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Politica

Almasri, parte indagine tribunale. Giallo al ministero

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Il clima teso con le opposizioni non è l’unico fronte caldo nell’inchiesta sul caso Almasri, che vede indagati i vertici di governo. Le indagini del Tribunale dei ministri partono tra stupore e punti interrogativi che si diffondono innanzitutto negli uffici di via Arenula: a oltre dodici ore dalla notizia diffusa dal Corriere della Sera e da Repubblica, secondo cui sarebbe stata chiesta l’acquisizione di una serie di atti al ministero della Giustizia, il Guardasigilli Carlo Nordio e il suo capo di gabinetto non risultano a conoscenza di alcun ordine di esibizione documentale da parte dei magistrati. Quelle stesse richieste – secondo i due quotidiani – sono pervenute al ministero, alla Corte d’appello e alla procura generale di Roma. Si tratta dei documenti che servono per ricostruire quanto accaduto tra l’arresto e il successivo rilascio del generale libico avvenuto due giorni dopo, su cui pendeva un mandato di arresto internazionale diffuso dalla Corte dell’Aja.

L’obiettivo è capire la sequenza esatta e i tempi di azione di ogni singolo protagonista della vicenda: per questo nel materiale acquisito ci sarebbero le interlocuzioni tra il tribunale e il ministero della Giustizia, tra la Corte penale internazionale, l’ufficio di collegamento dell’ambasciata italiana in Olanda e via Arenula e la bozza del provvedimento preparato dai funzionari dello stesso dicastero, che rimase tale e che doveva servire a tenere in carcere il generale libico. Nessun commento ufficiale arriva però da via Arenula, anche perché Nordio – che è in Turchia per una serie di incontri istituzionali – e il capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi, hanno appreso la notizia dai giornali e non risultano essere stati ancora informati dopo un’intera giornata. La logica potrebbe far presupporre che in alternativa la domanda del Tribunale sia giunta ad altri uffici dello stesso ministero specificamente preposti a questo tipo di richieste, ma in questo caso resterebbe il giallo sul perché – a distanza di così tante ore – né il Guardasigilli e né il suo braccio destro abbiano ricevuto comunicazioni dai funzionari. Aldilà dei dubbi su cosa possa essere accaduto sul fronte interno del ministero, l’attacco delle opposizioni a Nordio resta costante.

Alla Camera i gruppi di Avs, Pd e M5s hanno chiesto conto, rivolgendosi alla presidenza, delle carte che il ministro, durante l’informativa sul caso Almasri, aveva mostrato in Aula. Quei documenti riguardavano le due versioni del mandato d’arresto spiccato dalla Corte Penale internazionale nei confronti del libico. Alla richiesta si sono associati anche gli altri gruppi mentre il Pd ha inoltre chiesto che a intervenire sia Giorgia Meloni. Dal canto suo il vice presidente di turno della Camera Giorgio Mulé si è già detto disponibile: “Chiederemo se sono intervenute ragioni successive per cui il ministro ha ritenuto, lui o altri, di non inviare” quella documentazione. Contro Nordio le opposizioni (ad eccezione, al momento, di Azione) hanno anche firmato una mozione di sfiducia, in cui si legge che “il ministro della Giustizia ha intrapreso, seguendo le indicazioni della presidente del Consiglio, una condotta di netta contrapposizione con l’ordine giudiziario, minando il principio costituzionale della leale collaborazione tra le istituzioni della Repubblica”.

Nel testo, in cui si parla anche di “Parlamento umiliato”, si sostiene che il ministro “si è posto in aperto contrasto con la Costituzione”. Nuovi sviluppi arriveranno anche per le accuse mosse contro il procuratore di Roma Francesco Lo Voi che, raccogliendo l’esposto poi trasmesso al Tribunale dei ministri, ha di fatto indirettamente aperto la strada alle indagini. Contro di lui, ma anche a suo favore, in queste ore sono state trasmesse alla prima commissione del Csm in tutto tre pratiche che lo riguardano, due delle quali chiedono il trasferimento per incompatibilità ambientale del magistrato. Sarà ora la prima commissione a valutarle e a decidere quando trasmettere le proprie proposte al plenum.

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La Campania rinvia l’approvazione della legge sul fine vita

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Niente di fatto per la legge sul suicidio medicalmente assistito in Campania perché il testo giunto in aula non aveva il via libera della II Commissione bilancio per la necessaria copertura finanziaria. Il testo è stato illustrato dal relatore, il consigliere Luigi Abbate, precisando che il testo legislativo è finalizzato a disciplinare le procedure amministrative, ovvero e i termini amministrativamente perentori e celeri per le risposte delle Asl alle richieste dei malati che si trovino nelle condizioni previste dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Ma per il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, l’assenza del parere della Commissione ha rappresentato un ostacolo insormontabile per poi poter procedere al voto. “Manca la copertura finanziaria alla legge, quindi manca la legge”, ha detto Oliviero.

