Ha un prologo irrituale per un’aula di giustizia l’avvio del processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia cominciato oggi. Non faremo un processo alla storia, annuncia in sintesi Angelo Pellino il presidente della corte d’assise d’appello di Palermo che dovrà pronunciarsi sul presunto patto tra pezzi delle istituzioni e clan negli anni delle stragi mafiose. “Qualcuno ha detto che non si può riscrivere la storia guardandola dal buco della serratura del processo penale, ma può accadere che la riscrittura di un pezzo di storia di un paese possa essere un effetto inevitabile dei temi trattati”, dice. E il riferimento è alle critiche rivolte in questi anni da intellettuali e giuristi come il docente di diritto penale Giovanni Fiandaca sia alla Procura, che ai giudici di primo grado, accusati di aver “usato” la sede processuale per scrivere una verità storica su eventi tragici del Paese. “Lo scopo del processo d’appello – rassicura – è verificare la tenuta della decisione di primo grado sotto la lente di ingrandimento dei motivi d’appello. Gli imputati sono persone che saranno giudicate per ciò che hanno o non hanno fatto. Questo è l’impegno della corte”.
Affari di mafia. Il capo mafia morto Riina
Gli avvocati degli imputati, condannati dalla corte d’assise, ascoltano in silenzio. Poi l’udienza riprende i suoi riti con la richiesta del legale di Massimo Ciancimino, condannato in primo grado a 8 anni per aver calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e assolto dal reato di concorso in associazione mafiosa, di sottoporre il suo assistito a una perizia che dia un responso sulla sua capacità di partecipare coscientemente al processo. “Ha avuto un ictus cerebrale ed è confuso”, dice l’avvocato. Ma il medico del carcere che lo ha visitato parla di detenuto “lucido e orientato”. Un giallo, quello delle condizioni di Ciancimino jr, che nel dibattimento veste anche i panni di testimone, che si chiarirà nel corso del processo. Prima di procedere alla lunghissima relazione introduttiva che ripercorre le tappe della mastodontica sentenza di primo grado, lunga oltre 5000 pagine, il presidente legge l’ordinanza con cui la corte, dopo aver esaminato gli appelli, dichiara inammissibile il ricorso del legale del boss Toto’ Riina, nel frattempo deceduto. La corte di primo grado aveva dichiarato estinto per morte del reo il reato di minaccia a Corpo politico dello Stato a lui contestato. L’avvocato ha chiesto una assoluzione nel merito. Richiesta respinta. Davanti ai giudici dunque, oltre a Ciancimino, restano i capimafia Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, il pentito Giovanni Brusca, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, tutti, come Riina, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato e condannati a pene severissime dalla corte.
Un 44enne e un 14enne sono stati fermati dalla Polizia perché, nella notte tra lunedì e martedì scorso, avrebbero commesso abusi con sevizie, filmandolo, su un ragazzo di 16 anni nello scantinato di un condominio a Milano. Nell’inchiesta della Procura del capoluogo lombardo si contestano i reati di violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona, lesioni, produzione di materiale pedopornografico. I fermi sono stati effettuati ieri.
Un uomo, bracciante agricolo straniero, è stato trovato morto questa mattina in via Gurgo, nella periferia di Torre del Greco. La vittima, secondo quanto emerso dalle indagini condotte dagli agenti del commissariato locale e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, è stata colpita da diverse coltellate all’interno dell’appartamento che occupava nella stretta arteria vesuviana.
Le indagini
Gli investigatori, che stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, hanno ascoltato alcuni testimoni presenti nella zona al momento dell’accaduto. Le prime ricostruzioni suggeriscono che l’uomo potrebbe essere stato ucciso al culmine di una lite.
Grazie alle testimonianze raccolte e agli elementi acquisiti, la polizia è riuscita a individuare un altro soggetto, anche lui straniero, ritenuto coinvolto nell’omicidio.
Un caso che scuote la comunità
L’episodio ha scosso profondamente la comunità di Torre del Greco, una città già alle prese con le sfide legate all’integrazione e alle condizioni di vita dei lavoratori stranieri, spesso impiegati in agricoltura. Le indagini proseguono per chiarire le motivazioni che hanno portato alla violenta aggressione.
La struttura in cemento armato del tetto è venuta giù ed è crollata un’intera porzione del solaio. Il soffitto del capannone sul quale stavano lavorando ha ceduto facendo precipitare da un’altezza di circa sei metri i due lavoratori della ditta romagnola che questa mattina stava operando alla Lamberet SpA. È la filiale in provincia di Frosinone del colosso francese specializzato nella realizzazione di rimorchi – frigorifero e nella trasformazione di furgoni adattandoli al trasporto alimentare in ambiente coibentato. Uno di loro è morto, l’altro è stato trasferito in elicottero al San Camillo di Roma: la prognosi è riservata. È successo poco dopo le 11 nella zona industriale che sta a due passi dall’Autostrada A1 ed a cavallo tra le province di Frosinone e Caserta.
Un punto strategico. Su quell’impianto sono in corso lavori di ampliamento ed adeguamento che prevedono anche la rimozione dell’amianto da un vecchio stabile. È quello che stavano facendo i due specialisti: assunti in modo regolare, protocollo operativo approvato dalla Asl di Frosinone, appalti e sub appalti assegnati in base alle norme accerteranno più tardi i carabinieri. Venivano dalla Romagna i due lavoratori: entrambi stranieri e dipendenti di una ditta di Imola che li aveva inviati in trasferta. La vittima si chiamava Lulzim Buci, aveva 53 anni ed era di nazionalità albanese: abitava a Fiorenzuola d’Arda, un centro di 15mila abitanti in provincia di Piacenza. È morto prima dell’arrivo in ospedale.
Con lui c’era un cittadino del Marocco di 31 anni: è stato trasferito a Roma in eliambulanza. I carabinieri e gli ispettori Asl stanno accertando ora se siano state rispettate tutte le norme in materia di prevenzione. In serata il sindacato Filca-Cisl di Frosinone ha chiesto con urgenza “la convocazione di un tavolo di emergenza”. I carabinieri e gli ispettori Asl del Servizio di Prevenzione sul lavoro hanno acquisito questa sera il ‘Certificato di Calpestabilità’ del tetto del capannone: dal documento risulta che la copertura era sicura e poteva reggere senza difficoltà il peso dei due specialisti. Invece la struttura in cemento armato è venuta giù.
Spresal e carabinieri hanno inoltre esaminato la documentazione presentata dalla società imolese per la quale i due lavoratori infortunati lavoravano regolarmente. Il fascicolo è già stato sottoposto ad un primo esame dalla Asl, risulta completo in ogni sua parte. Tutto era stato regolarmente notificato alla Asl, accompagnato dalla documentazione necessaria. Incidente sul lavoro anche a Fano. Un uomo di circa 50 anni, imbarcato su un peschereccio della flotta di Ancona, è morto stamattina a seguito di un incidente avvenuto durante le operazioni di pesca a quattro miglia al largo di Fano (Pesaro Urbino). Secondo una prima ricostruzione il marinaio sarebbe finito in mare dopo essere stato colpito da un cavo; quando è stato riportato a bordo non c’era più nulla da fare.