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Cronache

Aggressioni ai gay, blitz contro la gang dei ragazzini di Padova

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Una gang feroce di ragazzini e giovanissimi, tutti tra i 15 e i 23 anni, che a Padova aggrediva con violenza gli omosessuali con lo scopo di rapinarli. Un’escalation di episodi, avvenuti tra giugno e luglio scorsi, che ha allarmato i carabinieri di Padova che dopo cinque mesi hanno chiuso il cerchio sui responsabili: 13 giovani, tra italiani e stranieri residenti tra il padovano e il veneziano, indagati, due dei quali – due 23enne marocchini di Fossò – arrestati. Degli 11 denunciati, 6 sono minorenni ed erano tutti incensurati. L’area nella quale agiva la banda era la zona industriale della città, nota per gli incontri tra omosessuali. Con una scusa o con la proposta di un incontro intimo, uno dei giovani attirava la vittima in un luogo appartato. A quel punto sbucavano fuori i complici all’improvviso che, dopo aver picchiato e insultato le vittime, le rapinavano di tutto quello che avevano.

Almeno dieci le persone aggredite, giovani ma anche ultra 65enni, che hanno presentato denuncia, ma non è escluso che altri abbiamo preferito tacere. Nessuno degli ‘obiettivi’ è uscito indenne, riportando lesioni serie, anche con 40 giorni di prognosi nel referto dell’ospedale dove erano ricoverati. Le indagini dei militari di Padova e di Piove di Sacco hanno reso inattaccabile l’ inchiesta delle Procure di Padova e per i Minorenni di Venezia, che hanno delineato un grave quadro indiziario. Il gip ha, tra l’altro, contestato ai due marocchini 4 fatti per rapina aggravata, uno di estorsione aggravata e uno di porto illegale di armi e il resto della gang per altre 6 rapine, nonché lesioni personali aggravate, sequestro di persona, minacce, violenza privata, porto illegale di armi e oggetti atti ad offendere, indebito utilizzo di carte di pagamento e danneggiamento delle auto.

La gang all’inizio si accontentava di rubare solo denaro e telefonini; poi con il passare del tempo si è fatta più sfrontata: dalle vittime i teppisti si facevano infatti dare il pin del bancomat con il quale andavano a prelevare il denaro allo sportello, minacciando il proprietario di azioni ben più violente se il codice fosse stato errato. Una volta compiuta la razzia, forato le gomme dell’auto delle vittime, danneggiavano la carrozzeria e si davano alla fuga. Il primo episodio, hanno ricostruito gli investigatori, risale all’11 giugno e ha visto come vittima un pensionato, picchiato anche con una mazza da baseball. All’uomo è stato rubato un anello in oro, due telefoni cellulari e 150 euro in contanti. Sulla carrozzeria dell’auto i teppisti gli ha inciso frasi omofobe. Le rapine sono poi continuate fino a fine luglio da parte dai membri della gang, che agiva sempre con le stesse modalità: un’aggressione da parte di un gruppo di 4-5 giovani, con passamontagna e maschere. Dopo una serie di episodi, i carabinieri hanno iniziato a presidiare la zona, con servizi quotidiani di prevenzione che hanno di fatto interrotto le aggressioni.

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Cronache

Crudeltà sulle cavie e omissioni, arresti a Catanzaro

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Topi e ratti seviziati, uccisi senza anestesia come prescrive la legge, spesso decapitati, il tutto in laboratori scientifici (stabulari) con numerose criticità igieniche e ambientali. Una situazione che avrebbe dovuto essere rilevata dai veterinari incaricati dei controlli e segnalata. Ma tutto ciò, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, non sarebbe avvenuto perché regnava un “collaudato sistema illecito” che faceva sì che le ispezioni nei laboratori da parte dell’Asp fossero “pilotate” per ottenere l’attestazione di regolarità delle ricerche ed evitare la revoca dei finanziamenti ministeriali ammontanti a circa due milioni per vari progetti. E’ questa la convinzione della Procura della Repubblica e dei finanzieri del Gruppo di Catanzaro che stamani hanno eseguito un’ordinanza del gip che ha portato agli arresti domiciliari undici tra docenti e ricercatori dell’Ateneo – tra i quali l’ex rettore Giovambattista de Sarro – e veterinari dell’Asp.

