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Al comune di Scisciano soldi e sesso in cambio di appalti e permessi per costruire: 13 indagati / VIDEO

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Nelle prime ore di questa mattina, i militari della Stazione dei Carabinieri di San Vitaliano hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Nola nei confronti di tredici indagati,ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e falso in atto pubblico, commessi a Scisciano, tra il mese di settembre 2020 e il marzo 2021.
Il provvedimento cautelare in questione giunge all’esito di un’articolata attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola e condotta dai militari della Stazione Carabinieri di San Vitaliano.

L’indagine trae origine da un sopralluogo eseguito presso un cantiere edile allestito sul territorio del comune di Scisciano per l’esecuzione di opere che il personale in servizio presso il competente Ufficio Tecnico aveva autorizzato col rilascio di un permesso di costruire illegittimo: il titolo edilizio aveva ad oggetto il mutamento di destinazione d’uso (da agricolo a civile abitazione) di un immobile, di fatto, inesistente, ed era stato rilasciato, pertanto, in violazione delle disposizioni della legge regionale sul “piano casa” (l.19/2009 e ss.mm.ii.).
Le successive investigazioni, svolte con il supporto di attività tecniche, hanno disvelato le collaudate modalità illecite con cui il personale dell’Ufficio Tecnico di Scisciano avrebbe gestito il rilascio di titoli edilizi e l’affidamento di appalti pubblici secondo dinamiche clientelari.
In particolare, sarebbe stata accertata l’indebita percezione di denaro da parte di un funzionario comunale perché agevolasse il rapido rilascio di permessi di costruire e, in particolare, ne pilotasse l’intero iter burocratico.
In alcuni casi, il citato funzionario avrebbe agito secondo analoghe modalità e fatto mercimonio della propria funzione conseguendo, a titolo di corrispettivo, l’affidamento di incarichi di natura tecnica, in relazione alle opere edili per le quali avrebbe garantito il rilascio del titolo edilizio, a vantaggio di professionisti compiacenti.
In altri casi, all’interno degli uffici comunali e in orario di chiusura, si sarebbero svolti degli incontri riservati tra il tecnico comunale e varie figure professionali, quali ingegneri, geometri ed architetti locali, funzionali a concordare le modalità di presentazione delle istanze di rilascio dei titoli o anche a redigerne congiuntamente i progetti da allegarvi.
Ulteriori episodi riguarderebbero l’affidamento di servizi a beneficio di imprese riconducibili a conoscenti o familiari di dipendenti comunali, in violazione dei principi di economicità, correttezza, concorrenza, trasparenza e pubblicità.
Si profilerebbe, altresì, il grigio caso del sostegno garantito dal Responsabile dell’ufficio tecnico comunale alla referente di una ditta che opera nel campo dello smaltimento dei rifiuti: la donna avrebbe conseguito un appalto per la pulizia delle strade cittadine in cambio di una prestazione sessuale, consumata proprio all’interno degli uffici comunali.
Sullo sfondo, la malcelata insofferenza degli indagati alle verifiche e agli approfondimenti condotti dal personale di polizia giudiziaria in occasione delle acquisizioni documentali condotte presso l’ente comunale: diversi i commenti registrati in corso d’indagini dai quali si desumono l’auspicio che la componente politica dell’ente intervenga a porre un freno al Comandante della locale Stazione dei carabinieri e la costante convinzione della minima entità e inoffensività dei propri comportamenti, fondata sull’assunto che gli stessi siano espressione di un costume condiviso e diffuso.
In sintesi, l’indagine avrebbe portato alla luce «il contesto di diffusa illegalità che ha caratterizzato la gestione dell’Ente comunale», sintomatica della preoccupante percezione di assoluta impunità che avrebbe caratterizzato l’agire dei soggetti coinvolti nelle condotte illecite contestate.
L’ordinanza ha collocato agli arresti domiciliari l’attuale responsabile dell’Ufficio Tecnico del comune di Scisciano nonché il suo predecessore, oggi dipendente dell’ARPA Campania. Ulteriori nove indagati, tra cui un consigliere comunale, sono stati destinatari della misura del divieto di dimora nella Provincia di Napoli, mentre a due indagati è stato imposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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Castello di Cisterna e Brusciano, blitz dei Carabinieri nelle piazze di spaccio: nascondigli – anche sacrileghi – della droga

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Ritrovamenti nelle cassette della posta, nei sotto scala o all’interno dei vani ascensori ma anche negli “altarini” accanto a statue sacre a spregio non solo della vita altrui per chi vende morte ma anche del credo o della religione.

I Carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna sono impegnati quotidianamente nei controlli anti-droga nella zona a Nord di Napoli e spesso perquisiscono luoghi e zone che possono essere verosimilmente utilizzati come nascondigli.
Gli ultimi obiettivi – in ordine cronologico – sono le aree popolari di Brusciano e di Castello.
Passate a setaccio strade e piazze senza trascurare le aree comuni come le aiuole o le cantine passando per le lastre di marmo che coprono le scale condominiali fungendo da vero e proprio cassetto.
I Carabinieri della locale compagnia insieme ai militari del reggimento Campania sono tornati nel rione popolare la “Cisternina” e lì hanno rinvenuto e sequestrato numerose dosi di diverse specialità di droga, un caricatore Beretta 9×21 e bilancini di precisione.
Anche a Brusciano – nella “219” – sequestri di droga con numerose dosi già pronte per la vendita al dettaglio.
I Carabinieri hanno rovistato dappertutto e la droga era nelle zone comuni e quindi a carico di ignoti ma i controlli continueranno anche nei prossimi giorni.

