Agguati per uccidere i napoletani, un morto, decine di feriti, stadi sempre più vuoti. I padroni del calcio litigano su tutto ma su una sola cosa sono d’accordo: lo spettacolo deve continuare perchè produce soldi per loro
Razzismo, violenza, impunità, mafie, vittime, feriti, arresti. Ecco il boxino day inventato dalla Pay per View a Natale. Erano queste le aspettative per il primo Natale in campo della serie A? Occorre un cambio di rotta rispetto alla tradizione degli ultimi anni. Gli appassionati vanno portati allo stadio in sicurezza. Quello che è accaduto a Milano è vergognosa. Inquietante. Poteva esserci una carneficina prima della partita. Solo il caso ha voluto che ci fosse un morto, in un incidente forse.
Il questore di Milano. Marcello Cardona
Ma saranno gli inquirenti a stabilire quel che è accaduto. “Un’azione squadristica ignobile” la definisce il Questore, Marcello Cardona, un passato da arbitro in serie A, che ha chiesto lo stop delle trasferte per i tifosi interisti per tutta la stagione e la chiusura della curva fino al 31 marzo per “l’agguato organizzato a pochi passi dallo stadio da oltre cento ultras di Nizza, Varese e Inter”. Il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, annuncia che a inizio anno convocherà i club di A e B e i responsabili dei tifosi di tutta Italia per “vedere di fare quello che non sono riusciti a fare altri”. E sul mancato stop alla partita per i cori razzisti dice “non faccio l’arbitro, spetta a lui…”, anche se in realtà la decisione è del responsabile dell’ordine pubblico: “a 5′ dalla fine si sono ripetuti i cori, ma a quel punto era rischioso sospendere e far uscire tutto lo stadio”, ha raccontato Cardona.
Nella conferenza stampa del questore di Milano, Marcello Cardona, persona equilibratissima, stimato poliziotto, uomo di sport, addirittura ex arbitro, sembra di assistere al bollettino di una guerra. Il questore parlava di agguati, imboscate, mostrare coltelli, mazze ferrate, machete. Chi aveva preordinato un attacco a tifosi del Napoli che sarebbero passati da quelle parti volevano non fare del male ma uccidere. E se non ci sono riusciti è solo perchè chi abita in zona ha immediatamente chiamato polizia e carabinieri. Per cui le bestie sanguinarie hanno avuto poco tempo, non abbastanza per scannare i napoletani. Molti di loro hanno raccontato scene di autentico terrore alla polizia. Molti di loro sono ancora sotto choc. Molti di loro non sono stinchi di santo, ma mai – dicono – hanno assistito a scene del genere. Davanti a qeusti agguati per uccidere i napoletani, un morto, decine di feriti, stadi sempre più vuoti, i padroni del calcio litigano tra loro su tutto. Ma su una sola cosa sono d’accordo: lo spettacolo deve continuare perchè produce soldi e perchè bisogna trasmettere le partite in tv. In pratica la medicina che si somministra al calcio che sta morendo di cancro è non già la cura ma altro veleno per aggravare la malattia e portare il calcio all’eutanasia.
Gli fa eco il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che chiede al calcio “un’inversione di rotta”, di “programmare a mezzogiorno e non la sera le gare a rischio e di chiudere le curve” piuttosto che sospendere le gare, con i problemi di evacuazione degli stadi. La Figc, invece, la vede per ora in modo diverso dato che Gravina intende far varare dal prossimo consiglio federale norme che facilitino la sospensione delle partite in caso di cori razzisti. Insomma, ci sarà da lavorare per trovare un comune denominatore, visto che la questione sul mancato stop alla gara di ieri vede su due fronti opposti anche il procuratore federale, Giuseppe Pecoraro, e il capo degli arbitri, Marcello Nicchi. Il n.1 della federcalcio richiama pero’ all’ordine anche i dirigenti delle squadre. Riferendosi alle frasi del patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis, sull’arbitro Mazzoleni che hanno creato tensioni sulla partita di San Siro, Gravina tuona: “Non accetteremo piu’ dichiarazioni a tutela di interessi di parte. L’arbitro ieri ha preso tutte le decisioni giuste. Non gli si puo’ fare alcun tipo di rimprovero. Ma certe dichiarazioni dei giorni precedenti avevano provocato un certo clima”. Ne ha fatto forse le spese anche Koulibaly, che ha ricevuto gia’ stamattina le scuse del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a nome della citta’, con l’impegno come tifoso nerazzurro di lasciare lo stadio ogni volta che sentira’ dei buu razzisti. Tanti i messaggi di solidarieta’, dagli interisti Asamoah e Keita, fino a Cristiano Ronaldo. “L’Italia non e’ razzista, ma e’ arrivato il momento che il calcio si fermi”, dichiara Gattuso. Restano comunque l’amarezza, il dolore, ben espressi dal presidente della Lega serie A: “Non e’ piu’ accettabile che violenza, morte e razzismo siano tutto quello che sara’ ricordato di una giornata di festa sportiva”.
Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.
Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.
Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.
Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.
Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.
Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.
Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.
Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.
Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.
Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.
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