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Allarme migranti in Usa, New York trema

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L’allerta migranti resta alta negli Stati Uniti. Anche se le città al confine con il Messico stanno sperimentando un flusso inferiore alle previsioni, si prevede che nelle prossime settimane gli arrivi aumenteranno fino a raggiungere la soglia di 14.000 persone al giorno. Un numero difficile da gestire per le autorità di frontiera e i tribunali, chiamati a esaminare le richieste di asilo. Ma anche per le città democratiche ‘santuario’, ovvero quelle più aperte all’accoglienza come New York, meta preferita dai nuovi arrivati. La Grande Mela è già alle prese con una “emergenza umanitaria” per i migranti e trema di fronte alla possibilità di nuovi arrivi. Le strutture di ospitalità sono allo stremo e le ultime ipotesi ventilate dalle autorità, come la conversione in rifugio di una palestra di una scuola a Coney Island, sono state duramente criticate. Nel mirino delle polemiche sono finiti il sindaco Eric Adams e la governatrice dello Stato Kathy Hochul, accusati di non essere stati in grado di organizzare una risposta adeguata affidandosi esclusivamente a misure temporanee, come ‘sfrattare’ i veterani dell’Afghanistan e del Vietnam da strutture dedicate per far posto ai nuovi arrivati. Mentre la polemica impazza, la Casa Bianca segue da vicino gli sviluppi consapevole che l’immigrazione sarà uno dei temi cruciali della campagna elettorale del 2024. Joe Biden prima di insediarsi nel 2020 si era impegnato a smantellare la linea dura sull’immigrazione voluta da Donald Trump.

Ma la ricetta proposta e ora in vigore è, secondo gli esperti, ben più rigida di quella del suo predecessore perché vieta ai migranti di chiedere l’asilo senza aver precedentemente richiesto lo status di rifugiati in un altro Paese prima di entrare negli Stati Uniti. Norme quindi stringenti che stanno creando al presidente non pochi problemi anche all’interno del suo stesso partito. I democratici sono infatti divisi sul tema: molti sindaci e governatori liberal hanno chiesto un maggiore sostegno federale per far fronte all’emergenza. Altri hanno duramente criticato la decisione di Biden di inviare truppe al confine pur plaudendo alla fine delle restrizioni dell’era Trump. Altri ancora avrebbero voluto che il Title 42, ovvero i paletti imposti agli arrivi per il Covid e ora caduti, fosse prolungato. Per Biden quindi un campo minato all’interno del suo partito proprio all’avvio della sua nuova campagna elettorale, al quale si aggiungono le critiche dei repubblicani in primis Trump. L’ex presidente sul suo social Truth non risparmia attacchi all’amministrazione Biden. “La massiccia invasione al confine sud è senza precedenti. E’ assolutamente pazzesco”, ha scritto in uno dei diversi post sull’argomento. Proprio nel 2016 Trump aveva cavalcato l’idea del Muro con il Messico per fermare l’ondata di migranti, un progetto che ha perseguito senza grandi successi quando ha conquistato la Casa Bianca ma che ora torna alla ribalta. Guarda ai migranti anche Ron DeSantis: il governatore della Florida e papabile candidato al 2024 intende infatti cavalcare l’emergenza migranti per attaccare Biden e il rivale Trump, con il quale si sfida a distanza e al quale vuole sottrarre voti per conquistare la nomination repubblicana prima e la Casa Bianca poi.

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Ribadito il no alla Russia per cerimonia anniversario Hiroshima

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Per il terzo anno consecutivo, la Russia e la Bielorussia non saranno invitate alla commemorazione dell’anniversario della bomba atomica che si terrà il 6 agosto nella città di Hiroshima, mentre l’invito sarà esteso a Israele. Lo anticipa il giornale online Asahi Shimbun, che cita fonti a conoscenza del dossier, spiegando che i rappresentanti di Russia e Bielorussia saranno considerate “persone non grate” alla cerimonia annuale al Memoriale della Pace, a causa del conflitto in corso in Ucraina .

“La situazione non è cambiata rispetto all’anno scorso, e per questo motivo attueremo le stesse decisioni , ha dichiarato all’Asahi un funzionario dell’amministrazione cittadina, con il governo centrale che è stato già informato della decisione. Hiroshima ha tuttavia intenzione di invitare un rappresentante di Israele – che da ottobre è impegnato in una guerra contro il gruppo militante islamico Hamas da ottobre, riferisce l’Asahi.