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Incinta scomparsa, si cerca nelle campagne nel Milanese

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Un messaggio mandato a un’amica, verso le 21 di sabato sera, è l’ultima traccia su cui stanno lavorando la Procura di Milano e i carabinieri che indagano senza sosta, anche con ricerche incessanti nelle campagne attorno a Senago, sulla scomparsa della 29enne Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi, di cui ufficialmente non si hanno più notizie da domenica scorsa, quando il fidanzato ha denunciato la sua sparizione. In quel whatsapp la giovane, originaria della provincia di Napoli, con un lavoro nel settore immobiliare, in particolare nella gestione di appartamenti di alto livello, e che da cinque anni vive nella cittadina a nord di Milano, diceva all’amica di sentirsi molto scossa e turbata dopo una lite col compagno, con cui convive. Fidanzato con cui i rapporti, pare, si fossero improvvisamente incrinati proprio in quelle ore per il sospetto di un’altra donna nella vita di lui. Nell’inchiesta, che è stata aperta dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Compagnia di Rho, si stanno vagliando tutte le ipotesi, a partire da alcune incongruenze nelle versioni agli atti.

Si indaga a ritmi serrati, con l’acquisizione delle telecamere attorno alla casa della coppia e non solo e con l’audizione di testimoni, su una vicenda che potrebbe essere finita tragicamente. Il fidanzato, 30 anni, ha raccontato nella sua denuncia di essere andato al lavoro domenica mattina (fa il barman in un albergo di lusso a Milano), di essere rientrato nel pomeriggio e di non averla trovata a casa. Da qui, stando alla sua versione, la decisione di allertare le forze dell’ordine. La madre della 29enne, che vive nel Napoletano, si era subito preoccupata, invece, quel mattino, perché la figlia non l’aveva chiamata, come faceva di solito. Oggi, intanto, per tutto il giorno a Senago e nelle aree circostanti sono andate avanti le ricerche dei carabinieri, con l’aiuto anche dei vigili del fuoco e della Protezione civile. Nell’abitazione, da quanto si è appreso, non sono stati trovati il passaporto e il bancomat della donna. E nemmeno il suo telefono, che sarebbe risultato non attivo dalla tarda serata di sabato.

Quando domenica, poi, la mamma ha provato a chiamarla risultava spento. Per la famiglia la giovane non avrebbe avuto alcun motivo per sparire nel nulla volontariamente. In questi tre giorni attraverso la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ e l’associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse, sono stati rilanciati via social numerosi appelli per ritrovare Giulia, ma tutte le segnalazioni arrivate non hanno avuto alcun effetto concreto. “L’ultimo contatto con la famiglia risale alla serata di sabato 27 maggio”, hanno scritto i familiari. La sorella Chiara oggi ha postato un’altra fotografia di Giulia sulla battigia del mare. “Aveva questo pancione un mese fa – ha scritto in riferimento alla foto – ora è anche più grande! Se la ragazza che vedete non ha il pancione è evidente che non è Giulia. Se Giulia ha le braccia scoperte questo tatuaggio è il segno più caratteristico che ha”.

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Prof aggredita, 16enne arrestato per tentato omicidio

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Ieri mattina era un 16enne come tanti, con una insufficienza in Storia e qualche nota disciplinare sul registro. Oggi Marco (nome di fantasia) è piantonato dai carabinieri nel reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Paolo di Milano, con l’accusa di tentato omicidio aggravato per aver accoltellato la sua insegnante nell’aula dell’istituto Emilio Alessandrini di Abbiategrasso, nell’hinterland di Milano. Il tribunale per i Minorenni non poteva fare altrimenti, l’aggressione alla 51enne Elisabetta Condò non lascia dubbi sulle intenzioni dello studente, che si è scagliato almeno 6 volte col coltello rubato al padre, appassionato di caccia.

Un pugnale in stile Rambo lungo 20 centimetri e con la lama modello Bowie, col quale ha causato alla docente una prognosi di 35 giorni e una lunga riabilitazione. All’ospedale di Legnano, dove ha subito un delicato intervento di ricostruzione dei tendini del polso, hanno riscontrato 3 ferite alla testa da 20 centimetri, la frattura dell’osso parietale sul lato destro, il collasso di una piccola porzione del cranio, un’altra ferita profonda 10 centimetri alla scapola e infine una incisione dell’arteria ulnare da 15 centimetri. Le ragioni dell’aggressione restano chiuse nella mente del 16enne, che pur non avendo una diagnosi psicologica precisa viene ritenuto dai medici affetto da un disturbo paranoide che ha trasformato una normale insofferenza nei confronti dell’insegnante in uno slancio tanto violento.

Lo studente aveva ricevuto 6 note dall’inizio dell’anno e le ultime 4 erano state firmate proprio dalla Condò che però, così come l’intero istituto, non immaginava una reazione simile anche perché si trattava di richiami di poco conto, seppur gravi nel contesto scolastico. Neppure il padre del 16enne riesce a spiegare il suo comportamento, dice che non c’erano stati avvertimenti e aggiunge di non essere a conoscenza delle note. In un quadro così drammatico riesce però a trovare un aspetto da cui ripartire: la vita del figlio, distrutta ma ancora qui. Ai cronisti parla di uno scenario a cui nessuno aveva pensato, dice che avrebbe potuto uccidersi in classe in preda alla disperazione e invece è in arresto ma vivo. Quindi c’è ancora una speranza e da lì vuole cominciare. All’istituto Alessandrini sono tutti sotto choc, compagni e insegnanti continuano a raccontare la sequenza della mattinata vissuta, pochi minuti di un lunedì iniziato come tanti e che impiegherà anni per finire.

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