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Allevi di nuovo sul palco, ‘in tour torno alla vita’

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“Evviva! Che bellezza”. Giovanni Allevi (foto Imagoeconomica in evidenza) è pimpante mentre, salendo sul palco delle Terme di Caracalla, viene accolto da un caldissimo applauso per il primo dei suoi quattro concerti-evento di questa estate: “Questo tour segna il mio ritorno alla vita” oltre che l’occasione per presentare la sua nuova opera, MM22. Ma “il mio corpo non ce la fa a reggere più di quattro” eventi, avverte. “Mi sono accorto in questi mesi che mi è particolarmente difficile respirare, allora iniziamo il concerto con il brano ‘Aria’”, racconta.

Subito dopo introduce ‘No more tears’ e sempre con il suo modo di fare fa scoppiare a ridere il pubblico: “Se doveste vedere qualche mano che trema è l’effetto di potenti farmaci oppioidi – dice -. Allo stesso tempo se doveste sentire qualcosa di geniale, sicuramente è per lo stesso motivo”. La prima parte dell’esibizione è tutta dedicata ai brani con cui Allevi si è fatto conoscere e apprezzare dal suo pubblico, da ‘Go with the flow’ a ‘Our future’, arricchiti da uno spettacolo di luci – gialle, viola, rosse, verdi a seconda del momento – e dai racconti di Allevi stesso, tra riflessioni su vita, cambiamento climatico e nuove tecnologie. Tra i brani, pure ‘Tomorrow’, uscito nel 2023: “ora considero il mio domani come un presente allargato – dice il compositore – che voglio vivere il più possibile”.

Poi, altri titoli già noti per pianoforte e orchestra, come ‘Sunrise’, ‘Come sei veramente’ e ‘Flowers’, per la gioia di Allevi e di chi lo ascolta. Ma il momento più atteso della serata è quello in cui presenta la sua nuova opera, in anteprima internazionale a Roma. Per l’occasione l’artista accoglie un ospite d’eccezione – Alessandro Barbero, ma in ogni città sarà diverso – con cui avere una conversazione su un tema, in questo caso ‘Eresia’. Partendo da quando fu definito “l’eretico della musica classica”, Allevi chiede allo storico: “ma nella storia gli eretici hanno fatto tutti una brutta fine?” Risate di tutti. “Sì – risponde il professore – tranne quelli che chiedevano scusa, ma lei non chiede scusa quindi escludiamo questa opzione. Nessuno finiva male perché si ostinava a dire di essere eretico. Per loro un eretico non era uno coraggioso, come pensiamo oggi. Era uno stupido che si sbaglia. L’eretico era convinto di avere ragione”.

Al che Allevi lo incalza: “Ma non pensa che in questa società, con l’idea dell’ordine e della sicurezza, stiamo diventando tutti omologati?” E subito Barbero: “Sì, la nostra è un’epoca di conformismo spaventoso e ipocrita – commenta -. Invece di imparare che tutto è relativo, in Occidente siamo ricascati nell’idea conformista. Pensiamo che i nostri antenati erano cattivi perché volevano portare la loro verità nel resto del mondo, e noi che abbiamo ragione vogliamo portare la nostra idea al resto del mondo”. E, poi, altri minuti di chiacchiere dedicate agli argomenti che più interessano e ispirano Allevi, tra cui lo stoicismo. Dunque, finalmente, MM22. Ovvero Mieloma Multiplo e ’22, come l’anno di composizione. Un’opera nata da un letto d’ospedale e un’ispirazione: prendere le lettere della parola che definisce il tumore che lo ha colpito, “mieloma” appunto, e trasformarle in note attraverso un metodo già usato da Bach nella sua ultima opera (incompiuta), ‘L’arte della fuga’.

Allevi davanti al pubblico fa una ‘guida all’ascolto’ in cui spiega la genesi dell’opera e la storia di come ha scoperto di essersi ammalato. Soprattutto, racconta come il Concerto per violoncello e orchestra sia un vero e proprio racconto di ciò che ha vissuto negli ultimi anni: tra i passaggi, titoli evocativi come ‘Battaglia’, ‘Folle vorticoso’ e ‘Nostalgia’ (quest’ultimo già presentato lo scorso 2 giugno). E, pur nel dramma, tanta ironia, come la parte in cui ‘trasforma’ in musica i pochissimi globuli bianchi che hanno rappresentato il suo recupero dopo la fase più difficile. Questo è stato il primo appuntamento di quattro concerti (gli altri sono a Taormina, Venezia e Firenze), in cui Allevi è accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Italiana. A Taormina, il 5 luglio, si parlerà di “Sacro”, con il teologo e filosofo Vito Mancuso. A Venezia, l’8 luglio, il tema sarà “La Follia”, introdotto dal filosofo Luciano Floridi. Infine, a Firenze, il 19 luglio la parola chiave sarà “Bellezza”, con ospite Amalia Ercoli Finzi, ingegnera aerospaziale.

