Collegati con noi

Cultura

Al Museo MADRE, Diego Marcon ci interroga con il suo The Parents’Room, un film girato con la magia della pellicola 35mm

Pubblicato

del

Sei sulla scena del delitto, ti ci muovi dentro osservandola quasi come fossi dall’esterno, ma hai la sensazione di essere li, non visto, osservatore neutro, invisibile. Sei li, ma non sei giudice e nemmeno testimone, perché ti interroghi, nel tuo silenzio, mentre i protagonisti, ti raccontano, con una dolce melodia, la loro tragedia. Ti interroghi sul tuo tempo, sui tuoi ritmi, sul tempo che stai affrontando nella visione di questo film che in un impercettibile loop, scandito da un nero-non-nero che ti accompagna ai tuoi prossimi pensieri, ti fa riflettere sul tuo stato d’animo in quel preciso momento, ti chiede  come sia il tuo sentire il mondo nel momento della visione. Puoi vederci la bellezza dei toni vocali  e dei colori, la precisione tecnica delle riprese, l’armonia delle inquadrature, la vitalità di un uccellino che canta inscenando una danza sul davanzale di una finestra da dove la neve o le tipiche folate di polline primaverile scendono, si, perché sono  sempre duali le percezioni che si possono avvertire guardando The Parents’ Room di Diego Marcon, come ci si può imbattere in una tremenda sensazione di oppressione, vedendoci depressione,  sgomento,  sfiducia, si può essere assaliti dalla tristezza e dallo scoramento, ma è proprio ciò che l’artista indaga, è proprio questo cui vuole metterci di fronte, metterci di fronte ai nostri stati d’animo. The Parents’ Room,  è parte dell’indagine che Marcon sta conducendo nel suo lavoro sulle rappresentazioni della realtà attraverso la destrutturazione del linguaggio cinematografico.  Diegi Marcon ha usato  la pellicola 35 mm e ha scelto  una colonna sonora originale, composta da Federico Chiari, registrata alla Trinity School of Music di Londra, il film si presenta, come si legge dalla presentazione, simile ad  un pastiche strutturalista che evoca inquietantemente gli anni d’oro del musical e sovverte generi codificati come l’horror, la commedia slapstick, il musical e il cartone animato.  Quest’opera  è un’ambigua narrazione tragica attraverso il racconto di un uomo, seduto sul bordo di un letto disfatto, che al dolce chioccolo di un merlo intona un canto che ci svela  l’uxoricidio perpetrato insieme al  parricidio dei suoi due figli per poi sfociare nel  proprio suicidio. La scena è tranquilla; la neve cade piano davanti alla finestra aperta e il canto dell’uccello accompagna melodicamente il racconto. La giustapposizione tra l’ambiente domestico, la sottile deformità dei personaggi e l’attuazione del loro destino contorto suscita confusione e repulsione. Alcuni degli elementi nel film sono realizzati in CGI, gli attori indossano delle maschere prostetiche, dettagli che rendono la scena inquietante. Maschere, iperrealistiche, come in un cartoon, danno ai personaggi un aspetto da marionette, rendendo i loro movimenti simili all’animazione stop-motion e innescando un’ulteriore alterazione della realtà, caratteristica del lavoro di Marcon.L’opera, proiettata in una sala del terzo piano del Museo MADRE, allestita come  prolungamento della camera da letto, è curata da Eva Fabbris e Andrea Viliani ed è  stata presentata in anteprima a luglio alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes. The Parents’ Room, entrerà a far parte della collezione permanente del museo Madre.

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

Advertisement

Cultura

“Plinio il Vecchio, il mistero del cranio ritrovato”: viaggio di Carlo Avvisati nella storia e nell’intrigo archeologico

A svelare il mistero il giornalista e scrittore Carlo Avvisati

Pubblicato

del

Un teschio, uno scheletro, un gladio, una lanterna di bronzo e altri reperti affiorano dal mistero degli antichi tempi nella nuova edizione del saggio di Carlo Avvisati, scrittore e giornalista esperto d’archeologia vesuviana. Questa storia intrigante, intitolata “Plinio il Vecchio, il mistero del cranio ritrovato,” si svolge nel contesto dell’eruzione vesuviana del 79 d.C., nella quale la vita dell’ammiraglio e scienziato romano Plinio il Vecchio trovò una tragica conclusione tra le ceneri di Pompei e Stabiae.