Un altro veterinario dell’Asp è stato interdetto dall’esercizio delle pubbliche funzioni per 12 mesi. Le accuse ipotizzate nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, associazione per delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione di animali. Altre 21 persone sono indagate in stato di libertà. I finanzieri hanno anche sequestrato due laboratori scientifici adibiti alla sperimentazione sugli animali nonché 23.222,17 euro nei confronti di due indagati, ritenuta provento della truffa allo Stato. Per gli inquirenti era stato creato “un rapporto di compartecipazione e di reciproci favoritismi tra” gli indagati.

Il coinvolgimento dei veterinari dell’Asp, secondo gli inquirenti, si era reso necessario proprio a causa delle criticità presenti nei laboratori alle quali bisognava sopperire per non perdere i finanziamenti. Si era quindi instaurato quello che i magistrati indicano come un rapporto corruttivo tra alcuni indagati, in un caso, aveva interessato anche la redazione delle graduatorie finali riguardanti specifici concorsi all’Università, uno dei quali vinto dalla figlia di uno dei veterinari dell’Asp ed in un altro al pagamento di cospicue somme di denaro ad un altro veterinario grazie a numerosi incarichi di docenza che avrebbe ottenuto illecitamente all’Ateneo in cambio del sistematico esito positivo delle ispezioni svolte.

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Cronache

Ucciso per un parcheggio, 16 anni la pena per i tre colpevoli

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Sedici anni di reclusione: è la condanna emessa dalla Corte d’Assise di Avellino nei confronti di ognuno dei tre imputati per l’omicidio di Roberto Bembo, il 21enne di Mercogliano (Avellino) ferito a coltellate nei pressi di un bar la mattina del primo gennaio 2023. Il giovane morì dopo dieci giorni di ospedale. Nico Iannuzzi e i fratelli Luca e Daniele Sciarrillo sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario in concorso.

Nei confronti di Iannuzzi è stata riconosciuta la condanna ad ulteriori otto mesi per detenzione di arma con la quale inferse sei coltellate, una delle quali alla carotide, a Roberto Bembo. La Corte, presieduta da Gian Piero Scarlato, giudice a latere, Pier Paolo Calabrese, ha escluso le aggravanti a carico degli imputati. Il dramma si consumò all’alba a Torrette di Mercogliano dopo una lite tra gruppi di giovani per motivi di parcheggio.

Il pm, Vincenzo Toscano, aveva chiesto la condanna di Iannuzzi a 25 anni di reclusione; di Luca Sciarrillo a 21 anni e nove mesi e di Daniele Sciarrillo a otto anni. I difensori degli imputati, nell’arringa di stamattina prima che la Corte e i giudici popolari si ritirassero in Camera di Consiglio, avevano chiesto la derubricazione dell’accusa in eccesso colposo di legittima difesa oltre a sottolineare le ingerenze mediatiche sul processo e le false testimonianze rese in udienza dagli amici della vittima.

I tre imputati hanno atteso la sentenza nello loro abitazioni di Avellino, dove erano sottoposti agli arresti domiciliari. Contro questa disposizione, nei mesi scorsi si registrò la clamorosa protesta da parte di ignoti che tappezzarono l’ingresso del Tribunale di Avellino con la scritta “Vergogna”.

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Cronache

Fake news su Marino Bartoletti: ci risiamo, sono morto di nuovo

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Una sua immagine in vestaglia in ospedale, le parole ‘mi mancano solo 8…’ e una scritta ad accompagnare la foto ‘Sto morendo’. Una fake news, pubblicata su una pagina Facebook con protagonista il celebre giornalista sportivo, Marino Bartoletti che, preso atto della cosa – per altro già accaduta in passato – replica con ironia, attraverso i suoi profili social, senza però nascondere di non volere farla passare liscia agli autori della falsa comunicazione.

“Dunque ci risiamo – scrive Bartoletti sui suoi profili -. Sono… morto di nuovo. E a distanza di pochi mesi. Provo a prenderla sul ridere (anche se stavolta qualcuno la pagherà davvero cara, perché persino le carogne e gli avvoltoi dovrebbero avere il senso del limite): secondo voi io perdo tempo a morire proprio alla vigilia del settantacinquennale del Festival di Sanremo con tutte le cose che ho da fare? Un affettuoso vaffan@@lo, cari sciacalli di ‘Bella dentro’ (la pagina Facebook in questione, ndr). Per ora vi affido alle coccole della mia affezionata comunità, che penso sia felice di avermi vivo ancora (molto) a lungo”, conclude il giornalista.

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