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Esteri

Attacco a Teheran, Pezeshkian accusa Israele: “Volevano uccidermi”

Il presidente iraniano Pezeshkian accusa Israele di un attentato a Teheran. Sei missili contro il Consiglio di sicurezza: ferito, riesce a fuggire. Caccia ai traditori interni.

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Il 16 giugno, poco prima di mezzogiorno, sei missili israeliani hanno colpito un edificio strategico nella zona ovest di Teheran. All’interno si teneva una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale: presente anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che sarebbe rimasto ferito ma riuscito a fuggire.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Fars, vicina ai Guardiani della Rivoluzione, i missili hanno colpito gli ingressi e le uscite dell’edificio, nel tentativo di bloccare ogni via di fuga. Pezeshkian e i presenti si sono salvati solo grazie a un portello d’emergenza.

In un’intervista a Fox News, il presidente ha accusato direttamente Israele: “Hanno cercato di uccidermi”, ha dichiarato.

Il Mossad sotto accusa

In un clima carico di sospetti, Mehdieh Shadmani, figlia del comandante dei Pasdaran Ali Shadmani, ucciso nei raid israeliani, ha pubblicato un post sui social in cui racconta che suo padre cambiava posizione ogni poche ore, senza portare con sé dispositivi elettronici, seguendo rigidi protocolli di sicurezza.

Secondo lei, il Mossad avrebbe superato i metodi tradizionali di spionaggio, lasciando intendere l’esistenza di una falla interna o l’uso di tecnologie avanzatissime.

C’è anche chi ipotizza teorie al limite del surreale: l’ex direttore di un giornale legato alle Guardie, Abdollah Ganji, ha sostenuto che l’intelligence israeliana avrebbe fatto ricorso a scienze occulte e creature soprannaturali per localizzare i bersagli.

Caccia alla talpa

I punti chiave delle ultime analisi da Teheran convergono su tre elementi:

  1. Israele sapeva tutto, non solo i luoghi in cui si trovavano i vertici politici e militari iraniani, ma persino i rifugi alternativi. In alcuni casi, è riuscito a colpire anche i successori dei leader eliminati.

  2. All’interno del sistema iraniano cresce il sospetto di una fonte ai massimi livelli che abbia fornito informazioni al nemico, una dinamica già verificatasi a Beirut con i leader di Hezbollah.

  3. Si amplifica il mito del Mossad: una costruzione utile sia all’Iran, per giustificare le falle nella propria sicurezza, sia a Israele, per rafforzare l’immagine di onnipotenza del proprio servizio segreto.

Una guerra nell’ombra

Il conflitto tra Israele e Iran si è ormai spostato sul piano della guerra segreta, dove le informazioni valgono quanto i missili. In questo scenario, anche i social network e i canali informativi paralleli diventano strumenti di propaganda, specchi deformanti attraverso cui i nemici si osservano, si temono e si combattono.

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Economia

Vincenzo Celeste, ambasciatore italiano al Coreper: il napoletano in prima linea nelle decisioni Ue

L’ambasciatore Vincenzo Celeste rappresenta l’Italia al Coreper II, l’organismo chiave che collega gli Stati membri alle istituzioni Ue. Esperienza, competenza e un ruolo strategico.

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Sono figure spesso poco conosciute dal grande pubblico, ma decisive nel cuore dell’Unione Europea. Gli ambasciatori permanenti presso la Ue costituiscono il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti), vero snodo tra gli Stati membri e le istituzioni europee. È questo organismo che prepara le decisioni più sensibili e rappresenta il primo filtro politico tra i governi e Bruxelles.

Negli ultimi anni, la loro importanza è cresciuta in modo esponenziale. Le grandi crisi – dalla pandemia al conflitto in Ucraina, dalle tensioni globali sui dazi al Green Deal – hanno imposto risposte rapide e coordinate. Durante il Covid, nonostante il lockdown, le riunioni del Coreper si sono tenute in presenza, consapevoli che le delicatezza degli scambi diplomatici richiedeva contatti diretti e continui. E ancora oggi, come nella riunione d’urgenza di ieri sui dazi, sono loro i primi ad agire.

Chi è Vincenzo Celeste, la voce dell’Italia nel Coreper II

A rappresentare l’Italia nel Coreper II, il gruppo che affronta i dossier politici più delicati – politica estera, difesa, commercio, fisco – è Vincenzo Celeste (foto in evidenza di Imagoeconomica), ambasciatore permanente presso l’Unione Europea dal 17 aprile 2023. Napoletano, con un profilo istituzionale di altissimo livello, Celeste è un profondo conoscitore dei meccanismi europei e delle dinamiche brussellesi.

Il suo percorso inizia già nel cuore della Rappresentanza italiana a Bruxelles, dove è stato primo consigliere d’ambasciata dal 2005 al 2010. Successivamente ha assunto il ruolo di coordinatore a Palazzo Chigi per le procedure di infrazione Ue, maturando una visione precisa della dialettica tra istituzioni italiane ed europee.

Ha poi affiancato Enzo Moavero Milanesi come consigliere diplomatico e vicecapo di gabinetto alla Farnesinadurante il mandato da ministro per gli Affari europei, consolidando ulteriormente il suo profilo tecnico-politico.

