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Allarme di Mattarella: carceri invivibili, fermare i suicidi

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Sovraffollamento inaccettabile; aumento dei suicidi irrefrenabile; strutture vecchie e senza il minimo di aderenza costituzionale ai valori minimi di civiltà. Sergio Mattarella lancia un durissimo j’accuse allo stato del sistema carcerario, e quindi all’inerzia della politica, proprio all’inizio dell’estate quando le difficoltà delle persone in custodia sfiorano la crudeltà.

Il presidente della Repubblica, come è sua abitudine, ha scelto un’occasione ufficiale per sferzare il governo sulla necessità di agire in varie direzioni. Incontrando il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il capo dello Stato ha lodato il lavoro, duro e professionale, delle forze che operano all’interno degli istituti. Certamente anch’esse vittime secondarie dell’inadeguatezza del sistema penale italiano. Si tratta di una vera e propria “emergenza nazionale”, sottolinea Mattarella mettendo il dito in una piaga che ha radici lontane e che pone l’Italia nei gradini più bassi negli standard europei.

Non a caso il tema fu proposto alle Camere in tempi non sospetti anche dal presidente Giorgio Napolitano che già nel 2013, senza ambiguità, sottolineava in un formalissimo messaggio alle Camere come “nelle carceri italiane i detenuti vengono sottoposti quotidianamente, e in massa, a trattamenti inumani e degradanti”. Si è persa aderenza alle indicazioni della Costituzione, ha detto in sostanza Mattarella, quando si pensa al carcere come “solo luogo di custodia” mentre la Carta prevede recupero, socialità e progettualità.

Il Presidente della Repubblica in occasione dell’incontro con una rappresentanza del Corpo di Polizia Penitenziaria
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

“I luoghi di detenzione – ha spiegato il presidente davanti alla delegazione della polizia penitenziaria – non devono trasformarsi in palestra per nuovi reati, in palestra di addestramento al crimine ma devono essere effettivamente rivolti al recupero di chi ha sbagliato. Ogni detenuto recuperato equivale a un vantaggio di sicurezza per la collettività oltre ad essere un obiettivo costituzionale”.

Il capo dello Stato affronta senza amnesie le patologie carcerarie, almanaccandone le carenze. Primo: “le preoccupanti condizioni del sistema carcerario che è contrassegnato da una grave e ormai insostenibile condizione di sovraffollamento”. Secondo: servono “urgenti interventi di manutenzione e ristrutturazione per porre rimedio alle condizioni strutturali inadeguate di molti istituti”. Terzo: “il difficile accesso alle cure sanitarie specialmente per i detenuti affetti da problemi di salute mentale”. Quarto: servono “nuove e più adeguate professionalità” e soprattutto mancano “operatori ed educatori” e “spazi di socialità”. Quinto: il problema si risolve solo aprendo il portafoglio con “investimenti lungimiranti”.

Nel “cahier de doleance” del Quirinale appare per ultimo – ma squarcia il silenzio di troppi – il grido d’allarme per l’inaccettabile numero di suicidi nelle prigioni italiane: “è’ drammatico il problema dei suicidi nelle carceri che da troppo tempo non da’ segni di arresto: si tratta – ha spiegato – di una vera emergenza sociale sulla quale occorre interrogarsi per porre fine immediatamente a tutto questo. Deve essere fatto per rispetto dei valori della Costituzione, per rispetto del vostro lavoro e della storia della polizia penitenziaria”.

“Ora Nordio ascolti le parole di Mattarella”, ha osservato Walter Verini per il Pd che si chiede che fine abbia fatto il piano del governo. “Ci auguriamo che cambi strada e di fronte alle osservazione del presidente Mattarella proponga strategie di alleggerimento delle sofferenze dei detenuti”, gli ha fatto eco Avs con il Capogruppo in commissione Giustizia della Camera Devis Dori. E’ ormai l’ora di affrontare la “drammatica emergenza” segnalata dal presidente, ha osservato Riccardo Magi anticipando di star preparando uno strumento d’emergenza come un “indultimo”.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella accoglie Stefano Carmine De Michele, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Ecco l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’incontro con il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, unitamente ad una rappresentanza della Polizia penitenziaria

Palazzo del Quirinale, 30/06/2025 (II mandato)

Benvenute e benvenuti al Quirinale. E auguri per questa festa.

Poc’anzi, con il Capo del Dipartimento, ho avuto un colloquio – il primo dal suo insediamento – sui vostri delicati compiti, sul vostro ruolo, sulle responsabilità che gravano su di voi.