Avvisati, noto per la sua penna scorrevole e il suo interesse accademico, offre una nuova edizione riveduta e ampliata, arricchita da nuovi elementi e dettagli emersi nel corso degli anni. La trama si svolge attorno a un tesoro di reperti archeologici rinvenuti nel 1800 in uno scavo condotto da Gennaro Matrone, un ingegnere di Boscotrecase, nei terreni di sua proprietà a “Bottaro,” all’epoca quartiere di Torre Annunziata.

Il focus principale è su un teschio, precedentemente ipotizzato come appartenente a Plinio il Vecchio, un’autorevole figura dell’antica Roma. Tuttavia, questa identificazione è stata oggetto di controversie e dibattiti accesi tra gli archeologi del tempo. In un racconto avvincente, Avvisati svela le vicende che circondano questo reperto unico, esplorando la tradizione letteraria, le opinioni degli studiosi e persino gli episodi paranormali associati al suo ritrovamento.

La storia, resa ancora più accattivante dalle numerose foto d’epoca dell’area delle indagini, offre un affascinante resoconto delle indagini e degli eventi che circondano il teschio di Plinio. Avvisati non tralascia nulla, esaminando le dispute dell’epoca tra i sostenitori e gli oppositori dell’identificazione del teschio con Plinio il Vecchio. Inoltre, rivela particolari sulle sedute spiritiche dell’epoca, svolte con l’intento di confermare paranormalmente l’appartenenza di quel teschio all’illustre naturalista.

La nuova edizione del saggio non solo ripercorre le vicende del rinvenimento ma offre anche un’appendice di grande interesse. Avvisati fornisce informazioni approfondite sulla qualità e la quantità dei reperti rinvenuti nello scavo di Matrone. Inoltre, si addentra nei “musei personali” creati da Matrone, che rappresentarono una sorta di “offesa” al Museo Archeologico Nazionale, osteggiato dai direttori di allora durante gli scavi, quando Matrone pensò di aver scoperto i resti di Plinio il Vecchio.

In conclusione, il saggio di Avvisati rappresenta un viaggio affascinante nel passato, un’immersione nell’intrigo archeologico e una riflessione sulle sfide e le controversie che circondano il nostro rapporto con la storia antica.

Continua a leggere

Cronache

I presepi del Vaticano: in piazza San Pietro e nell’Aula Paolo VI

Pubblicato

del

Sono due i presepi vaticani 2023, uno in piazza San Pietro e l’altro in Aula Paolo VI. Le due natività, volute fortemente dallaDiocesi di Rieti e affidate per la  realizzazione a Fondaco Italia, sono state pensate per celebrare gli ottocento anni dal primo presepe della storia, voluto nel 1223 da San Francesco d’Assisi a Greccio, nel reatino.

Nel 1223, preso dallo sconforto per le violenze e per lo spargimento di sangue che investiva Betlemme, travolta dalle crociate, il patrono d’Italia chiese al suo amico Giovanni Velita e sua moglie Alticama di portare una greppia (mangiatoia) un bue, un asino e di invitare tutta la popolazione di Greccio a radunarsi la sera del 24 dicembre. Da quel momento Greccio, come qualsiasi altro luogo dove viene realizzato il presepe, è diventato Betlemme.

“Il nostro obiettivo – ha spiegato Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia – è soprattutto la tutela del patrimonio artistico italiano. L’idea delle natività vaticane nasce dal restauro del santuario di Greccio, l’eremo francescano in provincia di Rieti dove, nel 1223, ottocento anni fa, San Francesco inventò il presepe.

Oltre ad ispirarci al santo di Assisi, al quale è dedicato questo progetto, ci siamo rifatti a quella straordinaria comunità di intenti e abbiamo coinvolto una serie di realtà imprenditoriali ed eccellenze artistiche per realizzare i due presepi vaticani”.

