Oggi, nell’abbazia di Altacomba, in Francia, Emanuele Filiberto di Savoia (foto Imagoeconimica in evidenza) presenzia alla messa in suffragio di re Umberto II e della regina Maria José. Tra dame e cavalieri in manto rosso, collare bianco e medaglie, lui si presenta in jeans e t-shirt nera, lontano dal protocollo formale.
A un anno dalla morte del padre Vittorio Emanuele, avvenuta il 3 febbraio 2024, ha ereditato il titolo di una monarchia che non esiste più. Per i monarchici è “Sua Altezza Reale”, ma lui preferisce essere chiamato semplicemente Emanuele Filiberto: “Non è il titolo che fa l’uomo”.
LA SPERANZA DI UNA SEPOLTURA AL PANTHEON
Emanuele Filiberto esprime il desiderio che questa possa essere l’ultima commemorazione dei suoi nonni in Francia, auspicando che possano essere sepolti al Pantheon a Roma: “Confido in un gesto di umanità, rispetto e pace storica. Sono figure incriticabili”.
Secondo il principe, re Umberto II si adoperò per ottenere le migliori condizioni per l’Italia alla fine della guerra e, dopo un referendum controverso, scelse l’esilio per evitare una guerra civile: “Preferì mettere famiglia e affetti in secondo piano per il bene del Paese”.
IL PASSATO FAMILIARE E LA QUESTIONE MONARCHICA
Alla domanda sulla condotta della famiglia in epoca fascista, Emanuele Filiberto distingue tra Vittorio Emanuele III, già sepolto a Vicoforte, e suo figlio Umberto: “Se il primo trasferì il governo a Brindisi, Umberto restò a Roma. Inoltre, io stesso ho condannato le leggi razziali come vergognose”.
Riguardo alle trattative per la sepoltura al Pantheon, spiega che la Presidenza del Consiglio, diversi ministri e il Vaticano hanno dato parere favorevole. Manca solo il via libera del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo stesso che permise il rientro delle salme di Vittorio Emanuele III e della regina Elena.
LA QUESTIONE DEI GIOIELLI REALI
Il principe non rinuncia alla battaglia per la restituzione dei gioielli di famiglia custoditi presso la Banca d’Italia: “Mio nonno li affidò pensando che l’esilio sarebbe stato breve. Anche Luigi Einaudi nei suoi diari scrisse che gli sembravano appartenere alla famiglia reale e non al demanio”.
Sostiene di aver proposto una mediazione, respinta dalle istituzioni italiane, e di essere pronto a portare la questione fino alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.
TRA RICORDI E FUTURO
Parlando dei nonni, racconta il legame con Umberto II, che gli trasmise l’amore per l’Italia durante lunghe passeggiate sull’oceano a Cascais, e con Maria José, una donna che ha vissuto incontri storici con Einstein, D’Annunzio e Benedetto Croce.
Sul momento più difficile della sua vita, confessa che la perdita del padre lo ha segnato profondamente: “Non ho pianto ai funerali perché ero concentrato su mille cose, ma ho versato lacrime in silenzio nei giorni successivi”.
IMPRENDITORIA E VITA PRIVATA
Oggi Emanuele Filiberto divide il suo tempo tra gli ordini dinastici, ai quali devolve 1,5 milioni di euro all’anno in beneficenza, e le sue attività imprenditoriali:
- Crh Money, una carta di credito
- RoyaLand, un videogioco online quotato alla Borsa americana
- Prince of Venice, la sua catena di ristoranti attiva in America, Montecarlo e presto in Marocco e nelle Filippine
Sul fronte privato, conferma la separazione da Clotilde Courau, avvenuta quattro anni fa, ma mantiene un ottimo rapporto con lei e con le figlie Vittoria (21 anni) e Luisa (18).
IL LEGAME CON L’ITALIA
Alla domanda se tornerà mai a vivere in Italia, risponde con una nota polemica: “Ho comprato casa in Umbria, ma tornerò residente solo quando la tredicesima norma transitoria della Costituzione sarà abrogata e mi saranno restituiti i miei beni personali”.