Il Capo del Dipartimento ha ricordato – anche qui, poc’anzi – le varie funzioni cui fate fronte. È un panorama articolato, complesso, e sono funzioni che svolgete in conformità alla Costituzione e che non si esauriscono nella vigilanza.

So che ogni giorno cercate di assolvere con sacrificio e con professionalità il vostro impegno. Impegno reso ancor più difficile dalle preoccupanti condizioni del sistema carcerario, contrassegnato da una grave – e ormai insostenibile – condizione di sovraffollamento nonché dalle condizioni strutturali inadeguate di molti Istituti, nei quali sono necessari interventi di manutenzione e di ristrutturazione. Interventi da intraprendere con urgenza, nella consapevolezza che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia, ma deve includere ambienti destinati alla socialità, all’affettività, alla progettualità del trattamento.

Tutto questo richiede un particolare impegno professionale. E vi ringrazio per la dedizione che riversate nel vostro compito.

Altre difficoltà – so bene – pesano sulle vostre funzioni, sui vostri compiti. Difficoltà che interpellano anche altre istituzioni. La carenza di organico, che da tempo è condizione critica del sistema penitenziario, e che riguarda il Corpo, e riguarda tutti gli operatori. Penso alla grave insufficienza del numero degli educatori, al difficile accesso alle cure sanitarie dentro gli Istituti, specialmente per i detenuti affetti da problemi di salute mentale.

Occorre che gli Istituti di pena siano dotati di nuove e più adeguate professionalità. In caso contrario, anche il vostro compito sarà inevitabilmente appesantito e gravato da un improprio sovraccarico di funzioni che dovrebbero essere affidate ad altri.

I luoghi di detenzione non devono trasformarsi in palestra per nuovi reati; in palestra di addestramento al crimine; né in luoghi senza speranza, ma devono essere effettivamente rivolti al recupero di chi ha sbagliato.

Ogni detenuto recuperato equivale a un vantaggio di sicurezza per la collettività, oltre a essere l’obiettivo di un impegno notoriamente, dichiaratamente costituzionale.

Servono investimenti, in modo da garantire un livello dignitoso di vita e di trattamento dei detenuti e, al contempo, migliori condizioni del lavoro che voi svolgete con scrupolo.

Sono investimenti necessari e lungimiranti, perché rivolti – ripeto – a garantire maggior sicurezza ai cittadini.

È particolarmente importante che il sistema carcerario disponga delle risorse necessarie, umane e finanziarie, per assicurare a ogni detenuto un trattamento e un regime di custodia che si fondino su regole basate su valutazioni attuali per ciascuno, con obiettivo rivolto al futuro.

Il Capo del Dipartimento anche poc’anzi ha sottolineato opportunamente l’importanza di prevenire i fenomeni di autolesionismo negli Istituti.

È drammatico il numero di suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, sulla quale occorre interrogarsi per porvi fine immediatamente.

Tutto questo deve essere fatto per rispetto dei valori della nostra Costituzione; per rispetto del vostro lavoro; per rispetto della storia del Corpo di Polizia penitenziaria; per rispetto dei suoi caduti: vittime del terrorismo, della criminalità. E che ricordiamo con commozione.

Grazie per il vostro lavoro.

E a tutti voi, alle vostre colleghe, ai vostri colleghi, auguri di buon lavoro.

(Le foto sono di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

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Meloni a Padova: applausi, attacchi a Prodi e tensione con il Colle. Il centrodestra si misura sulla “prova veneta”

Nel comizio di Padova Giorgia Meloni sostiene Stefani, attacca la sinistra e Prodi, cita Tortora e rivendica il premierato. Nel palazzetto si avverte l’eco dello scontro con il Quirinale.

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Doveva essere la giornata dell’orgoglio veneto, con il centrodestra impegnato a dimostrare compattezza e forza in una regione considerata roccaforte. A Padova il palazzetto è pieno, il pubblico esulta e FdI e Lega si misurano anche sul piano della partecipazione. Ma l’eco dello scontro politico fra la premier e il Quirinale, dopo l’articolo de La Verità, arriva fino al Veneto e pesa sul clima.

Meloni sul palco: applausi, attacchi e il sostegno al candidato Stefani

Giorgia Meloni sale sul palco fra ovazioni, parla al pubblico e riserva parole di miele per il candidato leghista Alberto Stefani, nonostante le frizioni interne. Lo presenta come un giovane capace di guidare il Veneto, rivendicando il percorso comune iniziato “a 15 anni”, e sottolinea la continuità con quindici anni di governo regionale.

Gli attacchi della premier si concentrano sulla sinistra “autoreferenziale e salottiera”, accusata di remare contro il Paese e di avere “la cattedra in voltare le spalle all’Italia”, in riferimento a Romano Prodi, citato più volte in modo polemico.