Dal 2019 al 2023 è stato direttore generale per l’Europa e la politica commerciale internazionale al Ministero degli Esteri, un incarico cruciale in anni dominati da trasformazioni geopolitiche e guerre commerciali.

Un ruolo strategico per l’Italia

Celeste non è solo un esperto tecnico. In un’Europa in continua ridefinizione, la sua figura rappresenta la capacità dell’Italia di contribuire alle scelte più complesse con autorevolezza e competenza. Il Coreper è infatti il luogo dove si forgia il compromesso, dove i Paesi negoziano le decisioni prima che arrivino sul tavolo dei ministri o del Consiglio europeo.

L’esperienza e il radicamento europeo dell’ambasciatore Celeste permettono all’Italia di avere una voce solida, capace di incidere nelle trattative su dossier sensibili come dazi, sicurezza energetica, difesa comune e aiuti di Stato.

In un’epoca in cui i cittadini chiedono all’Europa risposte più rapide ed efficaci, il lavoro quotidiano di figure come Celeste è ciò che rende possibile la costruzione di un’Unione coesa e reattiva.

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Cultura

Riccardo Muti a Pompei: “Ogni ritorno in Campania è un tuffo nel mio passato. La cultura del Sud va difesa”

Riccardo Muti si racconta al Mattino: l’amore per Napoli, la formazione al San Pietro a Majella, l’omaggio a Rota e la difesa della cultura del Sud con la musica.

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Riccardo Muti torna in Campania e si lascia avvolgere dalla memoria. «Ogni ritorno a Napoli o a Pompei è un ritorno all’infanzia, all’adolescenza, alla nostalgia di un passato meraviglioso, di luoghi magici», racconta in una lunga intervista al Mattino. E lo fa alla vigilia del concerto che il 24 luglio dirigerà nell’anfiteatro degli scavi di Pompei con l’Orchestra Giovanile Cherubini.

Nel ricordo di quel ragazzo che a Pompei fece la Prima Comunione nella Basilica del Rosario e che a Napoli, tra il liceo Vittorio Emanuele e il conservatorio San Pietro a Majella, pose le basi di una carriera leggendaria, c’è tutta l’intensità di un uomo che continua a difendere la cultura del Sud.

Un programma per tutti, ma non semplice

Nel programma della serata, nell’ambito della rassegna “Beats of Pompeii”, brani popolari ma non banali: Bellini, Verdi, Rota e Ravel. «Sì, è musica che tutti conoscono, ma non per questo è semplice. È un repertorio che mostra diverse sfumature della grande musica sinfonica», spiega Muti.

In particolare, “Le quattro stagioni” di Verdi da I Vespri siciliani è un passaggio che il Maestro difende con forza: «È uno dei brani sinfonici più importanti di Verdi. Eppure viene spesso tagliato a teatro: è un errore. È un delitto tagliarlo».

L’omaggio a Nino Rota, il maestro dimenticato

Nel programma anche la celebre colonna sonora de Il Padrino di Nino Rota, di cui Muti parla con affetto e riconoscenza: «Fu lui a riconoscere il mio talento e ad indicarmi il percorso da seguire. È grazie a lui se ho fatto la strada che ho fatto».

Ma aggiunge con amarezza: «In Italia Rota non è ancora considerato come merita. È stato molto di più che un autore di colonne sonore: ha scritto musica sinfonica, operistica, da camera. Tutta da scoprire».

San Pietro a Majella: promesse ancora non mantenute

Il Maestro non nasconde la delusione per lo stato del Conservatorio di Napoli dove si formò: «L’ultima volta che sono passato da lì sono rimasto molto colpito negativamente. So che la Regione ha stanziato fondi importanti e che i lavori dovrebbero partire a novembre, ma in Giappone in questo tempo avrebbero costruito un grattacielo. Basta progetti infiniti. San Pietro a Majella è un patrimonio mondiale, non solo napoletano».

Pompei e i luoghi della cultura del Sud

Il concerto a Pompei è la tappa finale di un tour iniziato a Udine e passato da Lucca. Un ritorno, due anni dopo l’esibizione nel Teatro Grande degli Scavi in occasione delle “Vie dell’Amicizia”. Ma è anche una dichiarazione d’amore per la cultura meridionale.

«Pompei, Paestum, Agrigento… sono luoghi che raccontano la bellezza e la storia millenaria del Sud», dice. E ricorda l’emozione di suonare davanti al Tempio della Concordia o al Tempio di Nettuno, mentre si alzava la luna.

La missione di un uomo del Sud

«Vorrei che questi eventi non fossero episodi isolati, ma parte di un percorso culturale forte», afferma Muti con passione. E aggiunge: «Io, napoletano da parte di madre e pugliese da parte di padre, sento il dovere di difendere i valori della cultura meridionale, tanto più attraverso la musica, che è un linguaggio universale capace di unire i popoli».

La musica, per Muti, è un ponte verso la pace, uno strumento per rendere l’uomo migliore, un messaggio rivolto soprattutto ai giovani: «Devono amare le loro radici e la loro terra. Io continuo a farlo».

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