La scelta ha però suscitato polemiche. “Si tratta di una legge di civiltà ma noi abbiamo perso tanto tempo” ha detto la consigliera regionale Maria Muscarà mentre Severino Nappi (che aveva annunciato il voto a favore del gruppo della Lega) ha evidenziato “l’assenza in aula del presidente della Giunta Vincenzo De Luca, un’assenza indifendibile. Potete fare quello che volete, lo avete fatto centinaia di volte ma mi dispiace che si faccia anche su una vicenda come questa”. Il presidente della Commissione bilancio, Franco Picarone, ha garantito l’impegno della Commissione ad analizzare il testo e che sarà presto rinviato in aula per la discussione. Per Valeria Ciarambino sarebbe stato necessario un lungo dibattito prima dell’approdo del testo in aula, “Io personalmente ho tantissimi dubbi di coscienza” e sarebbe “stato necessario di avere idee più chiare. Non dobbiamo fare nessuna corsa e questi sono tempi che non si approvano a colpi di maggioranza”, ha detto.

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Musumeci sui Campi Flegrei: «Mai sottovalutare i rischi naturali»

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Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, è intervenuto con chiarezza sulla situazione critica dei Campi Flegrei, definendoli «un supervulcano fra i più originali e pericolosi al mondo», dove convivono rischi vulcanici, sismici e bradisismici. Il ministro non ha esitato a riconoscere apertamente «le responsabilità omissive e commissive della politica» e la «incosciente sottovalutazione del multirischio» che ha caratterizzato il passato.

Cultura del rischio e prevenzione

Secondo Musumeci, che ha recentemente firmato un decreto per la mobilitazione straordinaria della Protezione civile nell’area flegrea, è fondamentale diffondere una solida “cultura del rischio”. «La protezione civile non deve limitarsi a soccorrere rapidamente dopo un disastro», ha dichiarato il ministro citando Giuseppe Zamberletti, padre della protezione civile italiana, «ma deve puntare soprattutto sulla prevenzione e la previsione».

Informazione e formazione continua

Musumeci critica fortemente la mancanza di trasparenza nella comunicazione con i cittadini: «Alle centinaia di migliaia di persone che risiedono nell’area dei Campi Flegrei non si è mai parlato chiaro». L’invito è a imparare dal Giappone, dove già nelle scuole si insegna ai bambini come comportarsi in caso di terremoti, con frequenti esercitazioni. «In Italia ne servirebbero almeno tre-quattro l’anno, coinvolgendo famiglie, scuole, imprese e media», sottolinea.

Previsione impossibile, preparazione necessaria

Musumeci sottolinea che la scienza non consente di prevedere con certezza l’evoluzione del fenomeno bradisismico e sismico ai Campi Flegrei. «Non si può escludere nessuno scenario, nemmeno quello più grave», ha avvertito, aggiungendo che panico e allarmismo non aiutano, come non è utile una sottovalutazione semplicistica del rischio. In caso di crisi estrema, conclude il ministro, «bisogna essere pronti a misure precauzionali, compreso il definitivo abbandono delle aree più a rischio».

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Ue: accordo Consiglio e Pe su patente dai 17 anni e digitale

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Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico sull’aggiornamento della direttiva sulla patente di guida che prevede, tra l’altro, la guida accompagnata con una patente ottenuta all’eta’ di 17 anni; una durata di 15 anni del documento e una versione uniforme e digitale delle patenti. In primo luogo, entro la fine del 2030, sara’ disponibile una patente di guida uniforme per tutti i cittadini dell’Ue, inserita nel futuro portafoglio europeo di identita’ digitale (simile all’attuale It Wallet italiano).

La patente di guida digitale sara’ riconosciuta in tutti gli Stati membri dell’Ue. Allo stesso tempo, gli utenti della strada avranno il diritto di richiedere una patente di guida fisica. Entrambe le versioni, fisiche e digitali, saranno valide per guidare autovetture e motociclette piu’ a lungo del caso attuale, vale a dire 15 anni dalla data di rilascio, tranne da quando la patente di guida viene utilizzata come carta d’identita’ (10 anni).

In secondo luogo, per migliorare la sicurezza stradale, si fara’ un passo avanti verso l’armonizzazione dei processi di screening medico applicati negli Stati membri. Al momento del rilascio delle patenti di guida, tutti gli Stati membri richiederanno una visita medica o uno screening basato su un’autovalutazione. Anche le regole relative ai periodi di prova per i conducenti alle prime armi saranno armonizzate: sara’ stabilito un periodo di prova di almeno due anni. Durante questo periodo di prova, dovrebbero essere applicate regole o sanzioni piu’ severe per la guida sotto l’effetto di alcol o droghe, fatte salve le competenze degli Stati membri di regolare il comportamento dei conducenti.

Per affrontare il problema della carenza di conducenti nelle categorie professionali e allo stesso tempo migliorare la sicurezza stradale, sara’ introdotto un regime per la guida accompagnata con una patente (C). Tale regime offre ai richiedenti la possibilita’ di acquisire patenti di guida nelle categorie pertinenti prima del raggiungimento del limite di eta’ minima richiesto, accompagnati da un autista esperto. Il programma sara’ offerto in tutti gli Stati membri per le autovetture. Gli Stati membri possono offrire questa possibilita’ anche per furgoni e camion. Infine, saranno apportate anche modifiche per rendere piu’ facile per i cittadini acquisire una patente di guida quando vivono in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di cittadinanza. Sara’ possibile sostenere test e ottenere una licenza rilasciata nello Stato membro di cittadinanza, se non ci sara’ la possibilita’ di sostenere test in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di cittadinanza. L’accordo provvisorio dovra’ ora essere approvato dai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio (Coreper) e dal Parlamento europeo.

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