Zaia e la “staffetta” con Stefani: il Doge difende i suoi 15 anni di governo

Luca Zaia riceve l’accoglienza più calorosa dal pubblico della Lega. Rivendica i risultati ottenuti e ribadisce la piena continuità amministrativa con Stefani. Matteo Salvini, dal canto suo, lo definisce “uno dei migliori uomini di governo d’Europa”, sottolineando l’unità del fronte leghista.

Il centrodestra esalta la sicurezza e attacca la sinistra

Salvini porta sul palco alcuni casi di cronaca, citati come esempi del “cambio di passo” introdotto con i decreti sicurezza. La platea reagisce con entusiasmo. Meloni, nel suo intervento, riprende il tema della sicurezza e associa la sinistra all’immobilismo, accusandola di “avvelenare i pozzi”.

La premier rivendica tre anni di governo e difende le riforme

Meloni ricorda il percorso di FdI, tornato oltre il 30% dopo tre anni di governo, e respinge ogni ipotesi di instabilità: “Il governo dura, non fatevi fregare”. Difende la riforma del premierato, oggi ancora ferma in Parlamento, presentandola come la chiave per eliminare giochi di palazzo e governi tecnici.

Cita Enzo Tortora, accolto da applausi, e lancia un attacco diretto alla sinistra, invitandola a fare opposizione “senza toccare gli eroi come Falcone e Borsellino”.

Le tensioni con il Quirinale fanno irruzione nel comizio

Sullo sfondo resta il caso scoppiato dopo l’articolo de La Verità sul presunto “piano del Colle”. Meloni non lo cita direttamente, ma la tensione è palpabile nella sala e nelle dichiarazioni dei dirigenti FdI. Il tema della sovranità e della difesa del governo eletto diventa uno dei filoni centrali del discorso.

FDI rivendica il sacrificio sul candidato Veneto e guarda alla prova delle urne

La premier ringrazia apertamente FdI per aver rinunciato alla candidatura autonoma in Veneto, “per il bene della coalizione”, e si dice certa che una nutrita pattuglia di consiglieri di Fratelli d’Italia sosterrà Stefani nel nuovo governo regionale. È un messaggio chiaro agli alleati: il partito della premier non intende farsi mettere ai margini.

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Nordio replica al pg Policastro: “La riforma non attua il piano della P2, la verità non dipende da chi la pronuncia”

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio risponde al pg di Napoli Policastro, che aveva definito la riforma della giustizia un’attuazione del piano della P2. Nordio: “La verità non dipende da chi la enuncia”.

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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato la recente affermazione del procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, secondo cui la riforma della giustizia in discussione rappresenterebbe l’attuazione del cosiddetto piano della P2. Il ministro ha respinto la ricostruzione, definendola priva di fondamento e basata su un’analogia ritenuta impropria.

“La verità non dipende da chi la proclama”

Nordio ha precisato di non conoscere il piano della loggia P2, e ha aggiunto che l’origine di un’opinione non ne determina l’attendibilità. Ha utilizzato un esempio diretto: “Se l’opinione di Licio Gelli fosse giusta, non si capirebbe perché non seguirla solo perché l’ha detta lui. Le verità non dipendono da chi le proclama, ma dall’oggettività che rappresentano”.

La metafora di Gesù e dell’orologio fermo

Il ministro ha poi proseguito con due metafore, sostenendo che non si può rigettare un dato solo per via di chi lo formula: “Se Gelli ha detto che Gesù è morto in croce, non per questo dovremmo dire che è morto di polmonite”. E ancora: “Anche un orologio sbagliato segna due volte al giorno l’ora giusta. Se anche Gelli è inciampato nella verità, questo non cambia la verità”.

La polemica sul merito della riforma

Le dichiarazioni arrivano dopo che Policastro aveva espresso forti perplessità, ritenendo che l’impianto della riforma potesse richiamare alcune impostazioni contenute nei documenti della P2. Nordio ha ribadito che l’obiettivo del governo è una riforma moderna ed equilibrata, svincolata da riferimenti ideologici o storici che ritiene non pertinenti.

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Crosetto lancia l’allarme: “L’Italia è sotto attacco ibrido”

Il ministro della Difesa Guido Crosetto presenta un non paper di 125 pagine sulla guerra ibrida: più personale militare, un’Arma cyber, un comando unificato e un Centro per contrastare disinformazione e attacchi cognitivi.

