” per i progetti legati al Piano, il governo incontra i magistrati contabili per spiegare la ratio dell’intervento e cercare di chiudere uno scontro istituzionale che si è trascinato per giorni. Proprio mentre il presidente della Corte, Guido Carlino, siede di fronte a Raffaele Fitto e al sottosegretario Alfredo Mantovano a Palazzo Chigi, alla Camera le commissioni votano l’emendamento della discordia, che esclude il Pnrr dal check in corso d’opera dei magistrati contabili e che, in aggiunta, proroga di un altro anno, fino a giugno 2024, lo scudo alla responsabilità erariale, bocciato ripetutamente dalla Corte.

“Il controllo concomitante può accelerare le opere” anche del Pnrr, aveva spiegato poco prima Carlino alla commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro, difendendo la bontà dell’azione della Corte a supporto delle attività delle amministrazioni. Una azione preventiva utile anche a non incorrere in errori, bocciature successive e pure nel rischio di essere perseguiti per danno erariale. Ma sul Pnrr alla Corte è affidato “il controllo ex post”, ha precisato Fitto in Aula, cercando al contempo di smorzare la polemica e di assicurare che non era in corso alcuno “scontro” tra poteri. Lo stesso ragionamento che il titolare del Piano ha esposto anche ai giudici a Palazzo Chigi, affiancato da Mantovano. Il risultato di un’ora e mezza di confronto è un messaggio, veicolato da Palazzo Chigi, di pace fatta. Di condivisione della necessità di una “leale collaborazione” assieme a quella di stringere i bulloni di una interlocuzione che, evidentemente, in queste settimane ha subito qualche intoppo. La promessa è di rivedersi già la prossima settimana per aprire un tavolo per la “revisione della disciplina della responsabilità erariale, del meccanismo di controllo concomitante e dell’adozione di un codice dei controlli”.

Bisogna poi impostare “un modello di relazione e scambio di informazioni più intenso e puntuale”. La volontà, insomma, è quella di gettare acqua sul fuoco di uno scontro stigmatizzato duramente dalle opposizioni, che invano hanno cercato la via della non ammissibilità dell’emendamento del governo al decreto Pa. Criticata duramente, in particolare dai Dem, anche la scelta di votare proprio mentre era in corso l’incontro a Palazzo Chigi. Il governo è pronto a mettere mano anche allo scudo erariale per dare “stabilità” alla disciplina, ferma restando la proroga attuata pur avendo “preso atto della contrarietà della Corte”. Si tratta di una norma “transitoria” in attesa della riforma in materia di responsabilità amministrativa e contabile”, ha assicurato sempre Fitto, ribadendo che l’intenzione dell’esecutivo è quella di accelerare sull’attuazione del Pnrr.

Nel frattempo è anche già stata avviata “dal 18 maggio”, come precisa via Twitter, l’interlocuzione con Bruxelles sul nuovo capitolo legato al RepowerEu, che avrà due linee di intervento sostanziali, sulle “infrastrutture energetiche” e sugli “incentivi per dare una risposta per l’efficientamento energetico per famiglie e imprese”. “Siamo pronti a collaborare”, ha assicurato da Torino il commissario europeo Paolo Gentiloni. Precisando però, interpellato sulla scelta dell’esecutivo italiano rispetto alla Corte dei Conti, che non spetta all’Europa il controllo di “fenomeni di frode, di corruzione, di doppia spesa dei diversi fondi”.

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Economia

L’ultima di Visco, ora si apre il nodo successione a Bankitalia

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Poche parole ‘a braccio’ di ringraziamento ai colleghi di 50 anni di lavoro nella Banca, una relazione senza sconti su quei temi e proposte che non condivide ma con toni pacati e un lungo applauso finale. Le ultime considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco si svolgono, nel salone dei partecipanti di Palazzo Koch, come da tradizione dopo la parentesi del Covid: platea gremita di banchieri, industriali, autorità e sindacalisti. In prima fila gli alti vertici della banca e l’ex premier e numero uno di Via Nazionale e della Bce Mario Draghi. Assente, come d’abitudine, il governo che da ora fino a novembre, quando scadrà il secondo mandato del governatore, dovrà trovare il nome del sostituto. Una casella ‘pesante’ nel puzzle delle nomine che molti indicano verrà occupata da Fabio Panetta, ora nel board della Bce ma con un lungo e inappuntabile curriculum in Banca d’Italia.

A Via Nazionale è arrivato fino alla carica di direttore generale prima di essere chiamato a Francoforte a inizio 2020. Altre soluzioni, quella interna con l’attuale dg della banca Luigi Federico Signorini o di un outsider esterno riscuotono quotazioni inferiori negli ambienti finanziari e della maggioranza parlamentare. L’iter della nomina tuttavia vede un ruolo non notarile del Presidente della Repubblica al quale, secondo la legge, spetta il decreto di nomina su “proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Va poi ricordato come la banca sia parte dell’Eurosistema Bce che non deflette sulle caratteristiche di autonomia e indipendenza. Per il momento Visco incassa le parole di elogio dei diversi attori della scena finanziaria. Per Gros Pietro “il governatore è un grande economista, un bravissimo economista” mentre il presidente di Unciredit Pier Carlo Padoan (che occupava la carica di ministro dell’economia ai tempi delle crisi bancarie con Visco governatore), “”il paese deve essere grato a Ignazio Visco” per ” il suo contributo personale a quello che ha fatto la Banca d’Italia in questi anni”.

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