“Non c’è in questo momento un’opinione condivisa nei Paesi del mondo sul conflitto in corso in Medio Oriente. Per questo motivo vogliamo trasmettere un messaggio di pace invitando Israele”, affermano le fonti. Nel 2023, per il 78/esimo anniversario del bombardamento atomico, Hiroshima aveva richiesto la presenza dei leader e degli ambasciatori di 167 Paesi. La mattina del 6 agosto del 1945 un ordigno atomico venne sganciato dal bombardiere B29 statunitense ‘Enola Gay’, causando la morte di circa 140.000 residenti. Una seconda bomba venne utilizzata su Nagasaki il 9 agosto, con un bilancio di 74.000 vittima, decretando di fatto la fine della Seconda guerra mondiale pochi giorni dopo, con la resa incondizionata del Giappone.

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Somalia rifiuta dialogo con l’Etiopia su accordo col Somaliland

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Il Governo federale somalo ha dichiarato con fermezza che non avvierà alcun dialogo con l’Etiopia in merito agli accordi tra Addis Abeba e l’autoproclamata regione del Somaliland. La decisione, come riporta il sito Shabelle Media, è stata annunciata in risposta a un comunicato del G7 che esprimeva preoccupazione per l’accordo tra Etiopia e Somaliland, che la Somalia considera una violazione della propria sovranità e integrità territoriale.

La Somalia ha manifestato un forte impegno a mantenere la pace e la stabilità regionale e ha espresso la volontà di collaborare con il G7 e altri partner internazionali. Il Somaliland non è riconosciuto a livello internazionale come Paese indipendente, sebbene gestisca le proprie forze armate e la propria banca centrale e tenga regolari elezioni dal 1991, anno in cui ha rivendicato l’indipendenza dalla Somalia, pochi mesi dopo la caduta del Paese nella guerra civile.

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Per Kiev 60 miliardi da Usa, subito la difesa aerea

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Una sessantina di miliardi, con l’arrivo delle prime forniture militari entro la prossima settimana: è quanto vale il nuovo pacchetto di aiuti americani che il Congresso potrebbe approvare entro il weekend, con tanto di firma del presidente Joe Biden. Il Pentagono sta già preparando il primo lotto, che comprenderà munizioni di artiglieria (a partire da quelle da 155 mm) e mezzi di difesa aerea come i Patriot, quelli di cui Kiev ha disperatamente bisogno per difendersi dalla crescente offensiva russa. Ad accorciare i tempi di consegna è il fatto che parte degli armamenti si trova negli arsenali americani in Europa.

Oltre un terzo dei fondi (23,2 miliardi) resterà negli Usa, per riapprovvigionare i magazzini Usa, in parte svuotati proprio per fornire assistenza all’Ucraina. Il resto degli aiuti sarà distribuito in due direzioni: 13,8 miliardi di dollari saranno destinati all’acquisto di sistemi d’arma avanzati, prodotti e servizi per la difesa dell’Ucraina, 11,3 miliardi di dollari invece verranno spesi per le operazioni militari statunitensi in corso in Europa.

Il disegno di legge prevede anche un aiuto finanziario diretto al bilancio ucraino pari a 7,85 miliardi di dollari ma sotto forma di un prestito che potrà essere cancellato dal presidente, dopo le elezioni del 5 novembre: nessun problema se resterà Biden, mentre Donald Trump potrebbe chiederne la restituzione. In ogni caso questi fondi non potranno essere usati per pagare le pensioni. Un altro punto interessante del provvedimento è l’obbligo per il presidente Usa di trasferire immediatamente i missili Atacms a lungo raggio all’Ucraina.

A meno che non ritenga che danneggi gli interessi nazionali americani, in tal caso dovrà informare il Congresso rischiando di essere accusato dai repubblicani di non fare tutto il possibile per Kiev. In un disegno di legge separato inoltre si autorizza il presidente a trasferire all’Ucraina gli asset russi congelati in Usa (la maggior parte è bloccata in Europa): si stima una cifra di almeno 8 miliardi, destinati alla ricostruzione. Oltre che sui nuovi aiuti americani, Kiev può sperare nelle promesse del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, secondo cui i Paesi dell’ Alleanza hanno concordato di dare all’Ucraina ulteriore supporto militare, dalle munizioni da 155 mm ai droni, sino alle difese aeree, tra Patriot e Samp/T.

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