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Guido Crosetto definisce l’Italia “sotto attacco”. Attacchi silenziosi, continui, invisibili come bombe che esplodono senza lasciare crateri ma colpiscono istituzioni, economia, reti digitali e opinione pubblica. È il cuore del non paper di 125 pagine presentato al Quirinale durante il Consiglio Supremo di Difesa: una strategia nazionale per affrontare una minaccia che il ministro definisce “subdola, adattiva, multidominio”, capace di operare sotto la soglia della guerra tradizionale.

Secondo il documento, la guerra ibrida sfrutta vulnerabilità strutturali delle democrazie: lentezza decisionale, dipendenza tecnologica, fragilità della percezione collettiva. Una combinazione di cyber attacchi, infiltrazioni economiche, operazioni informative e guerre cognitive.


La minaccia attribuita a Russia e Cina

Nel documento Crosetto individua come principali attori ostili gli Stati autoritari che operano contro l’Occidente. Russia e Cina, secondo la relazione, ricorrono a tecniche coordinate che spaziano dal sabotaggio digitale alla manipolazione informativa, fino alla penetrazione di settori economici strategici.

Le campagne di disinformazione russe vengono indicate come mirate a “colpire la testa e il cuore della società”, indebolendo fiducia, consenso e coesione interna. La minaccia, rileva il ministro, sarebbe sottostimata dall’opinione pubblica e spesso anche dal dibattito politico.


La proposta: 10-15 mila militari in più per cyber e nuove tecnologie

Il punto centrale del non paper è la richiesta di un “significativo potenziamento degli organici militari”, tra 10 mila e 15 mila nuove unità. Il personale dovrebbe essere impiegato nei settori più sensibili della guerra ibrida: cyber difesa, gestione dello spettro elettromagnetico, tecnologie emergenti e capacità operative integrate.

Si tratta di un aumento definito “essenziale” per garantire una risposta nazionale continua, specializzata e all’altezza della complessità delle minacce.


Verso un’Arma cyber civile e militare

Nel documento Crosetto propone la creazione di una nuova Arma cyber, composta da circa 5.000 addetti. La prima fase potrebbe partire con 1.500 specialisti, il 75% dei quali destinati a operazioni continuative h24 su 365 giorni.

La nuova struttura integrerebbe personale civile e militare e concentrerebbe funzioni di intelligence digitale, difesa delle infrastrutture, contrasto alle incursioni informatiche e capacità di risposta attiva.

Il ministro sottolinea che agli specialisti dovranno essere garantite “adeguate tutele funzionali”, per operare in contesti sensibili e altamente tecnici.


Un comando unificato per cyber, elettromagnetico e cognitivo

Il non paper prevede la costituzione di un Comando congiunto responsabile di tutti i domini rilevanti della guerra ibrida: quello cyber, quello elettromagnetico e quello cognitivo. A questo comando verrebbe affidata la guida di tutte le operazioni cibernetiche militari e di coordinamento con le altre strutture dello Stato.

L’obiettivo è evitare frammentazioni, sovrapposizioni e ritardi. Per Crosetto, un attacco ibrido richiede una risposta “istantanea”, non il tempo lungo delle procedure burocratiche.


Un Centro nazionale contro la guerra ibrida

Il ministro propone inoltre l’istituzione di un Centro per il contrasto alla guerra ibrida, che dovrebbe svolgere funzioni di scambio informativo, cooperazione interistituzionale e contrasto alla propaganda disinformativa.

Si tratterebbe di una cabina di regia dedicata alla difesa della dimensione cognitiva: percezioni, narrazioni, spazi digitali e informativi. Un ambito considerato cruciale perché oggi, secondo il ministero, gli attori ostili “colpiscono quotidianamente con grande efficacia nel dominio cognitivo”.


Passare alla prevenzione: “Non possiamo restare fermi”

Il documento insiste su un cambio di postura strategica. L’Italia e l’Occidente, secondo Crosetto, non possono più limitarsi a contenere attacchi, ma devono potersi muovere in prevenzione. Il ministro paragona la situazione a un velivolo ostile che viola lo spazio aereo: “Non terremo gli intercettori fermi a terra”.

Il messaggio è netto: subire non basta, reagire è necessario.


Una minaccia costante che richiede una strategia multisettoriale

Per Crosetto la guerra ibrida è già in corso. Colpisce infrastrutture energetiche, trasporti, catene di approvvigionamento, pubblica amministrazione, processi democratici e mercati strategici. Per questo la risposta dovrà essere “multisettoriale e integrata”, coinvolgendo non solo la difesa, ma anche imprese, ministeri, reti critiche e mondo dell’informazione.

Una sfida che, avverte il ministro, non può essere rinviata: le bombe, anche se invisibili, “stanno cadendo ogni giorno”.

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