“Siamo lieti di tornare a Roma – ha dichiarato Riccardo Bisazza, presidente di Orsoni Venezia 1888 – dove abbiamo già collaborato a un importante restauro della Basilica di San Pietro, e di ritrovare il Santo Padre che, nel 2018, inaugurò a Bucarest la nuova Cattedrale della Salvezza del Popolo per la quale siamo impegnati a realizzare le tessere di mosaico che un team di 70 mosaicisti sta utilizzando per la decorazione dell’interno della cattedrale ortodossa più grande al mondo.
Il presepe di San Francesco in Sala Nervi accompagnerà le prossime festività e sarà visto in tutto il mondo durante le dirette dal Vaticano; siamo orgogliosi di aver contribuito al progetto di Fondaco Italia con i mosaici veneziani che testimoniano un’eccellenza Made in Italy unica al mondo.”

Il presepe di piazza San Pietro, pensando alla prima natività vivente, è stato progettato come un’istallazione artistica che prende la forma di una scenografia teatrale. La realizzazione è stata possibile grazie al contributo di partner privati ed affidata agli esperti artigiani di Cinecittà che hanno interpretato il disegno dell’artista presepista Francesco Artese, i personaggi sono stati realizzati dal maestro artigiano presepiale Antonio Cantone di Napoli, coordinati dai curatori Enrico Bressan e Giovanna Zabotti di Fondaco Italia.

La struttura, collocata sopra una base a forma ottagonale, come richiamo all’ottocentenario, prende spunto dalla roccia del Santuario di Greccio ed è concepita come una quinta che, in un perpetuo dialogo armonico, viene abbracciata idealmente dal colonnato di Piazza San Pietro.

Davanti ad essa, collocata a terra, una vasca in cui scorre, simbolicamente, il fiume Velino, ovvero le acque che, oggi come allora, dalla Valle Santa reatina giungono a Roma.

La scena vede al centro l’affresco della grotta di Greccio (opera del 1409 attribuita al Maestro di Narni di scuola giottesca) davanti al quale un frate officia la messa in presenza di San Francesco con in braccio il Bambinello, la Madonna e San Giuseppe in adorazione a lato della greppia, dietro a cui giacciono il bue e l’asinello.

Ad assistere alla rappresentazione tre frati, Giovanni Velita e la moglie Alticama, ovvero gli amici che hanno aiutato San Francesco a dare vita alla sua “opera prima”. I personaggi, in terracotta dipinta e di grandezza naturale, sono stati realizzati realizzati da Cantone e Costabile di Napoli, mentre l’illuminazione è stata affidata alla lighiting designer Margherita Suss.

La natività musiva dell’Aula Paolo VI, invece, è stata resa possibile grazie al contributo di Orsoni Venezia 1888, l’unica fornace a fuoco vivo a Venezia, che utilizza le stesse tecniche oltre un secolo per produrre mosaici in foglia d’oro 24 carati, ori colorati e smalti in più di 3.500 colori, dai rossi imperiali ai blu Madonna fino ad una gamma che conta più di 120 toni differenti per i colori degli incarnati.

Orsoni ha realizzato le tessere per il presepe in Sala Nervi: oltre 30.000 tessere per 4,5 mq di smalti di cui il 5% di tessere in foglia d’oro 24 carati, trasformate in opera sacra dal Maestro mosaicista Alessandro Serena. La scena raffigura una natività classica con San Francesco inginocchiato, in segno di totale devozione, in povertà e semplicità, mentre Chiara è orante accanto a lui.

Continua a leggere

Cultura

Premio Carlo Missaglia, lunedì la prima edizione

Pubblicato

del

Si terrà lunedì la prima edizione del premio intitolato a Carlo Missaglia, l’indimenticato chansonnier e uomo di cultura napoletano, scomparso il primo gennaio di quest’anno. Il comitato scientifico, composto da Valerio Caprara, Enzo De Paola, Sara Missaglia, Fabio Pignatelli della Leonessa e Federico Vacalebre, assegnerà le tre statuette, opera dello scultore Renzo Bighetti, ad altrettanti rappresentanti della canzone, della cultura e dello spettacolo. il premio è ospitato da ‘Progetto Itaca Napoli’, associazione no profit che opera nel campo della salute mentale .

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto