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Politica

Agcom, Rai in testa, piattaforme online sfiorano il 20%

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Comunicazioni elettroniche, editoria, media. Ma anche par condicio, pirateria e pornografia. Senza dimenticare l’intelligenza artificiale. La relazione annuale dell’Agcom, i cui componenti sono Giacomo Lasorella (presidente), Laura Aria, Antonello Giacomelli, Elisa Giomi e Massimiliano Capitanio, è stata presentata stamattina da Lasorella. Anche stavolta la relazione è incentrata sul mondo digitale e il suo ormai evidente impatto sul settore della comunicazione. Con una parola d’ordine: regolamentazione.

Così, se “il settore dei servizi media audiovisivi vale nel 2023 circa 11,5 miliardi di euro”, spiega il presidente, nel contesto televisivo si è rafforzata l’incidenza delle piattaforme online, tra cui Netflix, Dazn, Timvision, Prime Video e Disney+, che guadagnano porzioni di ricavi e sfiorano nel complesso il 20% delle risorse economiche del settore. E per la radio, i cui fruitori crescono del 7,5%, aumentano gli ascolti via web: quelli attraverso assistenti vocali salgono del 33%, via smartphone dell’8% e tramite pc/tablet del 4,9%. Tendenze, quelle verso il digitale, che “richiedono sempre più un allineamento delle tutele e delle regole, tra settore audiovisivo tradizionale e settore audiovisivo digitale”, riflette il presidente. E, aggiunge, “la situazione di quotidiani e periodici”, le cui vendite in versione cartacea e digitale scendono del 13%, “pone probabilmente al legislatore la questione di una nuova legge sull’editoria”.

Con editoria e nuovo ecosistema digitale ha a che fare anche la nuova regolamentazione sulla par condicio, testata durante la campagna elettorale per le ultime elezioni europee – con non poche polemiche. “Ha prodotto risultati molto positivi”, commenta il presidente Agcom. “Il Consiglio, nel corso dell’intera campagna elettorale, ha adottato un solo ordine di ripristino per una sola emittente – continua – non sono pervenute doglianze da parte dei soggetti politici rappresentati in Parlamento”. A tutto questo si aggiunge il contrasto alle attività illegali. Sul tema della lotta alla pirateria online “l’Autorità è impegnata in prima linea”, prosegue Lasorella nella relazione al Parlamento. E parla dell’esperienza della piattaforma Piracy Shield, grazie alla quale “sono stati adottati 13 provvedimenti cautelari” e disabilitati migliaia di FQDN e indirizzi IP “che diffondevano illecitamente eventi sportivi trasmessi in diretta”.

Per quanto riguarda la tutela dei minori dai contenuti pornografici, l’Autorità “ha avviato una consultazione pubblica” per definire come verrà accertata la “maggiore età degli utenti da parte dei fornitori di siti web e piattaforme di video sharing” del settore. Nella relazione, l’Agcom ripercorre poi le ultime operazioni nel settore delle telecomunicazioni, che ha smesso di bruciare valore: “Il mercato nel 2023 supera i 27 miliardi di euro – afferma il presidente – arrestando una tendenza alla riduzione in atto da anni, ancorché persista, rispetto al 2019, una flessione di circa il 10%”. “Il riassetto della proprietà della rete fissa”, spiega Lasorella, “avrà inevitabilmente importanti ricadute per l’attività regolamentare di Agcom”. Prima tra tutte, ‘certificare’ che Fibercop, che ha acquisito Netco, è un operatore ‘wholesale only’ e così “definire compiutamente il quadro e gli obblighi del nuovo assetto”.

Per farlo l’Autorità “dovrà valutare attentamente gli accordi intercorsi tra i soggetti che hanno dato luogo allo scorporo, che non sono ancora stati integralmente trasmessi all’Autorità”, precisa nella Relazione. Ma che arriveranno “a breve”, rivela a margine Massimo Sarmi, presidente di Fibercop. Infine, Lasorella ribadisce che l’Agcom “è a disposizione per contribuire alle riflessioni in corso” sul tema dell’intelligenza artificiale e sul Regolamento europeo sul tema, l’AI Act. Anche per questo, conclude, “si è dotata di un supporto qualificato” attraverso “un Comitato di esperti di alto livello, con funzioni consultive”.

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Politica

Stand-by su Santanchè, ma già è partito il totonomi

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Per ora niente si muove. Ma in attesa che si definisca il destino di Daniela Santanchè già è scattato tra i partiti il totonomi per una sua eventuale sostituzione, se Giorgia Meloni, che ancora non si è pronunciata, dovesse chiederle un passo indietro. Richiesta che di ora in ora viene dato dai rumors sempre più imminente. Questione più di giorni che di settimane, scommettono i più. Anche per evitare di sottoporre governo e maggioranza al nuovo stillicidio che accompagnerebbe il passaggio parlamentare di una mozione di sfiducia, già preannunciata dalle opposizioni. Per il momento la premier è concentrata sulla missione a Washington, che la porterà lunedì all’inauguration day di Trump. Ma dal suo rientro in poi c’è chi nella maggioranza scommette che ogni giorno potrebbe essere buono. Quantomeno perché il quadro si faccia un poco più chiaro.

Nel frattempo ci si interroga sull’eventuale nuovo cambio nella squadra: uno dei papabili citati nel tam tam parlamentare potrebbe essere Gianluca Caramanna, deputato e responsabile del dipartimento turismo di FdI, che attualmente è consigliere per i rapporti istituzionali proprio di Santanchè. Ma è anche un parlamentare alla prima legislatura. E non risponderebbe appieno all’identikit, anche perché una uscita della ministra potrebbe richiedere un riequilibrio di genere, e quindi un’altra donna da innestare nella squadra. Peraltro c’è chi non esclude che, se si dovrà procedere con il ricambio, la premier non giochi anche la carta di un non parlamentare, una sorta di figura “tecnica”, come nel caso di Alessandro Giuli, entrato al posto di Gennaro Sangiuliano. La scelta di un esterno di area, uno dei ragionamenti ricorrenti, eviterebbe peraltro di dover poi procedere a ulteriori rimpiazzi, mentre ancora resta vacante la casella che occupava al Mit per FdI Galeazzo Bignami.

La nomina del suo sostituto come viceministro di Matteo Salvini potrebbe arrivare a breve, in concomitanza con il rinnovo delle commissioni parlamentari che sarebbe prevista ogni due anni ma di prassi avviene attorno alla metà della legislatura. Il puzzle dei presidenti di commissione si potrebbe comporre tra l’inizio e la fine di febbraio per Senato e Camera. Qualche cambiamento è nell’aria da mesi – si è parlato della commissione Bilancio della Camera (dove anziché un passaggio a FdI ci potrebbe essere una staffetta interna a FI), ma anche di Difesa, Giustizia e Cultura. Anche se ora c’è chi non esclude che alla fine almeno quelli di FdI possano essere tutti riconfermati. In questo quadro non si muoverebbe dalla guida della commissione Trasporti di Montecitorio, Salvatore Deidda, tra i più quotati nelle scorse settimane per succedere a Bignami. Le ipotesi più accreditate volevano in questo caso l’ingresso di un esponente del Sud visto l’addio del pugliese Raffaele Fitto, sostituito dal lombardo Tommaso Foti. Ma c’è chi fa notare che sono tre in tutti i posti liberi nel sottogoverno e che non è detto che sia al Mit che sarà destinato un esponente del Mezzogiorno. Così come sembrerebbe quasi certo che, escluso il Ministero dei Trasporti, gli altri posti non saranno riassegnati ai ministeri della Cultura e dell’Università.

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Omaggio di La Russa e Tajani a Craxi: esilio ingiusto

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La firma apposta ‘A nome di tanti italiani’ sul registro dei presenti alla commemorazione nel piccolo cimitero all’ombra della Medina di Hammamet e il mazzo di fiori bianchi e rossi sulla lapide con la scritta ‘La mia libertà equivale alla mia vita’. E’ l’omaggio del presidente del Senato Ignazio La Russa volato in Tunisia per partecipare alle celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della morte di Bettino Craxi. Alla cerimonia, accanto ai figli Stefania e Bobo e a simpatizzanti e amici, anche il vicepremier Antonio Tajani. La presenza di La Russa e Tajani “rimette ordine nelle pagine della storia”, commenta Nicola Carnovale, direttore generale della Fondazione Craxi.

Del resto, nelle parole del presidente del Senato e del vicepremier emerge la volontà di porre l’accento su Craxi come “grande figura della storia”, per dirla con La Russa. Che osserva anche come “non sarebbe dovuto accadere che dovesse morire qui in esilio”. “Craxi – sottolinea Tajani – è stato uno dei grandi protagonisti della storia politica italiana del dopoguerra”. “E’ stato uno dei grandi protagonisti della politica estera italiana insieme ad Andreotti e Berlusconi – prosegue Tajani – un uomo che ha avuto sempre il coraggio di difendere le proprie idee, pagando anche con l’esilio le proprie scelte, vittima di un giustizialismo dissennato”. Nella giornata della commemorazione del leader socialista non manca comunque qualche polemica.

“Una cosa che mi preme di dire – osserva la figlia Stefania, senatrice di FI e presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama – è che in tutti questi anni personalità istituzionali e politiche importanti sono venute a rendere a Craxi omaggio e restituirgli onore ad Hammamet, il presidente La Russa ci è venuto anche in forma privata qualche anno fa, Tajani è venuto da presidente del Parlamento Europeo, poi posso citare il presidente del Senato Marcello Pera, l’allora presidente della Camera Pierferdinando Casini. Sono stati tanti ma nessun esponente istituzionale o politico di rilievo dal centrosinistra ha ancora calcato la sabbia di Hammamet”. Mentre il segretario nazionale del Psi, Enzo Maraio, pur riconoscendo “grande rispetto per la seconda carica dello Stato che è ad Hammamet” osserva che “la storia dei La Russa, di chi non ha rinunciato alla ‘fiamma’, di chi conserva i busti di Mussolini e che non è capace di dire che il fascismo è stato male assoluto, non è compatibile con quella di Craxi”.

Giusta la presenza di La Russa, commenta invece dal Nuovo Psi il vicesegretario Michele Simone: “Bettino Craxi era soprattutto un autentico, sincero e convinto riformista, al quale oggi anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ringraziamo per la sua presenza, ha ritenuto di rendere omaggio”.

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Anm, all’anno giudiziario via da Aula quando parla Nordio e Tricolore su toga

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Partecipare alle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario indossando la toga e una coccarda tricolore e abbandonare l’aula “in forma composta”, con toga indosso e Costituzione alla mano, nel momento in cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio o un suo rappresentante prenderanno la parola, “salvo ragioni istituzionali lo impediscano”. E’ quanto deliberato dal Comitato direttivo dell’Anm riunito a Roma per protestare contro la riforma della separazione delle carriere.

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